sabato 24 dicembre 2011

Canto di Natale di Paperino.

Sono arrivata in FranciabarraSvizzera (dico sempre così perché siamo al confine) due giorni fa, nella confusione mentale più spinta degli ultimi vent'anni. Mi spiego meglio.

Il giorno prima della partenza sono andata a ritirare un chilo e duecento grammi di costosissimi tortellini fatti a mano, espressamente richiesti all'incirca un mese fa da mia madre per il pranzo di Natale.

"Mi raccomando visto che parti domani conservali al fresco, tipo in terrazza, poi attenta a non capovolgere la scatola non inclinarla non sballottarla curali amali sii ossequiosa nei loro confronti prima di mangiarli e digeriscili con classe", queste più o meno le parole della sfoglina autrice di cotanta opera culinaria. Un tortellino è per sempre, mi vien da dire. Altro che i De Beers.
Insomma le sante reliquie sono state adagiate sul davanzale della finestra dove hanno riposato un giorno e una notte prima di essere portate alla volta della FranciabarraSvizzera.
Volo con scalo: Bologna-Roma, Roma-Ginevra. Primo volo: ore 7.10. Orario comodo, se la sera prima sei andato a dormire alle 19.30; sveglia alle cinque per essere in aeroporto alle sei.

Ora, non so se sia stata la stanchezza, la fretta, l'attesa, un'ossigenazione cerebrale insufficiente, la vita che è come una scatola di cioccolatini, non lo so fatto sta che mentre percorrevo la scaletta che mi avrebbe condotto all'aereo che da Roma sarebbe andato a Ginevra, nefasta illuminazione: PERCHE' HO UNA MANO LIBERA?

Tragedia.

I TORTELLINIIIII LLINIIII INIII NIIII IIII..................

Manifesto affisso davanti agli occhi: SONO UN'IMBECILLE
In alternativa: MIA MADRE CI RIMARRA' MALISSIMO
Oppure: 40 EURO NEL WATER
O ancora: NO TORTELLINI, NO CHRISTMAS.

Perché sapete, quelli non erano solo tortellini, erano I TORTELLINI.

"Hai ordinato i tortellini?"
"Sì mamma li ho ordinati, stai tranquilla!"
"Eh. Ricordati di ritirarli poi!"

"Mamma ogni volta con 'sti tortellini che da portare in viaggio sono una rottura di palle."
"Eh per una cosa che ho chiesto devi fare storie e che cos'è ma è uno schifo con tutto quello che si fa per te e che cavolo ecc ecc."

Non so se mi spiego: con la mia dimenticanza è un po' come se avessi bruciato la bandiera della pace in pubblica piazza.
Credo seriamente che nel realizzare di averli lasciati sull'autobus avessi la stessa faccia di uno a cui hanno appena dato un pugno nello stomaco.
Ho preso posto sull'aereo, il sedile mi sembrava fatto di ceci. Ero sul punto di lasciarmi ufficialmente andare alla disperazione quando lo steward mi ha regalato speranza.
L'ho guardato con un'espressione che neanche mi trovassi in chiesa a chiedere l'elemosina.

"Scusi, mi è appena venuto in mente che ho dimenticato una cosa sull'autobus..."
"Ah, adesso vediamo che possiamo fare, non si preoccupi."
"Grazie mille."

Nell'attesa ho mandato una decina di messaggi alla mamma (in parte anche per darle il tempo di sbollire il nervosismo per la notizia) pregandola di non rimanerci troppo male perché proprio non avrei voluto e non so come sia potuto succedere e sono proprio una cretina e mi dispiace e sono mortificata ecc. ecc.

Risposta: OK.

Pensandoci, credo che andasse letta al contrario: KO.

"Abbiamo chiamato l'autista, stiamo controllando eh?"
"Ok la ringrazio, è gentilissimo."

Alimentata da nuova speranza come un uccellino appena nato. Appunto, non era speranza, era un verme.

"Signorina non c'è niente sull'autobus, mi dispiace."
"...ah...ok...grazie, non importa."
"No mi dispiace, magari era un regalo..."

Non lo so, se al posto del dito ci vuoi mettere una gamba intera nella piaga, fai pure eh.

"Sì guardi ma non fa niente, grazie per il tentativo."

NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ma com'è possibile? Non è possibile, è ovvio, visto che li avevo dimenticati sul primo autobus, quello che dall'aereo proveniente da Bologna ci ha scaricati alla zona dei transiti internazionali consentendoci di raggiungere il secondo autobus e di conseguenza il secondo imbarco.

Bene, brava, BIS.

Arrivata a Ginevra avrei preferito mandare avanti il mio zaino perché incontrasse lui per primo mia madre e mia sorella, che nel vedermi si sono comportate come se l'incidente diplomatico non si fosse mai verificato. Adorabili.
Hanno rimediato riempiendomi successivamente di battutine alle quali non mi è parso il caso di replicare.
Dulcis in fundo, a casa dei miei ho cercato per una ventina di minuti il cellulare che avevo lasciato in macchina.

Non so a chi ho affittato il cervello, per intenderci.



Buon Natale a tutti. Vi voglio bene!

mercoledì 14 dicembre 2011

Dell'Umana Commedia.

Nel tuo girone personale
prendi dentro anche me;

non per restarci

ma per venirne fuori
trascinandoti con me.

mercoledì 7 dicembre 2011

Dis-ordinaria quotidianità.

"Hai visto esattamente dov'è? Ci sai arrivare?"
Annuisce e dice: "Tranquilla, cE penso io."

Brividi lungo la schiena.
Accendi il tuo bollitore interno e sei già pronta a borbottare, fischiare, esplodere come una pentola a pressione.
Dice che lo sa e poi vagate, vagate, vagate...lui ride-scherza-la serenità personificata. Tu speri solo che abbia la solita botta di culo, che in altro modo non si può chiamare, e che trovi il famigerato luogo che state cercando.

Ciononostante, quella mattina decidi di non replicare e lasciarti stupire. Sì, tutto sommato è domenica...slow living please. Chi te la fa fare d'incazzarti nel giorno del Signore. Poi s'offende.

