lunedì 2 dicembre 2013

Tra parentesi

Qualcosa è andato storto
(Qualcosa è andato per il verso giusto)

non hai contato le volte in cui ci hai provato
(hai fatto bene a provarci una volta di più)

a rimediare e anche a distruggere
(a fare casino e ricostruire)

non ho paura di me, e neanche di te.
(se hai avuto paura, me lo puoi dire)

Non conoscevi a che distanza si trovasse il limite
(Non serve a niente cercare un limite)

e quando l'hai trovato
(a volte hai pensato di esserci arrivato)

hai visto un crepaccio aprirsi
(e invece il mondo si è aperto come una margherita)

la bocca di una balena è innocua finché non ci finisci dentro
(le balene non sono carnivore, non lo sapevi?)

hai fatto appena in tempo a ritirarti un po' indietro
(hai nuotato con loro
e in sogno lo sapevi fare bene.)


Quello che fai adesso
è prendere le misure
(puoi lasciarti andare ancora
e accorciare le distanze)

tra i tuoi piedi e la terraferma che a loro mancherebbe
se solo facessi un paio di passi in più
(alza le braccia al sole e non aspettare un altro momento)

guardi ogni tanto di sotto
(laggiù non c'è niente da vedere)
per capire se per caso le acque giù in fondo
(quello che è rimasto là non è più una minaccia)
si muovono un po'.

Resta tutto indefinitamente immobile
(Senti quanto movimento nuovo)

e l'unica cosa da fare è guardare quel paesaggio un'ultima volta
(prendi con lo sguardo tutto quello che vuoi)
indietreggiare lentamente
(vai avanti)

ricordarti com'era
(verso visioni appena scoperte)

quando il tuo occhio forse era sbagliato
(i tuoi occhi sanno benissimo a chi rivolgersi).

giovedì 28 novembre 2013

Olio di gomito.

Il caffè si è rovesciato
insanguinando di nero
la superficie offesa.

Un colpo di straccio
e tutto quel buio è finito,

a parte l'odore.

Quello è rimasto
agganciato a mani e fornelli

-succede così alle cose
che capitano per errore-

lasciano segni evidenti

ma solo per poco.

Se lo vuoi
facilmente li elimini
con un po' d'impegno
come si dice
olio di gomito

-o qualsivoglia parte del tuo corpo
sia coinvolta nei fatti-

mercoledì 27 novembre 2013

State of Art

Un secondo cervello
farebbe comodo
se servisse a zittire
il primo tiranno.

Al suo posto
un cuore vigliacco
pompa a ritmo cadenzato
squallido portaborse dell'intelletto.

Mai un balzo
una deviazione dalla norma di obbedire
un'iniziativa

totalmente devoto
al potere soggiogante
di una mente politica
che mentre governa

restituisce il caos.

Per il momento la dittatura funziona
mansueto il cuore
come popolo belante.

Non si può dire se un giorno
capovolgerà il paradigma

e la quiete
dopo la tempesta

diventerà sua antesignana.

Allo stato dell'arte
gli è più semplice scansare il rischio
di andare in pezzi

in cambio di un'emozione.

lunedì 11 novembre 2013

Deep deep inside.

Ci sono profondità a cui non è lecito spingersi

-così dicono-

superate le quali
sei trascinata giù
a toccare un fondo sconosciuto

e anche se non è l'ossigeno che ti manca
ci sono ben poche possibilità
che continui a respirare.

Non chiedere a te stessa di galleggiare,
mettere la testa sott'acqua
può essere proprio quello di cui hai bisogno

ma nuota mai troppo lontano
dalla superficie

che tu possa alzare lo sguardo
e vederla ancora lì
ad aspettarti

-così dicono-

Evita il buio
il nero avvolgente
pericolosamente affascinante
smetti di pensare che laggiù ci sia qualcosa da scoprire.

Tutti i tesori dei pirati
sono stati scovati

molto prima che muovessi i primi passi

non ti resterebbe che plancton
da cui non potresti trarre nutrimento

non sveleresti due paia di branchie sui tuoi fianchi
agiteresti gambe e braccia
improvvisate pinne

annaspando
forse capiresti

ancora una volta
un attimo in ritardo

-così dicono-



(I am an emotional creature.
It's how the earth got made.
How the wind continues to pollinate.
You don't tell the Atlantic Ocean
to behave.

Eve Ensler)





giovedì 31 ottobre 2013

Bilanci(at)o.

Ottobre è in dirittura d'arrivo, novembre è alle porte e sediovuole come dice mia nonna tra due mesi e un po' il 2013 finirà. E' tempo di stilare un breve bilancio dell'anno, operazione che potrebbe rivelarsi pericolosa considerando che decido in pieno possesso delle mie (ridotte) facoltà mentali di tralasciare i sessanta giorni che verranno.

Ritengo di potermelo permettere perché mi tocca prendere in considerazione anche gli ultimi mesi del 2012, discretamente merdosi, se vogliamo. Le prime parole chiave che mi vengono in mente sono: coliche renali. Ah, quale piacere. Iniziate in agosto, con un paio di puntate al pronto soccorso, medici e infermieri che mentre ti contorci dal dolore, prima ti chiedono perché gli antidolorifici non sei andata a comprarteli in autonomia - come se fosse la cosa più naturale del mondo andare in giro per farmacie di turno alle sei di mattina piegati in due - poi ti piazzano finalmente una sacrosanta flebo e alla fine ti chiedono con aria minacciosa "ne vuoi un'altra?" e davanti alla tua faccia perplessa aggiungono "ok come vuoi, se sei a posto così vai a casa". Non lo so, devo decidere io? Che sono, caramelle? Al che mimi un BOH risparmiandoti giusto il sonoro, alzando le sopracciglia e abbassando gli angoli della bocca, e te ne vai con un centinaio di chili in meno di fiducia nell'umanità. E va bene, succede.

A settembre torni al lavoro. "Lavoro", torni a farti schiavizzare per dieci ore al giorno alla modica cifra di duecentocinquantaeuro al mese, lo fai perché allo scadere dei classici sei mesi di stage la prospettiva è l'assunzione. Alé! E invece no, due giorni prima della fine ti comunicano che ci dispiace, sei brava bella e taaaanto intelligente, ma te la prendi nel culo perché non possiamo assumere. No, un mese fa non lo sapevamo, "dall'alto" non ci avevano dato ancora una risposta. Dall'alto. Intendiamo dal cielo? No perché se è così, sono duemila anni che qua tutti aspettano che succeda di nuovo qualcosa e non succede un cazzo, quindi avreste potuto dirmelo anche con un po' di anticipo. E va bene, succede.

E arriviamo così a fine ottobre. Ok, che faccio adesso? Facile, cerco un lavoro vero! Talmente facile che i mesi passano, i curricula pure, a centinaia. Fa il suo trionfale ingresso il 2013.
Qualcuno chiama, vai a colloquio, sorridi e mostri quanto sei potente, o meglio lo saresti se all'università avessi imparato a FARE qualcosa invece che far finta di saper fare qualcosa.
"Riceverà un feedback, positivo o negativo che sia, entro una settimana". Ah-a. Quello che ancora non abbiamo capito, è che per i selezionatori la parola feedback, peraltro liberamente rubata all'inglese - a provare che è più facile standardizzare tutto piuttosto che sforzarsi di personalizzare le conversazioni - è il jolly che viene sfoderato per concludere l'incontro. D'altra parte, forse sarebbe peggio se alla fine di un colloquio ti dicessero "senta dottoressa noi l'abbiamo chiamata prima di tutto per fare database, poi per capire se per caso possa esserci utile in qualche misura, e siccome non lo è se ne vada pure a fanculo". Sarebbe più onesto, ma meno politically correct, tanto per scippare un'altra espressione di quotidiana ipocrisia rubata agli anglofoni. E va beeeeeene, succede.


