mercoledì 13 marzo 2013

Quelli che.

Le migliori epifanie mi capitano in libreria. Versi, copertine, l'odore di una pagina mi rispediscono dritta dentro momenti vecchi di epoche. A volte sono rivelazioni estremamente piacevoli, condite da quella punta di struggimento che fa quadrare il cerchio; altre volte succede che i pensieri si mettono in coda e quelli che strombazzano più forte col clacson dei ricordi non appartengono al mondo docile e zuccheroso dell'infanzia, quanto piuttosto a un universo fatto di cose che hai imparato col tempo della crescita, di una maturità più aspra, certamente meno gentile.
Stamattina ho rivisto dopo secoli un libriccino per bambini che avevo anch'io una volta. E' uno di quei libri-gioco per stimolare la fantasia, e ogni pagina è divisa in tre parti; nella parte più alta c'è la testa di un animale, mettiamo una zebra o un leone, nella parte in mezzo il busto e nell'ultima in basso le zampe e la coda. Che so, quindici pagine, quindici bestie diverse e divise in tre parti, così che il bambino possa scombinare tutto con l'abile mossa della sua manina fiduciosa e ottenere un animale con testa di coniglio busto di pecora e zampe di gallina, oppure un tacchino che di tacchinoso abbia solo un terzo del suo corpo. Il numero delle combinazioni è limitato per ovvie ragioni di spazio e di economia nel senso più generico del termine, ma quello che colpisce al di là di tutto è la possibilità di modificare a proprio piacimento qualcosa che nella realtà non si può cambiare. O quantomeno ci auguriamo che a nessuno salti in mente di farlo per davvero, non si sa mai. Eh bé, che c'è di strano, è il principio base e il più grande potere dell'immaginazione, no? Creare cose che non esistono.
La differenza rilevante, però, è tra creare cose che non esistono e immaginare cose che NON POSSONO esistere. La prima, nel mondo degli adulti, si chiama CREATIVITA', la seconda si chiama ILLUSIONE.
Ecco, adesso io lo so che chi mi legge penserà "ma questa quant'è fuori a spararsi certe seghe mentali davanti a un libro per bambini?". Cazzo, take it easy! Eh no, non si può. La spensieratezza è un ideale utopistico al quale non riesco (quasi) mai ad avvicinarmi, e questo è il risultato. Sta di fatto che sono rimasta almeno cinque minuti buoni imbambolata a combattere tra una tenerezza con tanto di carillon cerebrale a fare da sottofondo alla mia personale "madeleine", e un sentimento improvviso e ben riconoscibile di, come dire...giramento di palle. Sì, perché oltre a rivedermi bambina di dimensioni grottesche intenta a costruire animali mitologici che, se per disgrazia fossero realmente esistenti avrebbero lo stesso istinto di sopravvivenza di un frigorifero, ho pensato che l'inganno sia proprio tutto lì. Siamo cresciuti immaginando come reali cose che non possono esistere. L'infinito spettro delle possibilità oggi mi fa veramente cacare sotto (tanto per usare un eufemismo), proprio come un fantasma. Studia, comportati bene e vedrai che potrai fare QUELLO CHE VUOI. Ok, quindi anche una zebra con corpo di gatto e zampe di porco? Certo, anche quello. E invece no, la questione non va così. Non che sia colpa dei nostri genitori eh, ci mancherebbe pure questo dopo il panaro che si sono fatti per farci diventare persone "colte" (tra un po' rischiamo che venga inteso come participio passato, colte da terra dopo una di quelle cadute da competizione). La colpa è di quella nutrita cerchia di uomini snaturati che hanno interpretato a loro modo il libro della mia infanzia. Sono diventati furbi come faine, necrofagi (diciamo metaforicamente) come iene, voraci come squali e stronzi come nessun animale a parte l'uomo potrebbe essere. Sono quelli che hanno trasmesso di padre in figlio il gene di uno sport molto in voga: l'arrampicata sociale.
Alle loro spalle, poi, ci sono quelli come me e come voi, quelli a cui non frega un cazzo della carriera intesa come prestigio e soldi, quelli che non sono disposti a sgomitare per ritagliarsi uno spazio che di base è -sarebbe- un loro diritto, e sono gli stessi che tutto ciò che desiderano è avere persone care intorno, una casetta, un cane o un gatto, un cazzo di dignitoso lavoro che permetta di avere uno stipendio dignitoso per andare al cinema e a mangiare una pizza ogni tanto. Quelli che vorrebbero dire NO a chi ritiene naturale sfruttare i giovani e i meno giovani come schiavi in un campo che non è più di cotone ma è un campo di scartoffie e documenti in bell'ordine.
Quelli che la luna non la vogliono, a loro basta guardarla da lontano.