Uscite di casa -le chiavi ce le ho io ce le hai tu vabbè purché qualcuno chiuda - e vi incamminate verso l'automobilina che vi condurrà (speri) al magnifico centro commerciale dove avete intenzione di comprare questo mondo e anche quell'altro. A come pagarli ci penserete dopo, visto che i contanti farebbero meglio a chiamarsi conpochi, piuttosto che insistere con manie di grandezza francamente irrealistiche.

E insomma cincischiate e tubate come tortorelle mentre imboccate la via in cui la macchinina vi attende, ansiosa di portarvi verso l'infinito e oltre...

"Non c'è."
"Come non c'è?"
"Eh, non c'è."

Rimossa neanche mezz'ora prima e per la seconda volta in un mese e mezzo. Record del mondo, probabilmente. Anzi no. Senza dubbio.
La prima volta c'era la pulizia della strada, stavolta un bel divieto di sosta.

#@/&%#!$#&%"%&#?#@&%$!

Spazio all'immaginazione.
Per chi preferisce i puntini, eccoli.

..........................

In questo momento tu non sai bene che fare, se non offrire una faccia contrita e unirti al turpiloquio con grande enfasi. In questo modo vi caricate a vicenda tra cazzi, mazzi e stronzi vari, dal vigile che ha fatto la multa al residente che deve aver chiamato il carroattrezzi.
Prendete un taxi per andare a recuperare il quattroruote al deposito, e durante il tragitto rimanete in religioso silenzio per non turbare il povero tassista, consci del fatto che in quel momento sareste capaci solo di continuare a inveire contro tutto e tutti.
Infatti riprendete- esattamente da dove avevate iniziato- appena arrivati a destinazione.

La piccola è là, sola e infreddolita. E lurida, ma questo non c'entra niente.
Rimettete su strada il mezzo, alla modica cifra di centoquaranta euro + IVA (Ira, Vergogna, Angoscia).

Il tuo compito a questo punto è sdrammatizzare per consolare la tortora dalle ali spezzate che hai a fianco.

"Bè, l'altra volta è andata peggio no?"
(Centosettanta euro)
"Eh infatti. Che culo."

Scegli nuovamente il religioso silenzio di cui sopra, considerato che le tue capacità dialettiche pare siano state rimosse anche loro.
Ti concedi di annoiarti per un paio di minuti.

"Dobbiamo mettere benzina. E' in riserva già da un po'."

Meno male oh,avevo proprio bisogno di un po' di suspence. Riusciranno i nostri eroi a evitare di spingere e arrivare a quel fottutissimo centro commerciale?

"Siamo in città, lo troviamo subito un benzinaio."

Ora, io non vorrei, proprio non vorrei cadere nella banalità delle ultime parole famose.
L'uso del condizionale non è casuale.

"Oh ma pare che cE sta 'na fatina che quando passiamo noi fa sparire tutte le stazioni di servizio, è incredibile."

In lontananza vedete pompe di benzina pronte a nutrire il vostro bolide, ma poi non si sa bene quali assurde circonvoluzioni facciate per perderle di vista. Tu abiti lì da SETTE anni eppure non hai la più pallida idea di dove si debba andare. D'altra parte, in macchina ci sarai stata dieci volte in sette anni e non guidavi neanche.
Aprire una parentesi sul tuo senso dell'orientamento non conviene, perché non si tratterebbe di una parentesi ma di una paresi. Spazio-temporale.

La Peugeot non vi tradisce, comunque, e dopo km e km di labirintici auto-avvolgimenti riuscite ad abbeverarla e a ricominciare a usare il suo novello carburante per i vostri giri non-sense, alla disperata ricerca della strada di casa.

Condividete sorrisi stanchi, e del centro commerciale non se ne parla più.
Il nuovo miraggio ha la forma di un divano che forse riuscirete a raggiungere prima che volgiate a termine anche voi insieme alla giornata.

martedì 29 novembre 2011

Oltre alle gambe c'è di più.

Te ne accorgi quando arriva la Sindrome dell'Abbandono, quando inizi a rimuginare su particolari insignificanti, anzi no, inesistenti.

"Non mi ha detto che mi ha pensato tanto oggi"
"Mmm, si comporta in modo strano"
"Non è stanco, sta cercando di evitarmi"
"Una mattinata intera senza un messaggino? C'è qualcosa che non va"
"Non è vero che non ha capito, non mi sta ascoltando. Che stronzo"

Quindici secondi dopo aver formulato l'insano pensiero, la res cogitans tira il freno a mano per dire "ALT! Ci risiamo. Datti una calmata, stai vaneggiando più del solito. Sono gli ormoni. Rompono i coglioni una volta al mese da tredici anni, perchè non ti ci abitui?!"

Perciò tu lo sai che sono LORO, i maledetti, però t'incazzi come una belva quando la gente (e in modo particolare il tuo ragazzo, lui lo sgozzeresti proprio, quando te lo dice) risponde al tuo nervosismo ingiustificato chiedendoti: "Hai le mestruazioni per caso?"
La replica immediata è, intonata a volume spropositato tanto per non dare ulteriori conferme all'interlocutore:"CHE C'ENTRANO LE MESTRUAZIONI?! SEMPRE CON LA STESSA STORIA! QUANDO NON SAI CHE DIRE TIRI FUORI 'STE CAZZATE!".
Sì, infatti.
A quel punto te ne vai con un motore a scoppio nel cervello e le sopracciglia increspate. Sembri un fumetto demenziale e lo sai. Anche per questo, forse, nel giro di tre minuti ti sgonfi come un palloncino vecchio. La differenza rispetto all'esordio, però, è che adesso un motivo per rimuginare ce l'hai veramente, visto che ti sei comportata come un chihuahua isterico e il povero cristo che ha avuto la fortuna di beccarti nel momento migliore, adesso di te ne ha le scatole piene.

Questo ragionamento ti mortifica definitivamente. Ti scende una tristezza che neanche dovessi portare sulle spalle tutti i mali del mondo. A salvaguardia della tua moribonda dignità interviene ancora una volta la vocina coscienziosa:"Ehi, di emozioni fondamentali ne abbiamo sei: gioia, disgusto, paura, rabbia, sorpresa, tristezza. Dobbiamo passare per tutte, o visto che due ce le siamo già giocate possiamo optare direttamente per la prima, adesso, prima che la tua vita sociale sia rovinosamente compromessa?"