Succede anche che mentre consegni la sintesi di quello che non hai imparato a fare pure all'oceano dentro una bottiglia di vetro e al piccione viaggiatore - che non si sa mai - trovi un lavoretto da baby-sitter, così, tanto per raggranellare qualcosina. Ora, premetto che i bambini, con i loro occhietti vispi, i sorrisi da orecchio a orecchio e i musi lunghi fino alle ginocchia, il moccio al naso - quando non è sulle mani dopo una faticosa esplorazione - e le loro lagne perenni, i bambini sono belli, NESSUNO DICE IL CONTRARIO. Il problema è che non sono opere d'arte. I bambini non stanno fermi, non li puoi ammirare e basta. Se così fosse, veramente, sarebbero la mia passione. Ma i bambini hanno la stramaledetta abitudine di parlare, muoversi, correre, rompere i coglioni e quindi mi dispiace, saranno belli ma NO GRAZIE. Preferisco altre bestie, tipo cani e gatti (non se la prendano gli amorevoli genitori di esaltati pargoletti, io mica me la prendo se qualcuno mi dice che preferisce le bionde sotto il metro e sessanta. Eddai).
Vabbè fatto sta che mi accollo a pagamento due perle sotto i dieci anni, e fin qui ok. Il problema fondamentale è che si accollano pure i sopramenzionati genitori, sconclusionati al punto da dimenticare di recuperare i propri figli, dimenticare di pagarmi, dimenticare a casa l'occorrente per lo sport dei bambini, dimenticare di chiamarmi con un minimo di anticipo per avere la mia disponibilità, probabilmente dimenticare anche di averli, dei figli (ogni tanto). In tutto questo, durante uno dei pomeriggi trascorsi in sua compagnia, il piccolo che ho in custodia decide di raccogliere da terra con non-chalance una merda di cane. Secca, ma sempre merda è.
E va bene, succeeeeeede.

A marzo ne hai le palle piene di cercare "il lavoro vero" e dopo aver cestinato anche l'idea di metterti in proprio - perché soldi non ce ne sono, finanziamenti neanche - cominci l'ennesimo tirocinio, dopo aver trascorso lunghi mesi in un vortice di negatività nel quale hai risucchiato senza pietà parenti amici e l'allora fidanzato. Come abbiano fatto a non lanciarti - per sbaglio, s'intende - dal balcone, metterti del veleno per topi nel caffè o perdere un coltello dentro il tuo stomaco, resta un mistero. Si vede che mi circondo di gente misericordiosa.
Che poi, a questo punto non è che la smetti di pestare i maroni a tutti come se fossero acini d'uva e cercassi disperatamente il profumo del mosto selvatico, continui a farlo per altri lunghissimi mesi quando ti rendi conto di essere bloccata dentro giorni disgustosamente uguali e trafitta, sì è questo il termine giusto, lasciatemi fare la melodrammatica, da una sensazione di mancanza di prospettive che manco un novantaseienne allettato.

Per farla breve - come avevo scritto al principio, ma si sa che la coerenza non è il mio forte - in un turbinio di umori pesanti e pseudo-crisi isteriche - spesso in concomitanza del ciclo, dico a mia discolpa, perché da un paio d'anni sono un ormone vagante in quei giorni - arriva l'estate, il caldo, il porcalaputtanaperchéinquestacittànonc'èilmare, e con essa le tanto agognate vacanze e la luce in fondo al tunnel. Apposta per accecarti.

Da qui in poi le cose non migliorano, anzi. D'altronde, come il saggio Murphy ha detto, "se qualcosa può andar male, lo farà". Non mi dilungo perché in un post precedente ho fatto già riferimento alle ferie non ferie - un po' come un reggiseno imbottito su un paio di tette inesistenti, che quando lo togli ti prende lo sconforto - due traslochi, la fine di una storia, le infinite diarree notturne del cane (quasi quasi meglio avere un bambino), la bici rubata, eccetera eccetera. O eccedere eccedere, come diceva mia sorella quando era piccola, che ci sta.

Tutte storie di ordinaria follia, chiaro. Niente di tragico, a pensarci adesso. E' solo che la vita la vivi a pezzetti, mentre ti capitano, e a volte non riesci a fare i conti con tutta la torta e dire "ma sì, a vederla ora non è un granché, ma è lo stesso tanto buona". E te la prendi, te la prendi tantissimo anche perché in fondo pensi, e probabilmente è vero, che in parte sia colpa tua se le cose non vanno come vorresti. Perdi il senso dell'umorismo, e quello è l'errore più grande.

Quando finalmente riesci a vedere tutto con un po' di lucidità, realizzi che di cose belle ce ne sono state, ce ne sono e ce ne saranno. Nel mio caso ho scoperto il Pilates, ho adottato una cagnolina, ho sentito vicine persone che mi hanno dato tantissimo, qualcuna l'ho pure persa ma i passi fatti insieme sono tutti qui con me e non li lascio, ne ho conosciute di nuove che hanno colto non so come il momento giusto per arrivare, ho chiesto scusa ed è stato bello farlo perché quando l'ho fatto avevo torto, certamente ho imparato qualcosa e può darsi che qualcosa l'abbia anche insegnata, fosse solo mostrando la maniera peggiore di reagire alle provocazioni della vita quotidiana.

Non sarò mai esattamente quello che mi piacerebbe essere, un po' perché le mie idee restano chiare per molto poco, un po' perché quelli come me - e sono milioni, non presumo di essere speciale - mantengono sempre un sottofondo d'insoddisfazione.
Quello che so è ciò che di sicuro non voglio diventare, ed è da lì che riparto ogni volta.






domenica 27 ottobre 2013

S(coppia)te.

Va bene, non sono nel periodo più adatto per parlare d'amore. E va bene anche che in generale la mia tendenza al dissacrante superi facilmente il livello di guardia...però spiegatemelo una volta per tutte: perché mettersi insieme e ridicolizzarsi davanti al mondo spesso viaggiano sullo stesso treno?
Nel senso, è proprio necessario rincoglionirsi al punto da apprezzare una torta di compleanno con su stampata la foto di te e il tuo lui/lei impegnati in un bacio appassionato, magari in riva al mare al tramonto (tanto per ficcarci dentro quanti più clichés possibili)? E soprattutto mi spiegate dove lo trovano il coraggio per mettere una roba del genere su Facebook come immagine del profilo, come fanno ad andarne orgogliosi? E parenti e amici e conoscenti tutti pronti lì a sparare mi piace come pugni di riso dopo il matrimonio (piuttosto che usarli per accecare entrambi gli sposi)...io mi chiedo tutta 'sta gente...che problemi ha?

Mi sembra doveroso sollevare un quesito: dove si colloca il confine tra l'amore romantico e la trashata spinta? Perché per me un cuore di peluche con su scritto "ti amo" sarebbe un'arma perfetta per soffocare il partner e per qualcun altro invece è un regalo meraviglioso? E non parlo di quindicenni, che in quel caso ci starebbe pure, anche se io l'avrei tirato dietro volentieri anche a quell'età e credo che fosse palese visto che a nessuno è mai venuto in mente di portarmene uno. Qua mi riferisco a gente non dico in età pensionabile, ma a trent'anni figlio mio, dimmelo: cosa vuoi dimostrare? Che sei talmente poco fantasioso che il prossimo regalo sarà un grembiule da cucina? Guarda, se lei o lui non lo usa per strangolarti, è vero amore.

Io dico almeno abbi pietà, per te e per l'altro/a, non pubblicizzare la tua iniziativa.
Intanto non ce ne frega un cazzo che sei innamorato. Cioè buon per te, ma che io lo sappia o meno, sai com'è, non mi cambia la vita. Men che meno sapere QUANTO sei innamorato e QUANTO lo è l'altro. Il livello successivo del degrado inesorabile.
Perché oltre a doversi cuccare la foto che neanche uno a cui avessero strappato a morsi la corteccia cerebrale avrebbe pubblicato, il passo seguente è beccarsi i commenti dei diretti interessati e seguaci di varia natura. Uno sperpero di cuoricini fiorellini sorrisini al limite della legalità (e a questo proposito solleverei un'altra questione rilevante: RESTITUIAMO DIGNITA' A CUORICINI FIORELLINI E SORRISINI), accompagnati da un esubero di vocali finali e punti esclamativi da paranoia oppure, in alternativa, da momenti di solennità.

Un paio di esempi:

Tipologia 1

"Wow! Bellissimiiiiiiiiiiiiiii!!!!! <3 <3 <3 <3"

Tipologia 2

"Splendidi."
(vorrei far notare la solennità che il punto conferisce a una minchiata apocalittica, perché ricordiamo che oltre a essere ridicole rispetto allo scenario, questo genere di fotografie di solito è ancora meno intelligente sul piano delle espressioni facciali dei protagonisti).

Eh vabbé, e qui mi si potrebbe obiettare giustamente che potrei evitare se non proprio di vedere la foto, almeno di leggere quello che ci scrivono sotto, e il problema è che no, non si può combattere contro il gusto dell'orrido. Non ci sono altre spiegazioni se non la fascinazione che l'aberrazione umana mi provoca.

