giovedì 19 aprile 2012

Chiamatemi Zelda, ma meno schizofrenica.

Improvvisamente succede di DOVER ricominciare a scrivere.


L'impellenza è la stessa di quando sei in viaggio e non ti accorgi di niente fino a quando non ti sembra di essere sul punto di fartela addosso. La pipì, tanto per essere precisi. Non puoi più aspettare, e così magari ti capita di farla sul ciglio della strada con le automobili che ti sfrecciano accanto a una velocità che pare debba rompere il muro del suono e a momenti ti fanno un peeling alle parti che hai esposto a scopo urinatorio (che finesse).
Che poi io non sarei mai in grado di farla per strada e anzi faccio fatica anche se il gabinetto è diverso da quello di casa mia, tanto che devo concentrarmi profondamente come se dovessi produrre un origami invece che una semplice pipì, è un altro discorso.


Tornando alla scrittura (ogni tanto devo riacciuffare l'obiettivo che mi perdo per strada), è come se una specie di ingranaggio si sbloccasse e i pensieri riprendessero a scorrere velocissimi. Questo avviene soprattutto quando sono impegnata in attività incompatibili con il fatto di dover tenere una penna e un foglio tra le mani, immaginatevi un pc. Il classico dei classici è mentre lavo i denti. Spazzolo e rimugino, rimugino e spazzolo, e chi mi conosce sa bene che lo faccio con una media di quattro volte al giorno. Vita piena la mia, lo so.
L'idea geniale arriva di solito quando il primo taccuino utile si trova a un milione di chilometri dalla mia portata, e della penna non ne parliamo. Nel frattempo nella testa le riflessioni sfrenate corrono ed è un po' il gioco del telefono senza fili, quelle arrivano ti dicono qualcosa di fondamentale e di cui naturalmente non capisci un accidente, e poi niente. Vuoto mentale che provi lo stesso a buttare giù, ma quello che viene fuori non è mai soddisfacente. D'altra parte, se la parola iniziale del gioco è "clacson" e tu alla fine capisci "cazzo" non è che sia proprio la stessa cosa.


E pensare che invece vorrei scrivere come Fitzgerald...si vede che sto perdendo contatto con la realtà, quindi continuo consapevolmente a crogiolarmi in un pinzimonio di relazioni appena accennate e discorsi poco impegnati e forse per questa ragione estremamente gratificanti, dal momento che lasciano tutto il beneficio dell'idealizzazione e soprattutto quella superficialità che tanto ricorda le festicciole mondane e terribilmente affascinanti descritte dal mio amato Scott.

Va bene chiamatemi Zelda, ma meno schizofrenica (insomma).