La risposta chiaramente è NO.
Ti trascini come una biscia dal ragazzo, amica/o, familiare su cui hai infierito e non trovi niente di meglio da fare che commuoverti. Sbrodoli come una lumaca. Sei moscia come una lumaca senza guscio. Rincari la dose facendo la voce da bambina cretina (se hai a che fare col tuo ragazzo o con la mamma, con gli altri tenti di contenerti ma il tuo sguardo da triglia lessa è quasi peggiore) iscrivendoti ufficialmente all'Albo dei Patetici.

La persona che hai di fronte ti vuole molto bene, ti conosce anche di più e sa che normalmente sei abbastanza in asse, per quanto la tua dote migliore non sia sicuramente l'autocontrollo.
Ti dice "Ok, non ti preoccupare, non mi sono mica arrabbiato" e nel frattempo pensa a quanto gli fai pena (questo lo pensa solo se è un uomo, perchè le donne conoscono benissimo quella sensazione di furore che ti scatta prima e durante il sanguinolento periodo).
Se sei fortunata azzarderà anche un abbraccio, ma ricordatelo bene, non è amore. E' compassione.

Quasi sicuramente da allora in avanti il soggetto in questione non oserà contraddirti neanche se ti verrà in mente di dirgli che hai visto il tuo gatto trasformarsi in uno scoiattolo volante. Quando succederà dovrai riconoscergli quantomeno un'incontenibile voglia di vivere, o sopravvivere, dal momento che starà cercando in tutti i modi di non farsi sbranare da te.

Ecco, tutto questo per precisare che in tempo di mestruazioni la democrazia non esiste. Al contrario, vige una dittatura contrastabile con un unico mezzo: la resistenza.

Come si dice, cicli e ricicli storici, giusto?

venerdì 25 novembre 2011

Nell'epoca insalubre

Nell'epoca insalubre
delle promesse disattese
ho un Io vanaglorioso
da tenere a bada.

Pare sia normale
costruire il futuro con mattoni di gesso.

Tu preferisci usarli per scrivere il tuo dissenso
sulle pareti ipotetiche
della tua vita.

Guardi la polvere che ti rimane addosso
incollata ai polmoni e alle dita
è come borotalco,
meno dolce.

Concludi sconsolato

in questo mondo
l'apparenza inganna
il più delle volte
anche me.

martedì 22 novembre 2011

J'accuse.

La rabbia sale specialmente quando cammino su strade che conosco alla perfezione, quando non ho bisogno di prestare attenzione al mio percorso. Succede quasi ogni mattina.
La rabbia è un'emozione corrosiva, ti scava buchi dentro che poi ti metti a riempire con quello che di bello ti capita nel corso della giornata. E di bello c'è sempre qualcosa, non è questo il punto. Il fatto è che le toppe si vedono e raramente il prodotto finale è migliore di quello iniziale.
Scrivo queste parole perchè ho venticinque anni e almeno il doppio di sogni. Un anno fa erano il triplo.
Scrivo perchè lì dove muoiono i sogni ci sono i buchi. E scrivo anche perchè oggi sono costretta ad arrabattarmi perchè non se ne facciano altri e passo il mio tempo a tappare quelli che ci sono già.
Eppure sono giovane, libera, amata, piena d'interessi. Fortunata, in una parola. Come me, tanti amici e amiche che condividono altri pezzi di una buona stella che ringraziamo ogni giorno, perchè non siamo degli ingrati nè degli stupidi.
Ma chi crede che quello che abbiamo sia sufficiente, si sbaglia. Basta un solo nemico a svalutare il nostro ricco bottino. Si tratta di un nemico che si maschera dietro facce sorridenti e falsamente bendisposte, dietro le bugie di un sistema che si riempie la bocca di paroloni dei quali non conosce il significato. Il nostro nemico si chiama Povertà di Orizzonti.
Lasciamo correre un po' la fantasia. Immaginate il Sole senza l'orizzonte. Avrebbe senso? Eppure il sole è pieno di energia, dà calore, è estremamente luminoso, indipendentemente dal resto. Ma il Sole senza un cielo e un orizzonte è niente.

Torniamo alla realtà, a quella dei famosi "giovani d'oggi". Se ne dicono di ogni.

"I giovani d'oggi non hanno voglia di fare niente."
"I giovani d'oggi pretendono troppo."
"I giovani d'oggi hanno troppo e non sanno cosa vuol dire guadagnarsi il pane."
"I giovani d'oggi non hanno più valori."
"I giovani d'oggi non hanno obiettivi."
"I giovani d'oggi sanno solo lamentarsi ma poi non fanno niente per cambiare le cose."

Una marea di minchiate.

Esiste una forza che spinge le persone di qualunque età, una forza che si chiama MOTIVAZIONE. A Psicologia ti insegnano quanto è importante, quanto sia difficile andare avanti senza. T'insegnano anche cosa riesce a motivare le persone: la considerazione, il rispetto, l'equità, la soddisfazione, la percezione di utilità per se stessi e per gli altri, i riconoscimenti. E tante altre belle cose.

Teniamolo bene a mente, quando spariamo a zero.