Poi ci sono quelli delle foto a letto, in penombra, con gli sguardi da post-sigaretta-post-coito. Mezza tetta fuori lei, che magari fissa l'obiettivo e non se ne accorge, lui che le rivolge occhi da cinghiale abbattuto, si accorge del mezzo incidente senologico e se ne fotte, forse perché tanto il capezzolo non si vede.
Vorrei soffermarmi ancora un po' sul buon gusto di questo tipo di prodotti social, ma ultimamente mi hanno dato della cinica e non vorrei dare troppe conferme a questo proposito.

Passerei dunque alla categoria dei gelosi, quelli per cui la presenza su Facebook dei loro amori è inaccettabile. Quelli convinti che TUTTI, nessuno escluso, abbiano uno scopo nella vita: portarsi a letto il cesso con cui stanno.
Ecco, questi individui hanno trovato un metodo, che a mio parere è inestimabilmente idiota, per limitare al minimo - dal loro punto di vista - le possibilità che il loro orsacchiotto vada a mettere le zampine dentro un'altra arnia (per dirla in maniera elegante). Nella pratica, li costringono a registrarsi ai social network con NOME+COGNOME + NOMEFIDANZATO/A + COGNOMEFIDANZATO/A.

Da brividi, da reflusso gastro-esofageo, da colite fulminante. Così potresti ritrovarti tra gli "amici" che so, un Andrea Rossi Paola Toschi, oppure un Rita Ascoli Giorgio Pezza. Neanche un trans brasiliano con residui problemi d'identità farebbe una cosa del genere. Che poi, tra l'altro, se ci vuoi scambiare due parole con questi deficienti, non sai mai con chi dei due ti ritrovi a farlo, perché l'altra perversione in voga è lo scambio delle password.

"Noi condividiamo TUTTO TUTTO". Anche il cervello è in comune, evidentemente. Uno in due.

Continuerei la rassegna con quelli che dopo tre giorni di storia aggiornano il loro social status sentimentale e sono tutt'a un tratto "fidanzati ufficialmente con". Bene oh, i colpi di fulmine esistono, chi sono io per affermare il contrario. Se dopo due mesi dal tuo fidanzamento ufficiale mi torni single, cancelli dalle amicizie il tuo promesso sposo (perché questo vuol dire in realtà "Fidanzato ufficialmente", anche se tu lo usi anche per i rapporti occasionali), ebbé ciccino, quello che ti posso dire è che ci piaci così eh, anzi se non sono matti non li vogliamo, però renditi conto che non puoi pretendere che ti pigliamo sul serio. Abbi pazienza. Ti accoppi e ti scoppi alla velocità di un Gran Premio, te ne rendi conto? Tra un po' ti servirà un album in stile Panini per mettere in ordine cronologico o boh, di affinità, tutte queste foto sbaciucchiose di "morosi/e" che hai collezionato.

Ultimi ma non per importanza, i serenanti moderni, quelli che in un'altra epoca forse ci avrebbero guadagnato in dignità sciorinando smancerie - magari accompagnate da buona musica - sotto la finestra dell'amata, che li avrebbe osservati dall'alto con occhi sognanti e promesse di amore eterno. Eterno sticazzi, poi, è un altro par di maniche. In ogni caso la scena avrebbe conservato l'essenza di privato romanticismo da immortalare in un quadro.

Ditemi oggi, che cavolo possiamo immortalare. Quel fesso che si piazza davanti al pc in pigiama - ammettiamo che abbia un proprio profilo Facebook e non condivida TUTTO TUTTO con la dolce metà - clicca sulla bacheca della metà in questione e le scrive un messaggino zuccheroso che al resto del mondo provoca la nausea? Che è, telemarketing amoroso? dai su. Che palle.

Mi sorge spontanea un'altra domanda: sono io la solita snob non in grado di apprezzare il romanticismo dei social network, o sono i social network che hanno cancellato il romanticismo?

Mi sento tanto Marzullo in questo momento, e questo non può che voler dire che al peggio non c'è mai fine.

martedì 22 ottobre 2013

Imperfetto quotidiano

Le cose girano strane, ultimamente.

Tre settimane fa il mio umore si riassumeva perfettamente nel breve passo che riporto fedelmente qui di seguito (riesumato da un mio scritto non pubblicato perchè incompiuto):

"Lo penso da settimane e adesso lo dico: 2013, MUORI.

Anno non del cazzo, anno di tutto l'apparato riproduttore maschile e femminile insieme. Anno ERMAFRODITA.
E Ligabue che perso nel suo Alzheimer precoce dice che la vita quando è troppa è troppa, quando è poca e quando sembra che sia boh che cavolo diceva non me lo ricordo, fatto sta che Ligabue anche tu, VAFFANCULO. Tanto per rimanere in sintonia con le parole della tua canzone, quand'è troppo è troppo.

Altro che giochi senza frontiere, il 2013 è l'anno delle Olimpiadi dello Scontro Frontale, via spiaccichiamoci su qualunque cosa, ma di faccia eh, per benino. E ieri quella pazza fottuta della gatta che ha la brillante idea di farmi cadere lo specchio (fortunatamente imballato), che ci mancano altri sette anni di guai (mai stata superstiziosa, ma finchè l'anno ermafrodita non finisce non si sa mai).

Manco a farlo apposta proprio ORA si è illuminato il display del telefono e che cos'è, una notifica dell'applicazione meteo che recita pacatamente così: ALLARME! Sabato arriva il ciclone Penelope.
Meno male va, mi stavo già annoiando. Giusto sabato, mi raccomando, che devo NECESSARIAMENTE andare in giro per Bologna per una serie di incombenze pallose già di base, figuriamoci. E considerando che aspetto già il ciclo, il ciclone proprio non ci voleva a guastarmi ulteriormente la giornata.
Penè (con l'accento, che senza tocchiamo un tasto dolente), mettiamoci d'accordo: tu arrivi fai il tuo balletto sposti soffi sbuffi rompi quello che ti pare, però A ME MI devi lasciare in pace. Non mi aspirare il cane, non rompermi le finestre, non sdradicarmi alberi, sfogati in aperta campagna e basta, chè qua abbiamo già un sacco di cazzi per la testa.

Quando un ciclone preannunciato incontra una donna col ciclo, il ciclone è un ciclone morto."



Abbastanza eloquente, no?
E assurdamente, invece, adesso il mondo mi sembra un ricettacolo infinito di opportunità di libertà di risate e pienezza di vivere e fame sete ingordigia di vivere. Saranno capitati anche a voi, quei momenti in cui ti senti forte, giovane nella più vasta accezione del termine, quei giorni in cui ti senti e lo sei: Energia.

I motivi di questo tutto sommato veloce cambiamento (considerato che le condizioni di partenza del mio umore di merda erano dovute a: stage perenne non retribuito, estate di merda col culo su una macchina a fare su e giù per l'Italia - fin quando fa male fin quando ce n'è mi viene da dire tanto per ri-citare Ligabue -, due traslochi in due settimane, licenziamento amoroso dopo due anni di convivenza, bicicletta rubata dopo sette giorni di permanenza nella nuova location...quindi certamente situazioni non gravi da giustificare uno stato depressivo ultra-prolungato, ma neanche roba da farti sentire subito allegra come il carnevale di Viareggio)sono diversi, intrinseci ed estrinseci, intrinseci perchè se è vero che ho un carattere di merda, è vero anche che almeno io ce l'ho, un carattere. Estrinseci perchè una volta di più mi convinco che certe combinazioni di eventi, persone e luoghi siano talmente improbabili da risultare incontestabilmente perfette e soprattutto provvidenziali.
Non starò a dettagliare le mie più o meno entusiastiche affermazioni, ma per chi avesse il dubbio, STO BENE, NON sono maniacale, il mio buonumore non è affettato né sopra le righe, anzi tengo a sottolineare che non mi sento sola e d'altra parte la mia nuova situazione abitativa IMPEDISCE FORZATAMENTE di sentirsi soli.

