martedì 31 gennaio 2012

Quello che VOGLIO.

Insegui i tuoi sogni.
Te lo ripetono in continuazione, è il cavallo di battaglia di milioni di pubblicità e di altrettanti discorsi; la formula infatti risulta affascinante, nonostante racchiuda in sé il senso dell'affanno. Volendo tralasciare il fatto che l'utilizzo del verbo "inseguire" fa sì che si dia per scontato che i sogni stiano andando in direzione opposta rispetto a qualcosa o a qualcuno. E quel qualcuno di norma siamo noi.

E se i sogni invece ci venissero incontro?

Da bambina facevo tante cose stupide da bambini, di quelle che si estinguono col tempo, tipo:

-piangere come una disperata (quest'abitudine non può definirsi estinta, a onor del vero)
-lanciare o distruggere oggetti per la rabbia (successivamente mia madre tentava giustamente di distruggere me)
-fare a botte con mia sorella (ha sempre vinto lei, anche se in quanto a dimensioni era un terzo di me)
-camminare di ginocchia sull'asfalto (ogni tanto il desiderio mi torna, soprattutto se ho avuto la brillante idea di uscire coi tacchi)
-eccetera eccetera (so di non essere così originale da aver bisogno di stilare un elenco completo delle incredibili attività alle quali mi dedicavo)

ma al di lá di queste cosette da poco, mostravo anche una certa propensione all'uso ragionato delle facoltà verbali.
Sì, nei momenti in cui stranamente non cercavo di fare in modo che i miei genitori mi dimenticassero accanto a un cassonetto, mi lanciavo nella scrittura e quando mi chiedevano cosa avrei fatto da grande, senza esitazione rispondevo:"Voglio fare la scrittrice".
Nessun vorrei, nessun mi piacerebbe, nessun sogno di diventare.

VOGLIO.

"L'erba voglio non cresce neanche nel giardino del re." Tanto piacere, evidentemente il re non usa il fertilizzante giusto.

E quindi io scrivevo temi, storie, poesie.
Inventavo di sana pianta anche aneddoti sulla mia famiglia, e per fortuna i miei avevano l'abitudine di rileggere i compiti prima che li portassi a scuola, altrimenti a quest'ora sarei ancora in mano agli assistenti sociali.
Una volta, tanto per dirne una, scrissi che durante i pranzi a casa mia sorella si rifiutava di mangiare e mio padre si arrabbiava moltissimo e gridava come un pazzo, fino a che la vicina spaventata non chiamava la polizia. Nel frattempo, secondo il mio racconto mia madre giocava a carte. Certo. Da sola poi, povera squilibrata.

Ovviamente i pranzi in famiglia sono sempre stati tutt'altro che spiacevoli, ma chissà perché io mi ero convinta che il mio fosse proprio un modo carino di descriverli.
E poi scrivevo di coccodrilli a cui veniva il tetano (probabilmente cercavo di convincermi che qualcosa di buono nel fare il vaccino dovesse pur esserci), pulcini divorati da serpenti che poi li rigurgitavano per compassione...mille e una assurdità all'insegna del gusto dell'orrido.
Eppure la mia è stata un'infanzia più che felice. Che l'ottimismo sia una dote innata?

Adesso che sono (per certi versi) cresciuta, continuo a mescolare le parole a mio piacimento sulla carta, ma ho perso quella caparbietà che mi spingeva a dire VOGLIO diventare una scrittrice. Può darsi che sia successo perché il mio vocabolario si è arricchito e alla parola "scrittrice" si sono aggiunte "talento", "lavoro", "successo", concetti di cui da bambina non avrei mai immaginato di dovermi curare.

Oggi mi dicono che il talento è la "conditio sine qua non" per diventare scrittori, e da qualche anno ho cominciato a domandarmi se nel mio album di figurine CELO o MANCA.

Comunque vada,
se manca, bé...io mi accontento del tunnel carpale.

domenica 22 gennaio 2012

Scrivere

è un po' fare alla guerra
e un po' fare all'amore.

Puoi imbracciare una penna
o abbracciare una donna

così avrai la tua storia

da lasciar vivere
oppure uccidere

col tuo fucile a getto d'inchiostro.

mercoledì 18 gennaio 2012

Una giraffa per amica.