Prendiamo il giovane tipo italiano, quello che ha avuto la fortuna non da poco di crescere in un ambiente equilibrato, che ha completato gli studi superiori e si è iscritto all'università. Può darsi che abbia perso una sessione d'esami, anche due, ma è una persona che ha voglia di fare e lo fa. Ce ne sono milioni, di persone così. Studenti di qualunque facoltà.
Lasciamolo qualche anno a rendersi conto di dove sia finito.
Diamogli il tempo di accorgersi che le gerarchie non hanno la funzione di permettere la trasmissione dei saperi dai più anziani ai più giovani ma vengono utilizzate per stabilire dei confini netti e distinguere tra privilegiati e non. Lasciamolo per settimane a cercare di rintracciare un professore per e-mail o al ricevimento settimanale.
Guardiamolo mentre legge la prima di una serie di risposte sgarbate ed evasive. Accompagniamolo agli esami, dove il figlio di Mazinga prende trenta senza spiccicare quasi parola.
Nel frattempo diciamogli anche che quella bellissima ricerca alla quale avrebbe voluto partecipare non si farà, perchè mancano i soldi che non si sa che fine abbiano fatto, perchè una volta c'erano.
Insegniamogli tanta di quella teoria da riempirci un'enciclopedia, ma non pensiamoci neanche a fargli fare qualcosa di pratico e lasciamo tutto in mano ai settantenni. Tanto un medico mica ha bisogno di imparare il suo mestiere. Facciamogli inventare di sana pianta una tesi perchè i relatori non hanno il tempo di seguire i loro laureandi e anche perchè "la tesi non la legge nessuno". Impediamogli di parlare, perchè il coltello dalla parte del manico non ce l'ha e nonostante tutto lui ha ancora voglia di laurearsi. E se parla, diciamogli che la sua è polemica sterile.
Osserviamolo sorridere il giorno della discussione.
Mandiamolo a fare praticantato o tirocinio per l'iscrizione all'Albo, oppure mandiamolo direttamente alla ricerca di un lavoro.

Nel primo caso coloriamo i siti degli Ordini di regolamenti su come i tirocini professionalizzanti dovrebbero essere, e poi facciamo esattamente il contrario di ciò che abbiamo formalmente istituito:

-Diamogli dei compiti che anche un invertebrato sarebbe in grado di fare
-Lasciamolo delle ore a fare niente
-Non spieghiamogli perchè deve svolgere certe attività, nè quando nè come
-Teniamolo in azienda, in ufficio o in ospedale il doppio delle ore in cui dovrebbe essere presente
-Parliamo a voce bassa in sua presenza quando non vogliamo che ascolti le nostre conversazioni
-Evitiamo di ricompensarlo anche quando fa qualcosa di buono.

Nel secondo caso, invece, diamogli un lavoro malretribuito, magari lontano dalle sue aspettative, stipuliamo un contratto a tempo oppure facciamolo lavorare in nero. Diciamogli anche che è fortunato, perchè con la crisi lavoro non ce n'è. Se è donna, al colloquio chiediamole se ha intenzione di fare dei figli. Se l'assumiamo, facciamo in modo che il suo stipendio sia inferiore a quello medio degli uomini.

In ogni caso, alla sua frustrazione rispondiamo col solito: "E' così ovunque, è la gavetta." Non serve, per consolarlo, credeva che gavetta fosse lavorare tanto, anche senza retribuzione, ma ricevere in cambio esperienza e competenze.
Dovrà rivedere un'altra delle sue convinzioni. L'ennesima.

Lasciamolo quindi a ribollire di rabbia e di sogni mancati.
Invitiamolo a tenere la testa bassa, a guardare a terra e a dimenticare quell'orizzonte che prima distingueva benissimo.
Ogni tanto ricordiamogli che la motivazione nella vita è fondamentale. Prendiamolo per il culo, forse a un certo punto comincerà a piacergli.

...

Già ti ci vedo, a leggere le mie parole. Ti sembreranno estreme, forse ti ricorderanno una litania e penserai di me quello che ti fa comodo pensare: che ognuno ha quello che si merita, e che non a tutti succede quello che ho raccontato.
E' vero, non succede a tutti. Poco importa. A me basta che succeda a molti.

E ti dirò di più

So di non meritarlo
so che mi difenderò fino all'ultimo
perchè io riesca a concedere al mondo
quanto di buono ho imparato
quello che so fare
quello che ho da dire
e combatterò anche perchè tu
possa dire la tua.
Tu che sei la goccia nell'oceano
quella che ci crede
in me, in te e in noi
non ti lascerò sprofondare con loro.
Non permetterò a nessuno
di farmi rinunciare alla mia intelligenza
lotterò anche per la tua
noi
non diventeremo come te
venduto alla disillusione.
Non lo faremo
perchè noi siamo Poveri di Orizzonti
ma voi non sarete mai ricchi come noi.
Noi siamo I GIOVANI D'OGGI.

lunedì 7 novembre 2011

LA TAGLIOLA

Un sorriso metallico scattò sul volto rugoso. Se gli avessero chiesto di descriverlo, avrebbe detto che gli ricordava la tagliola a denti stretti, la stessa che tante volte aveva visto chiudersi implacabile sulla zampa della volpe, o quel che era. Quell’aggeggio infernale, che aveva posizionato in punti strategici per vent’anni, lo strumento che lo faceva sentire forte e capace di decidere della vita o della morte di un essere vivente, adesso era lì, di fronte alla sua faccia, minaccioso come non mai, a fargli passare in rassegna gli occhi e i lamenti morenti degli animali che aveva ammazzato.
Aveva capito da un pezzo che non avrebbe mai più cacciato. Era diventato la preda, la cavia da esperimento in attesa di sevizie che dimostrino al mondo l’inutilità della vita quando non è la tua.
Il suo aguzzino non si accontentava di sorridergli a quel modo, lo torturava guardandolo con gli occhi di un passato che era stato abortito. E gli raccontava delle storie, mentre lui se ne stava legato sul gabinetto. In questo modo, gli aveva detto il suo carceriere, non dovrò prendermi la briga di pulire la tua merda.
Da quanto andava avanti così? Una settimana, un mese? Seymour non lo sapeva, e aveva smesso di chiederselo. Desiderava soltanto che la fine arrivasse presto, e che quei racconti cessassero.

“Ti ricordi, Seymour…eri solo un bambino. Tuo padre cercava d’insegnarti l’arte della caccia, e tu cosa facevi? Te ne stavi tutto il tempo a salvare quaglie e cerbiatti dalle sue trappole. Poi tentavi di distruggerle, e tuo padre non faceva che riempirti di botte. La senti questa canzone, Seymour? E’ la stessa che c’era in quei giorni, solo che la cantava tua madre. Era lei a consolarti, quando piangevi e non riuscivi a muoverti per giorni interi a causa del dolore del bastone di tuo padre. Era quello che voleva, immobilizzarti per impedirti di rovinargli la festa nel bosco. Gli piaceva ammazzare, a tuo padre. E anche a te piace farlo, vero? Cantala con me, Seymour, è una bella canzone, non trovi? Aveva una bella voce, tua madre.