Per capirci, passare da uno dei quartieri più "in" della città alla prima periferia è stato come passare da una catacomba etrusca al mercato del pesce. Al piano di sopra il maneggio: scalpitano furiosamente cavalli adulti e puledri, e il rumore degli zoccoli si alterna ai nitriti di mamma o papà cavallo che sgridano i piccoli. 'Nsomma, una famiglia di esaltati, che poi quando li incontri giù al portone sono tutti carini e coccolosi come i pinguini di Madagascar e allora non ce la fai a dire "quand'è che la finiamo di correre e rovesciare giocattoli mobili e suppellettili a tutte le ore del giorno e della notte"?. Sorridi, come una cretina. "Buongiorno! Buonasera!", ciao per i puledrini senza coda; massì galoppate pure sopra la mia testa, tanto grazieadio NON SIETE FIGLI MIEI e un soffitto meraviglioso CI SEPARERA'SEMPRE.
La mia camera da letto, poi, confina con il salotto o quel che è, il luogo adibito alla meditazione del mio vicino boh, indiano forse, che la mattina alle SEI e il pomeriggio alle quattro e per l'ora successiva se la suona e se la canta alla grande con questi sutra conditi da ululati che va bene tutto, la multicultura, la tolleranza, l'accettazione il rispetto delle abitudini altrui però CAZZO, è proprio necessario che urli? Sembra che sia ai piedi del mio letto, dentro casa, vicino al gatto. Eh.
E il gorilla, ne vogliamo parlare? Aaaah, lui è proprio la quintessenza della degenerazione condominiale. Un tizio napoletano (non me ne vogliano i napoletani, che sottolineo mi piacciono e neanche poco, un cicinino meno quando si lasciano andare a comportamenti da zoo come in questo caso - eh sì so anche che avrebbe potuto trattarsi di un tarantino abruzzese milanese giapponese quello che vogliamo, quindi non iniziamo con i pipponi soliti su nord e sud) che così, di punto in bianco, senza alcuna apparente ragione, esce sul balcone del suo appartamento e grida come il leone nella savana. ROAR! UAAAAAARGH! Cose così, forse per enfatizzare e ricordare a tutti la sua posizione di maschio Alfa. Amico, questo è un palazzo, dove le hai viste le giraffe, le antilopi, gli elefanti, gli gnu? Allora me lo spieghi che stracazzo fai? Mah.

Un manicomio, praticamente. E se dovessi avere bisogno che so, dello zucchero, mica ti devi disturbare a uscire da casa bussare e farti aprire, chiedere...no, con lo spessore di questi muri basta alzare la voce di un'ottava, come se stessi parlando a qualcuno che è nel bagno e tu fossi in cucina:"Gina! Ho finito la carta igienica! Non è che te ne avanza un po'?", e così per tutto, tanto sentono, posso assicurare.

Questa condizione ha un che di molto affascinante dal punto di vista antropofilo e potrebbe essere la base per uno studio pilota sullo stile di vita delle famiglie che aspirano a un ritorno alla natura, agli istinti primordiali...la vera magia è che questo marasma di accenti e linguaggi coloriti, rumori, profumi di cucinato per le scale, come anticipavo s'incastra perfettamente all'interno di un periodo in cui tutto è in fase di stravolgimento di abitudini e di pensieri che avevano messo radici soffocanti dentro il terreno della voglia di fare, delle idee e io senza idee nuove non ci so stare.

E per questo scrivo e ringrazio, e scrivo per non dimenticare come mi sento, scrivo per quando il soggiorno in mongolfiera finirà - perchè lo so, che finirà, come è normale e fisiologico che sia - e lo scrivo perchè il mio ORA sconclusionato, da teatro, imprevedibile la fine e incerto il percorso è proprio come deve essere, è esattamente lì che ho incastonato i miei desideri ed è in questo imperfetto quotidiano che voglio lasciarli.

giovedì 10 ottobre 2013

La burocrazia dell'amore
ha fatto il suo corso.
Il lento avvicendarsi
di quelle che chiami
-con grossa presunzione-
'Fasi naturali del rapporto',

zittisce ogni palpito d'istinto
lo vedi andare a rifugiarsi altrove
lontano dagli occhi morti
dell'abitudine
fuori dalle mappe di strade che già sai

alla ricerca della libertà ammiccante
di un letto sconosciuto
fosse anche il tuo
in veste nuova.

Prendi in giro i tuoi demoni
giocando al martirio di un piacere appena raccolto
meravigliosamente effimero
finalmente incapace di sicurezze
-che poi non esistono mai-

Travolto dal potere
di un semplice 'che sarà'
dimentichi i tuoi dispiaceri,

e a chi ha ancora
il coraggio di dire
che in fondo sia peggio
dell'ecatombe di sorrisi
quando tutto diventa amaramente immobile
-trascorso quel breve momento di lieta indeterminazione-

a quelli voglio dire

Vivere senza stancarsi
è un compito impossibile

ma val la pena di provarci
una volta di troppo.

martedì 25 giugno 2013

Tempi moderni.

Un passo
due passi

in avanti

passi larghi

d'infanzia
e passi un po' cretini
di adolescenza;

così si diventa uomini e donne

e poi

uno stop
in piena faccia

è la realtà che ti prende a schiaffi
mentre tu rispondi porgendo al vento
l'altra guancia.

La certezza di essere
non compensa l'urgenza di avere,

nel mondo digitalizzato
anche tu diventi un numero

di analogico ti rimane solo il pensiero
forse farai in tempo a morire prima
che trovino un algoritmo per strappartelo dalla testa

ti dispiacerà
magari
perderti quel momento

considerando che

stai imparando piuttosto bene
a vivere in 3D

Denaro
Disillusione
Dadi

hai capito presto
che tutto quello che ti serve
è strozzare a due mani i sogni
un pizzico di fortuna
e loro
sempre loro

i soldi

quelli con cui comprerai ogni giorno
della tua vita
il tuo diritto

di schiavo.

giovedì 20 giugno 2013

Questa bambina è un sacco di patate.

Un terrazzo
la mia finestra sul mondo stasera

aria leggera
solleva pensieri pesanti
a cui riesco a dare soltanto
nomi tristi.

Piacevole sulla pelle
il risveglio della notte
dopo un giorno soffocante

e sarebbe davvero semplice
se mi riferissi solo al caldo.

Mio padre lo diceva
ogni volta che mi vedeva cadere

-questa bambina non si protegge
non mette le mani in avanti-

si chiedeva come fosse possibile
dimenticare un istinto tanto naturale

o peggio
non averlo affatto.

Adesso me lo chiedo io
mille anni luce lontana da quelle parole
che a volte tanto mancano

mentre continuo a usare le mani
solo per contare i miei ventisette anni.

domenica 16 giugno 2013

L'ossessione delle parole.

Certe canzoni
certi toni
certe voci
certi giorni

mi fanno venire voglia...

-di scrivere-

e
la sensazione è urgente

darci dentro
usare la lingua
con prepotenza

e soprattutto
senza il benché minimo pensiero.

Unica
l'emozione che mi procuro

tutte le volte che sfacciatamente godo
del piacere predatorio
di scrivere per me.

Atti singolari e violenti
di autoerotismo
intensi rapporti occasionali

-a ciascuno la sua perversione-

la promiscuità delle lettere
è orgasmo senza umori.

Talmente diverso

dalla solitudine
quella spalancata

come un fiore scartato dal mazzo pieno

-la solitudine dei giorni che le parole
non le riesco a legare-

quando fuggono da me piccole comunità urlatrici
di quello che a voce non so dire

smetto di cercare il mio talento

-le parole non si addomesticano, le parole sono libere
gatti selvatici
soffiano graffiano si arrampicano
ogni tanto si accoppiano
sempre gridando-

E

La strada da fare è sempre troppa
quando sei stanco di sogni

avere artigli non affilati
su zampe di velluto

significa soltanto
che tra presto e tardi
è un attimo.

martedì 28 maggio 2013

Esercizi di fantascienza.

Un paio di giorni fa non avevo un granchè da fare in ufficio, così ho pensato di aggiornare il mio profilo professionale su Linkedin, noto social network per lo scambio di informazioni prettamente lavorative. Ho scritto e modificato qua e là, aggiunto e tagliato pezzi e alla fine ho dato un'occhiata al prodotto finale, e ho pensato: ma che schifo.

C'è da essere obiettivi, suvvia. Sono un esemplare di laureato a tre stage, mostro futuristico recentemente scoperto e in forte espansione grazie da una parte alla grande capacità di adattarsi agli ambienti più di merda che si trovino in giro, dall'altra alla facilità con la quale si lascia trombare. Soprattutto dalle aziende. E, un po' come un pesce a tre teste risultato di qualche incidente nucleare, la mia generazione e quelle contigue fanno scalpore, e lo Stato, come ha detto qualcuno, si costerna s'indigna s'impegna poi getta la spugna con gran dignità.

Voglio dire, nel corso di due anni abbastanza inutili sono partita dalla posizione di "stagista" per poi passare trionfalmente all'upgrade di "stagista" e in ultimo, come a coronare la sfilza di successi e competenze acquisite, sono approdata all'importante ruolo di "stagista". Per la terza volta. E neanche la soddisfazione di essere l'unica a vantare una carriera di tale caratura.
Ditemi voi se io e i miei colleghi/amici/varie ed eventuali non possiamo definirci i veri OGM del XXI secolo. Ok, non siamo geneticamente modificati in senso stretto e nessuno ha (ancora) mai pensato di impiantarci un elettrodo in testa, ma in fondo non ci hanno instillato tante altre fregature che difficilmente riusciremo a sradicarci dal cervello?