Mai fidarsi delle amiche che accettano di venire a prendere un the a casa tua. C'è il rischio che arrivino con l'intenzione di diventare donne. Sì, per oltre vent'anni sono state femmine, nel senso che hanno sempre avuto la vagina e non il pene ma per il resto tra loro e che ne so, la femmina di una giraffa non è che ci fosse tutta 'sta differenza. Non perché siano brutte o rozze o che, semplicemente sono sempre state ragazze acqua e sapone, naturali...un po' wild, insomma. Poi un giorno arrivano e ti dicono tutto d'un fiato:"Oggi mi fai i baffi le sopracciglia e la manicure." Punto. Non è che te lo chiedano, è diverso: te lo ordinano. Poco importa che poi aggiungano:"No vabbé, se ti va..." con quella facciotta languida. Ormai sei in trappola. Eccchessaràmmai direte voi, incoscienti. Prova a mettere lo smalto a una giraffa e poi ne riparliamo. La devi prima addomesticare, tanto per essere chiari. Invece non hai il tempo, la tua amica è là che esige quello che ti ha appena richiesto. Dici: "Va bene, ma devi lasciarmi fare". Sì Sì certo, ti risponde la stronza. Inizi dalla ceretta al labbro e dopo trenta secondi già pensi che davvero avresti preferito che al posto suo ci fosse stata la famosa giraffa. La belva che hai in casa ti stringe il braccio, ti trattiene la mano, si dimena, urla dal dolore, si lamenta, si gira, ride, dice aspetta...ROMPE I COGLIONI. Di rimando tu la strattoni, cerchi di bloccarle il braccio, sospiri, t'incazzi, le dici che adesso la molli lì con la cera attaccata al muso. Evvai, mi è sempre piaciuta la lotta libera. Alla fine ce la fai, minacci di non continuare con le sopracciglia e il resto ma lei ti guarda come se fossi la persona più crudele al mondo e allora cedi. Vai a prendere la pinzetta e cominci. La pazienza l'hai persa già da un pezzo, quindi le metti una mano in fronte e spingi per farle sollevare il mento e vedere meglio. Lei sembra piuttosto contrariata e si contorce e strizza gli occhi come se avessi appena tentato d'impalarla, poi si rilassa un secondo e tu strappi. "Mi raccomando eh? Non fare cose strane che se poi sto male ti uccido". Pure. Devi anche fare un buon lavoro, mentre lei parla corruga la fronte ride e balla la lambada, magari. Riesci a toglierle sei peli in tutto, tre da una parte e tre dall'altra. Bé oh, cazzi suoi a un certo punto. Ti prepari alla manicure. Nel frattempo lei si guarda allo specchio e non è pienamente soddisfatta del risultato delle sopracciglia, quindi prende la pinzetta e fa da sè. Oh, questo si che è addomesticamento. Tiri fuori dal tuo beauty-case la limetta da unghie e la tua amica strabuzza gli occhi come se avessi sfoderato la sciabola di Gengis Khan. "Che c'è?" ti domandi mentre sposti lo sguardo sull'oggetto che hai in mano e che ha provocato cotanta reazione. A momenti credi che la lima possa essersi trasformata in un coltello. "No quella cosa che sfrega sulle unghie mi fa troppo senso" e accompagna la frase con una colorita espressione di disgusto. Eh ho capito bimba mia, ma forse abbiamo idee diverse su cosa significhi la parola "manicure". Resti immobile nella tua perplessità, lei è già passata a guardarsi i peli delle braccia e sta dicendo che forse dovrebbe eliminare anche quelli. Dai una sbirciata e vedi due minuscoli peletti in mezzo al deserto. Senti che ti stanno gridando "ti prego, risparmiaci!", ed è quello che fai rivolgendo alla tua amica giraffa un'occhiata di profondo sdegno. Dimentica quasi subito le braccia e torna alle unghie. Lo smalto? Comandi! Lo stendi con attenzione, prima la base poi il colore -due passate- poi il protettore, e la bestiaccia nella sua abissale ignoranza mette a dura prova i tuoi nervi domandandosi perché mai così tanti strati e che esagerazione e le unghie le diventano spesse così e quanto tempo per asciugare e si fa tardi e di qua è di là. Finisci quando sei a un passo dall'omicidio preterintenzionale. Lei osserva attentamente il cambiamento delle sue mani e conclude con un sonoro "BAH". Le spieghi che deve farci un po' l'occhio visto che è la prima volta, ma lo scetticismo non l'abbandona. Vabbé allora vai a fanculo. Gliel'avrai detto quelle trenta volte da quando ha messo piede in casa tua, tanto lo sai che non si scompone e rompe le palle uguale."Allora, lo facciamo il the?"Appunto.

martedì 10 gennaio 2012

Mia nonna dice peli e guai non mancano mai.

Tutto è iniziato sedici anni fa. Me ne accorgo riguardando quella vecchissima fotografia. Un primo piano che anche il peggior serial-killer si sarebbe risparmiato di scattare.
Avevo nove anni ed era il giorno della mia comunione. Sono ritratta a mezzo busto, l'abito bianco che pare da sposa, perché se a nove anni sei alta un metro e sessanta e porti quaranta di scarpe, ebbé bella mia, il rischio è quello. Dicevo abito bianco, capelli scurissimi in stile Maria Piangente e cerchietto rigorosamente bianco, espressione seria, mani intrappolate da guantini bianchi e giunte in segno di preghiera e ora capisco perché.