Talk to me softly, there’s something in your eyes…Don’t hang your head in sorrow,
and please don’t cry…I know how you feel inside,
I’ve been there before…

E poi, Seymour? Cos’è successo poi?”

Lui gridava sempre, a quel punto, per farlo smettere. E la tagliola scattava. Quel maledetto ghigno.
Don’t cry dei Guns N’ Roses, sarebbe stato meglio morire, che ascoltarla ancora.
Rivedeva il volto pulito di sua madre, le sue mani morbide che sembravano poter lenire qualunque dolore, fuori e dentro di lui.
E pensare che l’aveva cancellata, quel giorno e per vent’anni.
Era un adolescente sbarbato, una volta, ma coraggioso. Non aveva mai smesso di distruggere le trappole di suo padre, si era abituato alle botte, alla puzza di vino quando lo picchiava, ai tentativi di sua madre di soffocare i gemiti di dolore quando la violentava. Seymour ci riusciva perché aveva uno scopo. In ogni uccello, volpe o cervo che salvava, ritrovava la gratitudine che vedeva negli occhi di sua madre, quando lo stringeva forte e gli faceva capire che riusciva ancora a vivere solo per merito suo. Quanto avrebbe voluto salvarla.
E quel giorno aveva corso a fiato perso tra gli alberi, non aveva badato ai rami che lo graffiavano, ai sassi che lo facevano inciampare. Aveva corso e basta, al primo grido.
Aveva da poco liberato un cinghiale, ci aveva impiegato un’ora buona, perché quello era grosso e spaventato e ferito e aggressivo.
Ce l’aveva fatta, alla fine. L’aveva guardato allontanarsi grugnendo, e aveva sorriso alla vita, che a volte sapeva essere così bella.
Poi l’aveva visto. Suo padre era rimasto a osservare tutta la scena. Gli aveva fatto cenno di sì col capo, sembrava incredibilmente tranquillo. Si era allontanato, col suo fucile.
Pochi minuti dopo, uno sparo. E l’urlo disperato di sua madre.

“L’hai ammazzata tu, Seymour, lo sai? Non avresti dovuto contraddire ancora tuo padre. Te lo ricordi, il seguito?
Sei riuscito ad abbracciarla un’ultima volta, mentre il sangue usciva e ti sporcava le mani. Per la prima volta hai cantato tu per lei, Seymour.

Give me a whisper,
and give me a sigh…Give me a kiss before you
tell me goodbye…Don’t you take it so hard now,
and please don’t take it so bad…I’ll still be thinkin’ of you
and the times we had, baby


E’ stata la sua unica richiesta, prima di crepare al posto di un cinghiale. E’ stata dura, eh? Eppure quale metodo più efficace, per insegnare a un figlio l’arte della caccia? Da quel giorno non hai fatto altro che uccidere qualunque cosa viva ti passasse davanti.”

Seymour piangeva, per la prima volta dopo vent’anni. Tutto il passato che non gli era stato concesso di vivere gli si riversava addosso, gorgogliando come un tubo di scarico intasato.
Dopo la morte di sua madre, aveva perso lo scopo. Ne aveva trovato un altro, per puro spirito di sopravvivenza. Era diventato il cacciatore migliore del paese. Spietato, gelido. Nessuna donna si era mai avvicinata a lui. Poco importava. Lui non amava, non ne aveva bisogno.
Viveva all’aperto, i suoi amici erano un coltello, un fucile e una tagliola, la stessa da cui aveva liberato il cinghiale.

“Tuo padre, Seymour, ricordi, è morto pochi anni dopo. Hai trovato il suo cadavere nella vostra casa, forse un infarto. L’hai dato in pasto alle bestie del bosco. Crudele, il piccolo Seymour. E pensare che sembravi un agnellino, tanti anni fa. Si cambia in fretta.
E di me che ne dici, ti sembro cambiato da allora?”

Seymour era sicuro di non aver mai visto il suo torturatore prima che lo sequestrasse. Gli ripeteva ogni giorno che non sapeva chi fosse, che non avrebbe mai potuto dargli la risposta che voleva, perché il ricordo non c’era, nella sua mente. Non era mai esistito.
E alla fine crollava, esausto, si addormentava e sognava continuamente sua madre. Sua madre e il suo calore, sua madre che gli chiedeva perdono, per cosa poi, sua madre che cantava, sua madre che moriva.
Si svegliava di soprassalto, quando l’uomo che lo teneva prigioniero lo schiaffeggiava col suo sorriso di tagliola arrugginita.
Cosa vuoi da me, gli gridava, perché non mi uccidi e basta, chi sei.
Poi aveva capito.
Un particolare, insignificante e fondamentale, l’aveva catapultato a quell’attimo lontanissimo. Quella voglia viola, sul collo del suo aguzzino, era la stessa che aveva attirato la sua attenzione tanti anni prima, quando aveva spiato sua madre e quell’uomo sconosciuto tenersi allacciati come se non ci fosse stato un domani.
E un domani non c’era stato.

“Tua madre era innamorata di me. Io di lei, Seymour. L’amavo più di ogni altra cosa al mondo. Non era facile stare con lei, sai? Riuscivamo a vederci solo quando tuo padre andava a caccia nella riserva di Shaw. Rimaneva fuori tutto il giorno, quel porco, e lei finalmente non era terrorizzata all’idea che tornasse da un momento all’altro. Le chiedevo ogni volta di fuggire via con me, di lasciarsi tutto alle spalle. Meritava una vita, tua madre.
Aveva troppa paura, e non ti avrebbe mai lasciato. Le dicevo che saresti venuto con noi, che ti avrei protetto come figlio mio. Non sono mai riuscito a convincerla, sai Seymour? Temeva che tuo padre avrebbe setacciato palmo a palmo ogni luogo conosciuto e non avremmo mai avuto pace. Un giorno fece un errore, l’unico della sua breve vita. Mi disse che se non avesse avuto un figlio, avrebbe tentato la fuga, ma il senso di responsabilità nei tuoi confronti le impediva di fare una mossa tanto azzardata, non voleva che ti succedesse qualcosa di peggio di quello che stavate vivendo. E’ stato un inferno, Seymour.
Una volta ti teneva in braccio, avrai avuto poco più di un anno, e la sentii cantare per la prima volta quella canzone.
Capii che amava te più di quanto avrebbe mai amato me. L’avrei accettato, Seymour, se lei non fosse morta a causa tua.
Da quando è successo, non ho fatto altro che sognare di ucciderti. Ti ho odiato e negli anni l’odio non si è spento. Mi hai rovinato.
Sfortunatamente, però, sei sempre stato troppo abile col fucile e col coltello, e non mi sono mai arrischiato ad avvicinarmi, fino a quando la tagliola non ti ha tradito, scattando al momento sbagliato e mozzandoti le dita della mano destra. Ho capito che era finalmente arrivato il momento, Seymour.
Adesso pagherai. Per me, per lei, per noi e anche per il bambino che eri e che hai ucciso insieme a tua madre.”