"Dottore, come sta il paziente?"
"Insomma, arranchiamo, i livelli di motivazione stanno scendendo velocemente"
"Che possiamo fare? Una piccola dose di auto-efficacia in vena?"
"Sarebbe la terza infusione, rischiamo un disturbo di personalità narcisistico. Io proverei con dieci millilitri di senso di responsabilità"
"Responsabilità a un paziente al terzo stage?! Dottore, non crede che sia un azzardo? Forse stiamo chiedendo troppo a questo corpo?"
"Finchè la motivazione non risale non possiamo che fare dei tentativi"
"D'accordo dottore, allora procedo".

E dieci minuti dopo:

"Dottore, la motivazione scende ancora, il senso di responsabilità senza motivazione sta mandando in tilt il sistema degli incentivi. Lo stiamo perdendo, lo stiamo perdendo! Di questo passo andrà a coltivare avocados in Siberia!"
"Non ci resta che l'ultima spiaggia: mi chiami la madre del paziente, a questo punto solo la riattivazione dell'antico riflesso di suzione provocata dalla tetta può rimettere a posto le cose".

Ecco cosa siamo, cavie sommerse, nel senso che neanche ci riconoscono la condizione di soggetti sperimentali.

Va bene, la mia è una provocazione (volendo anche una deformazione sentimentale, visto che vivo insieme a un medico), però siamo chiari: siamo bestie che tutti vogliono e alla fine nessuno prende.
Alle volte, poi, immagino me e i miei compari come delle specie di furetti evoluti e nevrotici, quegli animali nati per essere liberi e costretti a vivere in cattività per la sfiga che hanno di avere un bel faccino e la capacità di capire in fretta dove non possono sporcare.

La mia generazione è fatta di gente sveglia, giovane, e normalmente abbiamo anche dei bei musetti, sì.

E questo è tutto quello che ho da dire oggi, adesso scusate me devo prendere le mie due compresse quotidiane di forza di volontà.



domenica 19 maggio 2013

Grigliata impollinata.

Da questa giornata una cosa l'ho capita: non siamo compatibili con le gite fuori-porta.
Eh sì, perché se ogni volta che ci proviamo l'epilogo è una corsa verso casa per ristabilire il già precario equilibrio psicofisico, tanto vale rassegnarsi a passare i fine settimana sbrodolando bava sul divano.

Esagero? Forse. I fatti, però, dicono il contrario.
Tra l'altro pare che sia io che il mio ragazzo abbiamo una speciale attitudine a trasformarci in mostri davanti a gente appena conosciuta (vedi episodio Terme di Saturnia stramaledette).

Lo so che così non si capisce niente, ora mi spiego.

C'è che ci invitano a una grigliata in un parco, per passare un sabato diverso e fare qualche nuova conoscenza che non fa mai male, anzi. E allora diciamo sì con grande piacere all'allettante prospettiva di mangiare come se non ci fosse un domani in compagnia di un gruppo di aspiranti amici.

E per un po' sembra proprio che la giornata andrà liscia come l'olio, perché il gruppo è un bel gruppo, in poco tempo dal vostro arrivo avete disinfestato una parte del territorio da bambini schiamazzanti, e il posto oggettivamente merita nonostante il sole un po' indeciso, non sa bene se unirsi alla festa o optare per l'asocialità dietro un paio di nuvole obese.

Sciaguratamente, poco dopo si manifestano i primi segnali di rottura dell'armonia, quando ti accorgi che il tuo ragazzo ha iniziato a starnutire e lacrimare praticamente senza tregua; al che inizialmente pensi che vabbé, è la solita allergia ai pollini che ogni tanto si fa viva. Gli chiedi se sia tutto ok, lui ti risponde che sì, si deve solo abituare -mah- e poi gli passa. Sarà.

Nel frattempo un po' assiste e collabora alla preparazione del barbecue, un po' intrattiene il pubblico con la chitarra.
Tu lo tieni d'occhio comunque, fiutando puzza di bruciato grazie alla ben nota propensione femminile a non dare mai nulla per scontato e soprattutto all'incapacità pervasiva di prendere le cose con leggerezza. Che siamo onesti, alle volte è una grandissima rottura di coglioni, ma in altre occasioni si rivela l'antesignana di quella temibile frase che recita: "Io te l'avevo detto".

Tant'è che una mezz'ora dopo la situazione sta evidentemente sfuggendo di mano. Il soggetto allergico sopracitato sta subendo una progressiva e neanche tanto trasformazione in rospo preistorico, gli occhi iniettati di sangue e gonfi come i cuscini del divano su cui avreste fatto meglio a passare la giornata. A quel punto gli dici che forse è il caso di chiedere a qualcuno se abbia per caso un antistaminico appresso, visto che l'epifania del momento ti mostra improvvisamente l'erba alta un metro e tutto il benedetto sperma di albero svolazzante attorno. E lui ti dice che no, non è necessario, adesso gli passa, e mentre te lo dice si sfrega gli occhi rischiando seriamente di cavarseli.

E qui avviene anche la tua, di trasformazione. Sindrome premestruale unita alla visione di comportamenti irrazionali et inspiegabili uguale ira funesta e/o isteria. Cerchi di non urlare quando gli comunichi col tono più acido che un uomo abbia mai sentito uscire dalla bocca di una donna: "non ti strofinare gli occhi con quelle mani, che hai toccato il cane l'erba la griglia la carne" e i miei nervi, vorresti aggiungere ma per adesso ti risparmi visto che hai già fatto abbastanza con la vocetta di chi parla digrignando i denti. Lui reagisce irritandosi, chiedendoti stizzito di non guardarlo come se fossi al capezzale di un morto.

Inutile dire che da questo momento in poi gli obiettivi di socializzazione della giornata siano andati in gloria.

Aspetti altri dieci minuti cercando di distrarti chiacchierando col resto della truppa, finché si riaccende la speranza quando una delle ragazze ricorda di avere con sé un antistaminico e lo offre al mutante, che lo accetta probabilmente rendendosi conto che la tecnica dell'attesa si sta rivelando un fallimento totale.

Passa un'altra mezz'ora e la situazione non migliora, oltre al gonfiore compaiono dei bozzetti intorno agli occhi, tipo punture di zanzara. Il malcapitato ti chiede gli occhiali da sole, li indossa e continua a suonare la chitarra e a tutti ricorda Ray Charles, non solo per gli occhiali scuri ma anche per il mood. Tu sì che sei soul, ragazzo.

Poi, finalmente, si arrende.

"Dai adesso andiamo, non ti si può guardare e non ti passa, ci sono troppi pollini qui"
"Va bene..." e lo vedi che è mortificato perché crede di averti rovinato la giornata. E invece no, sei solo preoccupata che gli passi in fretta 'sta reazione esagerata.

Salutate velocemente tutti, dispiaciuti anche loro, e sdrammatizzate che la prossima volta vi porterete dietro un camion di antistaminici; raccogliete i vostri trozzoli e il cane che è l'unico che è riuscito a mantenere una parvenza di serenità, e andate via.

In macchina guidi tu per ovvie ragioni e sulla strada lui ti spiazza dicendoti "amore, non è che sono allergico a te?".

Lo guardi concentrando nello sguardo tutto lo sturm und drang da sindrome premestruale, lo vedi con quegli occhi semichiusi e doloranti che abbozza un sorriso sornione, e allora disperdi ormoni come vapore acqueo e sorridi anche tu nel constatare che la voglia di scherzare non gli manca proprio mai.

E' forse per questo che lo adori anche quando la sua testardaggine sarebbe da dichiarare illegale e da denunciare alle autorità competenti.



P.S. Tanto per la cronaca, siamo sopravvissuti entrambi. Dopo due antistaminici e il cortisone l'emergenza è rientrata, anche se lui ci metterà un po' a riprendersi dall'ottundimento da farmaci.
Inutile dire che non sia ancora una bellezza nonostante "l'edema agli occhi", come si dice in medichese, sia diminuito.

E infine rivolgo un vaffanculo di cuore alla primavera 2013, ammesso che sia consentito chiamarla così, visto che per un giorno di sole se ne scontano poi cinque di pioggia con la naturale conseguenza dell'esplosione incontrollata dei pollini, ormai universalmente riconosciuti come bombe a orologeria dagli effetti nefasti.







domenica 12 maggio 2013

Mammite cronica.

