martedì 6 aprile 2010

Guitare.


Cinque dita sulle corde di una chitarra

fanno l'amore
si muovono frenetiche
poi lente, accarezzano
per tornare ad agitarsi ancora.

Gemiti a ogni tocco
note sfrenate e sensuali

Un amplesso lungo

l'osservi con occhi di voyeur
perversi e imploranti insieme.

Il piacere perfetto
immaginare d'essere quella chitarra

amata
come non sei tu

com'eri

forse una volta
tra le sue dita.

Tutto intorno è immobile

anche il tempo, stavolta l'hai fregato.

lunedì 5 aprile 2010

Parigi.


Meno di un mese dall’arrivo.
Stasera prova a buttare giù qualche riga, seduta alla scrivania del suo piccolo studio al settimo piano.
Di tanto in tanto guarda fuori, si perde un po’ nello splendido panorama dei palazzi parigini, sguardi sospirosi alla Tour Montparnasse e alla Tour Eiffel, come ogni notte charmante nel suo luccicante vestito da sera.
Dal suo nido ad altezza cielo pensa che assorbirà attraverso la pelle ogni momento di quei cinque mesi, di quell’esperienza, di quella vista, per fondersi con essa, marcarsela addosso a fuoco, possederla appieno. In poche settimane ha imparato che una città può diventare intimamente tua, in un attimo e per sempre, e perché lo sia è sufficiente divorarla con gli occhi, poi con la mente, quando passeggi per le sue strade immaginando di raccontare a qualcuno d’importante quello che stai scoprendo, quando un ristorante o una fermata di metropolitana diventano punti di riferimento che incolli nella memoria come una delle figurine che ti mancavano quando eri bambino, quando sembra di non averne mai abbastanza anche se quella città fa esondare odori, colori, luci, suoni, passioni, amarezze, entusiasmi dalle sponde della tua giovane vita.
Le passa per la testa il titolo dell’album di fotografie che sta componendo, l’ha chiamato “Les Combustibles” come il libro di una delle sue scrittrici preferite, ma il motivo vero non è questo, è che ha capito che i giorni trascorsi a Parigi sono carburante per il suo umore, lo tengono acceso e lo fanno sfrigolare.
E si consumano in fretta.
Si chiede come si possa anche solo pensare di non allontanarsi mai dal luogo in cui si è nati, per quanto lo si possa amare proprio non riesce a immaginare che non si abbia la necessità di riempirsi d’altro, di nuovo, di sconosciuto.
E’ come un neonato che decidesse di rimanere all’infinito nel ventre materno, di accontentarsi di un legame viscerale, fisico, sempre disponibile, piuttosto che dare a se stesso la possibilità di provare nostalgia per il sorriso della mamma, ritrovarlo in ogni vittoria grande o piccola, scoprire che non ci si abitua mai alla distanza dei volti amati, ma che girarsi a guardarli quando finalmente li si ritrova, quello è l’amore.
E poi…
La magia delle persone di cui non sai ancora niente o quasi, la voglia di metterle a nudo-metterti a nudo, e a volte non solo in senso metaforico.
Questa è Parigi, pensa.




(Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.
Nazim Hikmet)