I denti della vecchia tagliola affondarono lentamente nel collo di Seymour. Il sangue iniziò a bagnargli le spalle. Guardò il suo carnefice ancora una volta, e realizzò che anche lui, il vecchio Devis Slinger, stava piangendo.
Chiuse gli occhi per respingere le lacrime amare, mentre sentiva rinascere nel petto il ragazzino di un tempo.
In sottofondo, la colonna sonora delle loro vite rubate.

But you’ll be alright now sugar,
you’ll feel better tomorrow…Come the morning light now baby,
and don’t you cry tonight.

domenica 30 ottobre 2011

Mia mamma

La mia mamma mi ha regalato una sciarpa che aveva comprato per sé.
Gliel'ho vista addosso, l'ho provata e lei me l'ha lasciata.

Adesso ho calore, morbidezza e l'odore più buono del mondo.
La mia mamma è in puro cachemire.

martedì 25 ottobre 2011

ATTILA re delle crostate.

Quando realizzi che il caos in casa tua riflette quello che hai in testa, è troppo tardi. Hai già DEVASTATO la cucina scegliendo il periodo più sbagliato per preparare una crostata ricotta e cioccolato.Quando faccio delle cazzate, mia nonna e mia madre usano quest'espressione:"Mirà, il cervello non ti accompagna." Ovviamente hanno ragione, e non saprei spiegare meglio il concetto.

Ma torniamo alla crostata.
Hai una cena quella sera, hai promesso di portare il dolce, calcoli che hai tre ore di tregua tra l'uscita dall'ufficio e l'ingresso nel centro estetico dove ti hanno giurato che ritornerai donna e presentabile, adorabile connubio.
Questa serie di sfortunate coincidenze ti induce quindi a pensare che:

1)farai la splendida portando un dolce elaborato e non la solita ciambella;

2)la pasta frolla la farai TU, non oserai comprarla già pronta perchè altrimenti il tuo flaccido ego non riuscirà a gonfiarsi a sufficienza;

3)non importa se dovrai calcolare i tempi al millisecondo rischiando di arrivare tardi al centro di scuoiamento.

Trascuriamo l'uscita precipitosa dal lavoro, la corsa fino al supermercato per l'acquisto degli ingredienti e il quarto d'ora di catatonia davanti a Facebook. Routine.
Finalmente inizi la preparazione del magico dessert.
Prendi il pianale in legno che trovi nella credenza, sposti alla bell'e meglio l'iradiddio che c'è sul tavolo della cucina e unisci zucchero e farina. Forse già a questo punto dovresti capire che il pianale è troppo piccolo: l'embrione d'impasto straborda da ogni parte. E invece NO, chissenefrega, spingi e spingi anche da un coniglio può venir fuori un vitello. E' risaputo.
Prosegui imperterrita unendo i due tuorli d'uovo più un uovo intero a quella massa informe; quando hai le mani irrimediabilmente impiastricciate e collose, un lampo di genio ti informa che prima d'iniziare non hai tolto i tre anelli e il bracciale che indossi sempre. Giri allora la testa da una parte all'altra con aria ebete e incredula, probabilmente alla ricerca di una qualsiasi ancora di salvezza, poi ti rendi conto che l'unica soluzione è sfilarli dalle dita (il picco d'intelligenza l'hai già raggiunto con la decisione di utilizzare il pianale in legno. Tutto il resto è storia). Cominci ad avvertire un certo nervosismo, ma continui comunque a dar da mangiare al pavimento impastando la poltiglia giallastra come un'invasata, fino a ottenere un oggetto vagamente tondeggiante che avvolgi nella pellicola e infili nel frigorifero per la mezz'ora necessaria. Evvai, la pasta frolla è fatta. La preparazione del ripieno si rivela molto più semplice, anche perchè ormai quasi tutto quello che c'è da sporcare è già sporco. Alla fine, però, riesci a fare anche di meglio: dopo aver imburrato e infarinato la tortiera (ovviamente imbiancando abbondantemente il lavello,che da volgare campo di battaglia diventa campagna di Russia), ti adoperi per adagiare la frolla che si ribella prepotentemente rompendosi in più punti. Ok, illuminazione numero tre: questa tortiera è troppo grande. Ci sei arrivata, meglio tardi che mai. Replichi la reazione successiva alla scoperta degli anelli e fai ballonzolare la testa da una parte all'altra rendendoti simile a quei cani orrendi che andavano di moda tempo fa. Quelle porcherie che si mettevano sul cruscotto, insomma. Ti risvegli, riappallottoli la pasta frolla che è più stanca di te di tutti 'sti sbattimenti, recuperi un'altra tortiera sporcando anche TUTTE le ante del mobile della cucina, e a metà strada tra isteria e delirio riesci finalmente a completare l'opera e a infornarla.
Hai perso sette anni di vita (volendo essere ottimisti, eh), ne perderai almeno altri sette grazie alle pulizie che ti tocca fare. Scrosta l'impasto incollato al pavimento, al tavolo, al lavello, ai vestiti, all'anima. Elimina le ditate bianche e unte, spazza lava asciuga RESISTI NON MOLLARE DAI CHE CE LA FAI.

Inutile dire che il momento più rilassante della giornata l'hai passato dall'estetista (il che è tutto dire).

(La stramaledetta crostata è venuta buona, comunque). Diciamo che te lo doveva.

lunedì 17 ottobre 2011

Io di politica non ci capisco un cazzo.