Credete che sia semplice
crescere un individuo
-anche più di uno-
convincendolo che non avrà
-mai nella vita-
un solo motivo valido
per dubitare delle vostre intenzioni?

Questo è l'incantesimo della mamma

l'inarrestabile coraggio di andare oltre
i vostri deprecabili difetti
il vostro egoismo
l'inclinazione alla polemica
il grande limite di non riuscire a vedere
al di là delle cose.

Potrete essere i figli migliori che si possano desiderare
in alcune circostanze sarete comunque i peggiori
va da sè che lo saprete benissimo
e nonostante voi
lei fará sempre quello che è giusto
se necessario
-e spesso lo sarà-
spingendosi lontano
dalla sua natura
-precedente a quella di madre-
di donna.

Sarà presente
anche a centinaia di chilometri da voi
saprà scegliere parole che altri non trovano
saprà lasciarvi andare per la vostra strada
quando sarà il momento
e riprendervi in tempo
quando una segnaletica ambigua
vi avrà depistato.

Saprà fingere di non soffrire affatto
unicamente per farvi ridere

vi insegnerà così
-non ve ne accorgerete neanche-
la dignità del dolore
e la forza di sconfiggerlo.

Sarà a un passo dalla vostra guancia
quando avrete bisogno urgente di una carezza
saprà dirvi parole dure
con la stessa dolcezza dei cuccioli di cane.

Sarà a lei che dovrete
quello che gli altri ammireranno in voi

e non penserà mai che siate sbagliati
perché diversi da lei.

Questa è mia madre
e se avete l'inestimabile fortuna
di vedere lo stesso nella vostra
state pur certi
che sarete delle ottime persone

di quelle che
col tempo migliorano
ed è veramente difficile
che succeda qualcosa di diverso.

mercoledì 1 maggio 2013

Condizionale presente.

Mi capita di vedere la foto di un papà qualunque, un papà che non sei tu ed è il papà di un altro e io non lo so fino al momento in cui penso "dev'essere suo padre".
E' così che succede che ti penso più del solito, e mi domando,

se fossi ancora qui


qualcuno direbbe lo stesso? Direbbero "dev'essere suo padre" notando una certa somiglianza tra me e te?

E tu

mi chiederesti di ringraziarti per l'altezza che mi hai regalato (?)
mi diresti che somiglio di più alla mamma e Marina di più a te, oppure il contrario (?)
mi diresti che sei felice che io scriva ogni tanto, perché da ragazzo lo facevi anche tu (?)
mi dedicheresti una poesia (?)
mi diresti che sono diventata bella (?)
mi abbracceresti (?)
mi faresti ridere (?)
saresti orgoglioso di me (?)
saresti deluso da me (?)

capelli, ne avresti ancora (?)
le tue splendide mani, sarebbero ancora come me le ricordo (?)
avresti un po' di pancetta (?)

ti incazzeresti perché in Italia non si trova lavoro (?)
ti incazzeresti perché a Taranto di lavoro si muore (?)

ascolteremmo mille volte insieme De André (?)
parleremmo di politica di sesso di amore (?)
giocheresti col mio cane (?)
ricorderesti il tuo gatto guardando il mio (?)


saresti felice (?)




-Il condizionale presente è la forma semplice del modo condizionale. Si adatta principalmente a descrivere situazioni e abitudini subordinate a una certa condizione, e in questo caso: Se Tu Fossi Ancora Qui.
La caratteristica di indicare un evento non reale o impossibile rende il condizionale adatto all'uso nel periodo ipotetico.-








sabato 6 aprile 2013

Lacertiliani.

Dialoghi a metà
ricordi solo quello che
dimenticheresti sorridendo
mentre dici
molto volentieri!

-come in risposta al miglior invito di sempre-

E' la storia della dannata coda
della dannata lucertola
che il tuo gatto ha strappato
con la presunzione di onnipotenza
tipica
del più piccolo tra i felini.

Intanto quel pezzo inutile
continua ad agitarsi
da un lato all'altro
della tua insofferenza

(e la lucertola è già bell'e fuggita)

Daresti un braccio, o anche due
per avere una scopa

che a quel punto non ti servirebbe
per spazzare via il moncherino.

La cosa migliore da fare
è allontanare lo sguardo
prima che sia tardi;

l'immobilità lo colpirà

-come alla fine di tutto-

tu sarai in salvo
la testa sulla linea di fuga dello stesso geco

che lascia indietro un pezzo di sé

ogni volta che serve.

mercoledì 13 marzo 2013

Quelli che.

Le migliori epifanie mi capitano in libreria. Versi, copertine, l'odore di una pagina mi rispediscono dritta dentro momenti vecchi di epoche. A volte sono rivelazioni estremamente piacevoli, condite da quella punta di struggimento che fa quadrare il cerchio; altre volte succede che i pensieri si mettono in coda e quelli che strombazzano più forte col clacson dei ricordi non appartengono al mondo docile e zuccheroso dell'infanzia, quanto piuttosto a un universo fatto di cose che hai imparato col tempo della crescita, di una maturità più aspra, certamente meno gentile.
Stamattina ho rivisto dopo secoli un libriccino per bambini che avevo anch'io una volta. E' uno di quei libri-gioco per stimolare la fantasia, e ogni pagina è divisa in tre parti; nella parte più alta c'è la testa di un animale, mettiamo una zebra o un leone, nella parte in mezzo il busto e nell'ultima in basso le zampe e la coda. Che so, quindici pagine, quindici bestie diverse e divise in tre parti, così che il bambino possa scombinare tutto con l'abile mossa della sua manina fiduciosa e ottenere un animale con testa di coniglio busto di pecora e zampe di gallina, oppure un tacchino che di tacchinoso abbia solo un terzo del suo corpo. Il numero delle combinazioni è limitato per ovvie ragioni di spazio e di economia nel senso più generico del termine, ma quello che colpisce al di là di tutto è la possibilità di modificare a proprio piacimento qualcosa che nella realtà non si può cambiare. O quantomeno ci auguriamo che a nessuno salti in mente di farlo per davvero, non si sa mai. Eh bé, che c'è di strano, è il principio base e il più grande potere dell'immaginazione, no? Creare cose che non esistono.
La differenza rilevante, però, è tra creare cose che non esistono e immaginare cose che NON POSSONO esistere. La prima, nel mondo degli adulti, si chiama CREATIVITA', la seconda si chiama ILLUSIONE.
Ecco, adesso io lo so che chi mi legge penserà "ma questa quant'è fuori a spararsi certe seghe mentali davanti a un libro per bambini?". Cazzo, take it easy! Eh no, non si può. La spensieratezza è un ideale utopistico al quale non riesco (quasi) mai ad avvicinarmi, e questo è il risultato. Sta di fatto che sono rimasta almeno cinque minuti buoni imbambolata a combattere tra una tenerezza con tanto di carillon cerebrale a fare da sottofondo alla mia personale "madeleine", e un sentimento improvviso e ben riconoscibile di, come dire...giramento di palle. Sì, perché oltre a rivedermi bambina di dimensioni grottesche intenta a costruire animali mitologici che, se per disgrazia fossero realmente esistenti avrebbero lo stesso istinto di sopravvivenza di un frigorifero, ho pensato che l'inganno sia proprio tutto lì. Siamo cresciuti immaginando come reali cose che non possono esistere. L'infinito spettro delle possibilità oggi mi fa veramente cacare sotto (tanto per usare un eufemismo), proprio come un fantasma. Studia, comportati bene e vedrai che potrai fare QUELLO CHE VUOI. Ok, quindi anche una zebra con corpo di gatto e zampe di porco? Certo, anche quello. E invece no, la questione non va così. Non che sia colpa dei nostri genitori eh, ci mancherebbe pure questo dopo il panaro che si sono fatti per farci diventare persone "colte" (tra un po' rischiamo che venga inteso come participio passato, colte da terra dopo una di quelle cadute da competizione). La colpa è di quella nutrita cerchia di uomini snaturati che hanno interpretato a loro modo il libro della mia infanzia. Sono diventati furbi come faine, necrofagi (diciamo metaforicamente) come iene, voraci come squali e stronzi come nessun animale a parte l'uomo potrebbe essere. Sono quelli che hanno trasmesso di padre in figlio il gene di uno sport molto in voga: l'arrampicata sociale.
Alle loro spalle, poi, ci sono quelli come me e come voi, quelli a cui non frega un cazzo della carriera intesa come prestigio e soldi, quelli che non sono disposti a sgomitare per ritagliarsi uno spazio che di base è -sarebbe- un loro diritto, e sono gli stessi che tutto ciò che desiderano è avere persone care intorno, una casetta, un cane o un gatto, un cazzo di dignitoso lavoro che permetta di avere uno stipendio dignitoso per andare al cinema e a mangiare una pizza ogni tanto. Quelli che vorrebbero dire NO a chi ritiene naturale sfruttare i giovani e i meno giovani come schiavi in un campo che non è più di cotone ma è un campo di scartoffie e documenti in bell'ordine.
Quelli che la luna non la vogliono, a loro basta guardarla da lontano.

mercoledì 27 febbraio 2013

Umidità

Bagnatevi nella convinzione perenne

di non aver fatto abbastanza
o di aver fatto troppo

la sensazione sarà la stessa
umidità da gelarvi le ossa.