MA COME VI VIENE IN MENTE di permettere un'umiliazione del genere.

Quella fotografia è la testimonianza scientifica che lo yeti è esistito, e si è pure riprodotto. Eccola là, la sua figlioletta. Un monociglio nero da competizione e dei baffi che Zorro l'avrebbe preso come un affronto personale.

"Bello il bianco sulle brune, SPICCA." I peli spiccano.

Osservo meglio l'obbrobrio impresso per l'eternità e concludo che quella cosa nella foto che non posso essere io sembra che stia chiedendo una grazia. O una ceretta, più facile.

Beata incoscienza, mi facevano andare in giro in quel modo forse nella speranza che un circo mi raccattasse.
Ho dovuto aspettare altri due anni prima che a mia madre venisse in mente che probabilmente era il caso di sradicare quelle setole mostruose prima che sua figlia se ne rendesse conto da sè e la disconoscesse.

La mia prima depilazione è avvenuta tra pianti e disperazioni perché obiettivamente facevo schifo, ma è anche vero che la ceretta sopra il labbro è dolorosa e a undici anni puzzavo ancora di latte, motivo per cui ME NE FOTTEVO altamente di essere la versione junior della donna barbuta. Gli ormoni dormivano tutti all'ombra di quegli arbusti facciali.

Ancora oggi, quando faccio presente alla mamma di quanto fossi un cesso da bambina, la sua risposta è:

"MA COSA DICI, ERI COSI' BELLINA...UNA BAMBINONA."

Mamma, la figlia di Shrek. E non aggiungo altro.
Si sa, ogni scarrafone...il peggio però si verifica ADESSO, alla veneranda età di venticinque anni, quando ti tocca avere un fidanzato e possibilmente tenertelo.

Allora diciamolo: i primi mesi tanta attenzione, calcoli strategici per programmare le cerette negli anni a venire in modo tale da evitare che lui confonda la tua gamba con la zampa del gatto, e poi incastri la depilazione perché sia lontana dal periodo mestruale perché non è che vai a dissanguarti davanti all'estetista, e su e giù e aspetta lui la prossima settimana non lo vedo perché è là, ah ma non posso farla adesso è troppo presto sono corti vabbè vado di rasoio, oddio sono un cactus e così via fino alla perdita dei sensi e del senso anche. Quasi quasi anche del sesso, che ti sei rotta le palle di tutte 'ste manovre e a momenti dici "io non scopo più". Oppure scopo vestita.

Poi succede che dopo diversi mesi di storia a distanza, per una serie di circostanze il suddetto fidanzato viene ad abitare con te. E tu sei così felice e romantica e vai in brodo di giuggiole.

Fino a quando ti rendi conto che devi trovare una soluzione al problema forestale. Le prime settimane ci provi eh, con impegno pure; dopo poco, però, capisci che non ce la puoi fare tra ricrescite e peli incarniti e reincarnazioni di antenati dei peli che avevi a dieci anni e bubboni e schifezze varie.
E rinunci. vergognandoti come una ladra, ma rinunci. Questa è la verità.

E lui, come la prende?

Lui non fa una piega. Lo stronzo. Per mesi sei IMPAZZITA per far combaciare tutto e mostrarti non dico perfetta ma quasi e scopri solo ora che sei al limite della sopportazione che tutti i tuoi sforzi non servivano a niente. Vai bella, se ti piace spalare la neve al Polo Nord, chi te lo impedisce.

"Amore no dai non mi toccare le gambe, ho i peli..."
"Ma che me ne frega dei peliiii!!! Ma poi dove li vedi?! Tsk...e comunque tu sei bellissima in qualunque modo..." occhi da gattomorto inclusi.

E NO, SERPE MALEFICA, COME MINIMO MI DEVI DARE UN PO' DI SODDISFAZIONE DICENDO CHE TRA ME E TEDDY BEAR E' PIU' SEXY LUI!
Ho sprecato energie, tempo, dolore, posizioni improbabili, sudore, soldi...ho anche permesso a quella cretina dell'estetista di prendermi per il culo...adesso ti faccio vedere io, me li faccio crescere fino a poterli usare per legarci degli oggetti e usarli al posto delle tasche.

Ti ritrovi a raccontarlo all'estetista che commenta dicendo "Sì è vero, ai maschi importa poco dei peli."

Soffochi la voglia di gridarle: "AUTOGOALLLLL!" e di fuggire in strada mezza nuda, con una gamba perfettamente liscia e un'altra ricoperta da un sottile tappeto erboso.