Io di politica non ci capisco un cazzo.

Non so cosa vuol dire governare un Paese
non saprei riformare la scuola
non conosco a memoria la Costituzione
non saprei gestire il rapporto tra Stato e Chiesa
non saprei scegliere un buon sistema elettorale
non saprei far quadrare il bilancio dello Stato
non conosco le procedure utilizzate per approvare una nuova legge
non saprei occuparmi di relazioni internazionali
non saprei garantire pari opportunità
non saprei progettare strategie per difendere l'ambiente

e ancora

non so come funziona un centro sociale
non partecipo quasi mai alle manifestazioni in piazza
ammiro vigliaccamente da lontano i pacifici che protestano per giuste cause
non capisco mai se le giuste cause sono veramente giuste.
Non capisco i black bloc, gli antagonisti, gli anarchici
non capisco gli estremisti di sinistra, e neanche quelli di destra
non so neanche se la loro sia politica.
Non so a cosa possa servire
distruggere vetrine
incendiare auto
nè gridare a morte gli sbirri.
Non saprei dire se le cariche della polizia siano indispensabili ogni volta che vengono usate
e non so neppure se tutti i poliziotti usino il manganello solo se costretti a farlo.


Però
ci sono tante altre cose che so.


So cos'è l'onestà
verso se stessi prima di tutto
e verso gli altri dopo
forse è un po' la stessa cosa.

So cos'è il senso di responsabilità
so cos'è l'impegno
e so quanto sia frustrante
non andare da nessuna parte
quando sapevi benissimo dove saresti voluto arrivare.

So com'è sentirsi soddisfatti per un buon lavoro
e so che un sorriso di approvazione
un incoraggiamento
una promozione
un premio economico
non si chiamano incentivi
si chiamano necessità.

So che tra il bianco e il nero
c'è un'infinita scala di grigi.
So che la stanchezza può annebbiare la vista e farlo dimenticare,
ma se riesco a ricordare
che il mio colore preferito
può non essere il tuo
anche quando sarò stanca
saprò che non ho bisogno di convincerti del contrario.

So che donne e uomini non saranno mai uguali
d'altra parte
trovami un uomo che sia uguale a un altro uomo.
So che uguali sono
(dovrebbero essere)
diritti e doveri
e naturalmente
anche i piaceri.

So che il mio pianeta
non è mio
mi sono sempre sentita una sua ospite
e cerco di mantenermi impeccabile e gradita
anche perchè
se l'ospite dopo tre giorni può puzzare
figuriamoci dopo una vita.

Conosco l'importanza della credibilità,
la consapevolezza che se siamo sulla stessa barca
i miei errori diventano i tuoi
e noi non abbiamo alcuna intenzione di affondare.
So che se sbaglio
so riconoscerlo, so chiederti scusa e a volte so anche rimediare.
Una volta si chiamava umiltà
prima che venisse soppiantata
da una moda dilagante
quella di pararsi il culo
soli
o a vicenda.

Capisco l'importanza di una morale
che non sia bigotta
ma difenda la normalità della diversità
un codice di comportamento
che mi lasci la libertà della mia vita privata
senza privarti di scegliere la tua.

So cos'è la violenza,
conosco la rabbia e la voglia di gridare
ma so ancora più forte
che dal primo schiaffo in poi
sarò io ad avere torto.

So che c'è una bella differenza tra il potere e il poter fare.

Conosco bene la mia cultura
e l'orgoglio di essere italiana
ma conosco anche
l'orgoglio di essere un'umana
e quindi

italiana
indiana
argentina
giapponese
australiana
americana
israeliana
palestinese
keniota
russa

e così via.

So quasi sempre
cosa è giusto e cosa è sbagliato
e quando non lo so
mi fermo a pensare
oppure vengo da te
Tizio, Caio o Sempronio
perchè ne sai di più
e io posso imparare.

Conosco le voci dell'ignoranza
della rassegnazione
del disincanto
e so che quando arrivano
qualcosa è andato storto
e non è colpa di nessuno
se la colpa non è di tutti.

Forse io, di politica, un po' ci capisco.

venerdì 14 ottobre 2011

Richieste

Non interrompere l'ascolto delle tue parole

dovresti averlo capito
le amo più dei miei pensieri.

Fai come ti chiedo

incolla il mio orecchio al tuo petto
con la mano coprimi l'altro.

Lasciami sentire

quel movimento di cuore
di muscolo veloce e sicuro
e da lontano le parole
che gli metti vicino.


Componi il silenzio delle cose
che non sono noi.


Dillo al tuo cuore
d'insegnarmi la responsabilità naturale di una vita.


Permettimi

di accompagnarlo a combattere
con quella pazza sicurezza
di chi va avanti senza domande
con la sola convinzione
di rimanere indispensabile

nell'oggi e nel domani.

martedì 4 ottobre 2011

Tempo indeterminato

Cos'è poi l'amore
una cosa semplice;

incontrarti in tempi non sospetti
pensare a tutto
tranne che a te

che scivolavi silenziosamente sui giorni
fino a toccare il più vicino
a uno qualunque dei miei.


C'è voluto poco per volerti
forse ancora meno per amarti.

Se non ti dispiace
mi prendo tutto il tempo che serve

per viverti.

lunedì 26 settembre 2011

STRESS

Allora, considerato che a quanto pare è un periodo un po' del cazzo per parecchia gente, le strategie consigliate per fronteggiare stress e suoi correlati sono:

1) parlare con tua nonna, o con un suo coetaneo/a: ti dirà che quando lei era ragazza/o non c'era il tempo di farsi venire l'ansia e lo stress, perchè c'era LA MISERIA e invece oggi i giovani hanno troppo e quando problemi non ne hai, allora te li inventi.

Attenzione: Soprassedendo alla sottile convinzione che i giovani oggi siano degli imbecilli, ricordati che se fai fatica ad arrivare a fine mese perché lo stipendio non ti basta, questa strategia è da evitare perché potrebbe farti incazzare ancora di più.

2) andare da un medico: se presenti una sequela infinita di sintomi non meglio identificati, che ti preoccupano anche se ritieni derivino da una somatizzazione da stress, lui ti dirà che hai ragione tu, è lo stress. "Comunque signorina per toglierci ogni dubbio facciamo emocromo, ecografia, analisi delle urine, colonscopia e visto che ci siamo anche una tac."