E saranno serate Damien Rice
se capite cosa intendo

quand'è così
può solo voler dire che Malinconia si è autoinvitata
la grande scostumata dei giorni.

Lasciatevi dire

che sarà autentica idiozia
la vostra, la mia.

Quando il freddo vi ferma
tenete a mente il pubblico che vi segue
amici amori la mamma fratelli, la gente che conta

uno share impareggiabile
e tutto per voi.

Loro

saranno gli unici a sapere chi siete
i soli a non avere bisogno che vi mostriate

interessanti interessati
affascinanti affascinati
entusiasmanti entusiasti

saranno loro a capirvi e tanto basta.

Dopodiché

andate a fanculo
a dormire
sonni tranquilli.







domenica 24 febbraio 2013

Gente che resta gente che va

Gente che resta
gente che va
la terra promessa ha un nome
è Serenità.

Su viali scoperti di passi
senza un inizio
e neanche una fine
stanno versi riversi
un po' qui un po' là

in foglie di autunni privati

da calpestare
da raccogliere
da bruciare.

Gente che resta
gente che va
si dice non sia leggenda
un luogo chiamato Libertà.


(E intanto

partire lontano
smaltire dolori


sentirsi incompiuti).











martedì 12 febbraio 2013

Nontiscordardime

Delicato
ogni fiore che recido
come se il prato fosse a perdita d'occhio

e non contasse la distanza

tra l'erba che calpesto
e quella che calpesti tu.

Costringiamo in un vaso le cose belle
le guardiamo sbriciolarsi
piano piano

cercando con la sete
l'acqua di amori essiccati
alle luci artificiali dei nostri umori.


Sapessi insegnare ai fiori
a costruirsi gambe per fuggire

tornare

a quel prato
a quel vento
a quel sole

senza il rimpianto di non essere nati fiori di campo

perché farsi calpestare è niente
davanti alla confortante libertà
del buio stellato.

domenica 9 dicembre 2012

Lo sai che i papaveri son alti alti alti e tu sei piccolina.

Ho comprato della carta da lettere
incredibile a dirsi
ne producono ancora

-al di là delle incontestabili logiche
del profitto -

Ho guardato il lungo papavero rosso
stampato sul bianco
a segnare i confini
tra una macchia d'inchiostro
e una poesia.

Ho provato a scrivere qualcosa di buono
ed è così che ho buttato via
il primo foglio.

Ho iniziato a disegnare
quello che sarebbe stato un mio ritratto

-se solo avessi avuto la pazienza
di non perderla -

La mano ha bisogno di tempo per scaldarsi,
una volta era diverso.

E c'è chi crede ancora che sia un'artista
forse perché non so fare niente.

Quasi niente,
qualcuno ha detto che faccio bene l'amore
qualcuno d'importante lo dice anche adesso,

ma ci sarebbe comunque da discuterne
il campione potrebbe non essere significativo.

venerdì 7 dicembre 2012

Basta un poco di zucchero.

Mi sentivo inquieta stasera. Senza un reale motivo.
In tv ho trovato Mary Poppins ed è bastata mezz'ora perché mi sentissi di nuovo tranquilla, accarezzata dalla malinconia dolce che solo i capolavori dell'infanzia possono regalare, quando guardi con occhi ormai adulti un mondo che ti emoziona di più adesso rispetto a quando eri bambina.
Semplicemente, per i piccoli la magia è reale quanto la realtà.
Una volta cresciuta ti stupisci che a ventisei anni un film come questo - tra la bellezza irripetibile di Julie Andrews, le canzoni che pensavi di aver dimenticato, le gite nei disegni a gessetto - ti faccia stare così bene in un casalingo venerdì sera di dicembre, mentre i termosifoni tengono caldo l'ambiente e fuori nevischia.
A Supercalifragilistichespiralidoso hai di nuovo otto anni, o forse non sei mai cresciuta del tutto.
E a questo punto non posso che sentirmi felice.

mercoledì 28 novembre 2012

Elogio della Lagna.

Mi sveglio sempre troppo presto. E ci credo, tra il letto di una scomodità disarmante, che quando riacquisti la propriocezione sembra che ti abbiano picchiato selvaggiamente, il gatto che durante la notte adora passeggiarti in testa, sullo stomaco, sdraiarsi in mezzo alle gambe, stampare il suo naso freddo e umido sul tuo, e un ragazzo che quando inizia a prepararsi per andare al lavoro fa più o meno lo stesso casino di un'officina meccanica in piena attività, le possibilità di continuare a dormire ammetteremo che non siano poi moltissime.
A meno che tu non sia morto, e fortunatamente non è ancora il mio caso.

La sostanza è che alle sette sono in piedi già da venti minuti e dopo un'ora sono alle prese con un'alterazione del pensiero immunitario: praticamente il mio cervello cerca di autodistruggersi avviluppandosi in un gomitolo di stronzate appositamente create per rovinarmi la giornata.

La medicina, in questi casi, è quasi sempre indisponibile.

Vorresti fare una passeggiata rigenerante e piove; vorresti un cappuccino caldo e ti arriva da ustione di terzo grado (che normalmente ti procuri alla lingua); vorresti fare due chiacchiere con un amico e sono tutti al lavoro/a dormire o scopare/lontani/disperati almeno quanto te quindi forse è meglio evitare; vorresti ricevere una chiamata che ti dia speranza sul tuo futuro lavorativo e ricevi invece il consiglio di partecipare ai concorsi per vincere un posto al Comune e scaldare la sedia per i prossimi centotrent'anni.
Grazie, agli istinti suicidi non sono ancora arrivata, ma ci penso su eh?
E siamo solo alle otto e mezzo.

Mandare cv, leggere, scrivere, informarsi, passeggiare, guardare un film, cazzeggiare su Facebook, spazzolare il gatto, pulire, cucinare, fare la spesa, andare in bagno e farsi un bidet sono tutte attività estremamente edificanti, ma di solito alle quattro di pomeriggio hanno inevitabilmente rotto il cazzo e tutte in egual misura.
Eh sì, lo so che c'è chi pagherebbe per farsi un paio di settimane così (appunto, al quindicesimo giorno posso assicurare che possono bastare).
So anche che c'è chi questo tipo di vita la fa da anni e non è contento né si lagna, e so benissimo che c'è anche chi sta molto peggio eccetera eccetera.

Per una volta, però, posso dire liberamente ed egoisticamente che io di fare la gara a chi sta peggio non ne ho mezza voglia, come dicono qua?
Ebbbbasta, non posso sentirmi in colpa ogni volta che mi capita di sentirmi triste, annoiata o quando mi succede di pensare di aver preso una fregatura colossale.

Voglio, anzi pretendo almeno una volta al mese il legittimo impedimento a interessarmi agli altri quando girano le palle a me.

Il che è molto diverso dall'essere indifferente ai destini altrui o più in generale al destino del mondo, semplicemente ogni tanto sarebbe meraviglioso che la gente ti dicesse solo che capisce il tuo stato d'animo piuttosto che ricordarti che come te ci sono altri milioni di persone - e nel gruppo naturalmente vengono inclusi anche gli inflazionatissimi quanto ignoratissimi (se non a parole) bambini africani, i disabili, i senzatetto e i malati - che stanno peggio, molto peggio.

"C'è chi il lavoro l'ha perso dopo vent'anni e adesso non ha una casa, e ti lamenti perché non hai un lavoro?"

Quindi secondo queste logiche brillanti non dovrei deprimermi a maggior ragione ma dovrei andarmene in giro felice e contenta perché l'intero pianeta è una merda. Paradossale, no?

A 'sto punto non lo so, tutto questo comprare indulgenze con un'ipocrisia spicciola, da talk show delle buone intenzioni anche quando è evidente che quando va bene la più grossa preoccupazione si ferma al perimetro del proprio orticello...boh, a me un po' ha seccato.
Propongo di indire il giorno della "lagna libera", del tipo che te ne vai per strada e ti lamenti inconsolabile col primo che t'ispira e che non sa e non saprà mai per quale motivo sei in quello stato, e quello deve limitarsi a pacche sulle spalle, religioso silenzio e dovrà anche darti un fazzoletto per impedirti di smoccolargli sulla manica.

Così, un atto di catarsi non inficiato da giudizi di valore, da un concetto di dolore più o meno giustificato.

Lavori troppo? Lagnati.
Lavori troppo poco? Lagnati.
Ti vedi brutto? Lagnati.
Ti hanno derubato? Lagnati.
Il tuo grande amore è partito? Lagnati.
Ti manca molto qualcuno? Lagnati.
Non sai fare altro che lagnarti? Lagnati.
Sei troppo fortunato per essere felice? Lagnati.

E così via all'infinito, una volta al mese. Il resto del tempo facciamoci tutti un favore: godiamocela 'sta vita.









venerdì 23 novembre 2012

Un giorno come gli altri.

Imposte chiuse
luce che filtra in piccoli raggi invadenti.

Sbatto palpebre soporose dal letto vicino
e pigramente osservo il pulviscolo ballare
poi arrivarmi addosso
senza mai toccarmi veramente,
illusorio amante di un giorno come gli altri.

Ed è subito in me
La metafora delle cose che s'improvvisano leggere
mentre inequivocabilmente penetrano,
nessun segno visibile

a parte l'improvvisa stridente epifania
di un'alba finita troppo presto
dentro un sole semplicemente
osceno.

mercoledì 14 novembre 2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile.

Una felpa comoda
un paio di scarpe senza tacchi

-così si riportano i piedi per terra-
(e non solo i talloni).

Per quanto tentiate di schiacciarle
due piccole ali continuano a spingere e bucarmi la pelle

(e il sogno diventa infezione
da cui non voglio curarmi).

Preferisco sanguinare a vita
che permettervi di medicarmi

con la vostra
presunta forzata
realtà.














martedì 30 ottobre 2012

La poesia.

Mi piace la poesia perché è ermetica, in due parole ci metti un mondo e ognuno capisce il cazzo che gli pare, com'è giusto che sia.
Tanto diciamolo, la vita va così, e la poesia è molto più vera di un discorso. I discorsi vengono fraintesi quando non dovrebbero esserlo e anche quando tutto sembrerebbe spiegato per filo e per segno, il che dopo un'ora di parole e voce persa a raccontare, ti fa pensare "perché non scelgo mai il silenzio?".

Con la poesia è tutto decisamente aleatorio, quindi ogni interpretazione va bene e ogni interpretazione va accettata senza tante paranoie.

Forse gli uomini dovrebbero parlare alle donne in forma di poesia, del tipo

"il tuo silenzio non mi sfugge
la tua parola mi cattura
ma apprezzo il primo come un dono
mi lascia ad ammirare il tuo sguardo."

Ecco, una cagata del genere è un modo gentile per dire "quando non parli sto da dio" o "sono stufo di ascoltarti, piuttosto andrei a farmi recidere un testicolo", ma il messaggio che lei percepirà sarà "che dolce, mi ama quando gli parlo e mi ama quando non gli parlo, è DI SICURO l'uomo della mia vita".

Oppure

"Dolce amore
mani d'oro ho visto in te
in altre mai,
io bracciante povero
piacere non so dare
allora insegnami ad amare
come solo tu sai fare"


E lui intende "troppe rogne con 'ste coccole...e un po' più giù e un po' più su, datti da fare tu che facciamo prima". Lei capirà "sono l'unica delle persone con cui è stato che riesce a dargli tanto, sono DI SICURO la donna della sua vita".

Alle donne piace capire l'essenziale: il proprio punto di vista sul mondo. E allora semplifichiamoci tutti l'esistenza, una buona volta.
Prendiamo esempio da Franco Battiato, i tre quarti delle sue canzoni sono totalmente oscure e per questa ragione affascinanti. L'ipocrisia di affermare che l'importante siano la chiarezza e la trasparenza...ma per carità! Io dico che la chiave non è la chiarezza, ma la creatività.

Dì pure quello che vuoi, ma bada bene a farlo facendo in modo che nessuno se ne accorga.

E campa cent'anni, senza rotture di coglioni.





domenica 28 ottobre 2012

A horse with my name.

Tempo di merda.
Un ragazzo svenuto sul letto
respiro lento e regolare
e la pioggia e il freddo e il silenzio.

Va bene, va bene così.

Pace a buon mercato in un pomeriggio senza innesco
dentro una domenica qualunque,
banale preludio di lunedì incerto.

Eppure ha tutto il senso
del movimento

senza briglie
senza fantino
senza morso.

Proprio nessuno sa
nel preciso istante in cui si avvicina

se il cavallo salterà la staccionata
e riprenderà a galoppare.

mercoledì 24 ottobre 2012

Mercoledì di luna grossa.

Quando i pensieri vanno a mille

una testa sempre troppo lucida

e quello che cerchi da una vita
è perdere un po' il controllo
e smettere di scrivere bene
senza errori

ma qui c'è anche uno stramaledetto iphone a correggerti
il più delle volte scrivendo cazzate
che tu riesci comunque a mettere a posto.

Salire le scale sembra un'ardua impresa
ma lo fai e nel frattempo scrivi
come se le parole appartenessero a un altro

ti dai del tu
senza spiegazioni di sorta
come a un amico che conosci bene
e sai che non ti giudicherà

anche se sei onestamente a pezzi
e la cosa peggiore
è che non ti dispiace

cerchi un modo per uscire da te
ma non c'è verso
è quello che sei
nitida
come una notte di luna grossa.


(E mentre barcollo un po'
so benissimo come vanno piegati i pantaloni
per non stropicciarli,

e il mio dramma è tutto qui).



lunedì 22 ottobre 2012

The silent wave.

E' questione di temperamento
questa passione cocente per le parole

l'onda incalzante della discussione
non mi è dispiaciuta mai.

E c'è poco da ragionare
la violenza non c'entra
ho conosciuto onde aggressive
altre mi hanno sfiorato appena

carezze di schiuma
e
schiaffi di sale.

Nell'uno e nell'altro caso
è stato impossibile che non m'insegnassero qualcosa;

così ti spiego
l'unico motivo per cui continuerò a dirti quello che penso
anche quando a me non sarà concessa una corazza di scoglio:

succede così alla gente come me
so stare zitta solo di fronte al mare.

martedì 9 ottobre 2012

SetteOttobre2012

E un secondo dopo, sono sopra la città dove vive uno dei grandi amori della mia vita, mia sorella.

Sono sopra la sua casa la sua testa e sopra i suoi bellissimi occhi castani. Sono diretta chez moi, alla mia di casa e mentre l'aereo continua il decollo io mi chiedo come sia possibile che riesca a volare con un carico così pesante di malinconia.
Mi ritrovo gli occhi luccicosi e un po' me ne vergogno un po' ne sorrido, rassegnandomi al fatto che alcune cose non cambieranno mai, quella sensazione agrodolce di lasciare ogni volta a terra un pezzo grosso di me spunterà fuori a ogni saluto.

E tutto quello che c'è da sapere è che per quanto io e lei possiamo avere vite e città diverse, nazioni addirittura, restiamo complementari e mi basterà un attimo perché l'appartamento che non ho mai visto diventi casa e unicamente per il motivo che lì dentro ci mangia e ci dorme lei, poco importa che sia dietro l'angolo o dall'altra parte del mondo.

Ho smesso di pensare a cosa ci accomuna e cosa ci differenzia, siamo simili e diverse per un milione di ragioni o forse per nessuna, è mia sorella ed è la persona che immagino al mio fianco una trentina di volte al giorno. E dire che per anni le nostre separazioni sono durate il tempo di una mattinata; il resto delle giornate lo passavamo a litigarci giocattoli e capricci, ma in fondo è sempre stato bello anche litigare per chiedersi scusa a vicenda mezz'ora dopo, con lo sguardo basso per poi rialzarlo subito e rivedersi con occhi diversi, più sorelle di prima, ammesso che sia possibile.

Con questa consapevolezza ci salutiamo ogni volta, prendiamo un aereo e proseguiamo i nostri giorni così, semplicemente in posti diversi, lontani mai.
Mi congedo allora, dopo un piantino discreto contro il finestrino dell'aereo, dalla mia Marina, dal suo caffè buono, dalle riflessioni sulla crescita dell'edera sul muro del terrazzo, dalla ruga di espressione delle sue sopracciglia involontariamente un po' corrucciate e dal suo ciao con la mano sulla porta, e mi congedo anche dalla bella Garonne e dall'intera Bologna francese.

À bientôt Toulouse.