Attenzione: Soprassedendo alla naturale riflessione che ti fa pensare:"Ma se è EVIDENTEMENTE lo stress, come mi ha detto, PERCHE' devo fare tutti questi esami e spendere questi 500 euro?", ti faccio presente che se, come me, sei un ipocondriaco patologico, questa strategia potrebbe far aumentare la quantità dei sintomi, nonchè la loro intensitá.

3) farti compatire : se nell'intraprendere una conversazione in questo periodo, fingi di essere tostissima/o NONOSTANTE TUTTO quando in realtà dopo cinque minuti ti accucci per terra a piagnucolare sei o sette ore di fila, tranquilla/o: le persone intorno a te cercheranno di compiacerti confermandoti che sì, stai proprio messa/o male e sì, loro rispetto a te stanno dadio.

Attenzione: Soprassedendo alla logica considerazione che nella stragrande maggioranza dei casi la gente pensa solo che tu sia un gran rompicoglioni, questa strategia potrebbe peggiorare la situazione, oltre ad immergerti in un vuoto sociale notevole.

4) parlare con chi sta peggio di te: "Sai, non sono stata tanto bene ieri, è un periodaccio. Le ho provate tutte." - "Oddio non dirlo a me, sono QUATTRO ANNI che sto così, una volta che ci sei dentro, non ne esci più."

Attenzione: Soprassedendo al pensiero che non è sempre facile trovare qualcuno che stia psicologicamente peggio di te, con queste funeree conversazioni potresti incappare nel suicidio, se non hai un'INNATA TENDENZA ALL'OTTIMISMO.

5) fare sport o altre attività ricreative: se pensi che il 99% dei tuoi fastidi sia dovuto all'immobilità e ai luoghi chiusi, lo yoga, la corsa campestre, il teatro o chessoio ti confermeranno che mens sana in corpore sano.

Attenzione: Soprassedendo al fatto che prima di iniziare a fare sport probabilmente dovresti fare riabilitazione o fisioterapia, ricorda che appassionarti troppo al tuo nuovo hobby potrebbe gettarti nella disperazione, al pensiero che hai sbagliato tutto nella vita: avresti dovuto studiare Scienze Motorie, andare all'Accademia di Arte Drammatica, e così via.


Adesso dimmi, dopo aver letto questa nota, non ti sembra di stare BENISSIMO core 'a core col tuo volgarissimo, quitidianissimo stress?

Pensaci.

lunedì 5 settembre 2011

Buoni Propositi Settembrini.

A settembre l'estate finisce, le ferie pure. A meno che tu non sia il figlio/a di Rothschild. E nel caso lo fossi, non ti ritroveresti a leggere queste righe, e men che meno avresti bisogno dei BPS, acronimo di Buoni Propositi Settembrini. Resteresti lontanissimo, nella tua bambagia più o meno infernale, perché troppa morbidezza può anche farti sprofondare, e non è detto che tu sia una persona felice. Ad ogni modo, non è di te che volevo parlare. Piuttosto di quelle menti virtuose e a me vicine, che compensano la malinconia da fine della bella stagione con un'insalatona di BPS. Che saranno pure banali, visto che ogni anno si ripropongono, ma danno comunque la stessa sensazione di benessere sulla pelle delle lenzuola appena cambiate. E pure quelle si ripropongono, se ci pensi, mica ne compri ogni volta di nuove. Fatto sta che ogni settembre te ne esci con le stesse, identiche riflessioni che avevi macinato l'anno precedente, quando facendo l'inventario dei tuoi piccoli fallimenti avevi realizzato che non avresti più potuto lasciare che le cose andassero avanti in quel modo. L'estate ti ha rinvigorito, sai che puoi farcela. E allora ti dici che TUTTO cambierà. Ma questo tutto, non sarebbe dovuto cambiare già l'anno scorso? Bè, c'è stato quel fatto al lavoro, e poi il cane che non è stato bene, e quel problema al ginocchio...pensi che queste giustificazioni non reggano, quindi il tuo brillante cervellino nuovo di pacca ti suggerisce: "Pssss...è semplice: NON ERI PRONTO/A." Voilà, les jeux sont faits. Non ero pronto, più facile di così. E poi ti viene voglia di scriverli, i tuoi BPS, ma siccome ti senti un coglione, rinunci. E invece NO, li devi scrivere, quantomeno per ricordarli tutti quando la quotidianità te li sotterra. Quella stronza, non ha alcuna voglia di cambiare. Più ti annoi, più lei si spalma su di te.
No, stavolta userai i BPS come vere armi da combattimento.
Basta, li scrivi.

ELENCO SOMMARIO DEI BPS 2011/2012:

-Evitare accuratamente di sputtanare più soldi del dovuto. ( ESEMPIO: Non puoi fare colazione ogni giorno al bar. "ma due euro e venti non sono niente". Certo, peccato che esistano le moltiplicazioni). Se succede, digiuna per almeno due giorni. Improvvisamente i frutti inutili dei tuoi acquisti ti appariranno odiosi. Potrai anche cercare di masticarli per ricordarti che tra loro e del cibo c'è una grossa differenza. Non ingoiare mai niente, però. Tra i BPS non è contemplata la morte per soffocamento e/o avvelenamento.

-Smussare gli spigoli caratteriali. Vabbé, questo è proprio un desiderio irrealistico, per non dire una cazzata epocale, quindi passiamo oltre.

-Tenere la casa sempre in ordine, il che include spazzolare la gatta ogni giorno per evitare ciuffi mutanti di peli assassini che rotolano sul pavimento. Dai, questo si può fare. Magari non ogni giorno, ma tre volte a settimana sì. Anche due...No, stai perdendo di vista l'obiettivo. Ok.

-Liberare la tua vita dalle persone nocive. Ciò implica uno shift dallo status di "fesso" a quello di "smart", nonché un atteggiamento distaccato e poco partecipativo riguardo alle loro, di vite. Non ultimo, necessaria è l'eliminazione delle occasioni nelle quali suddette persone possano sentirsi autorizzate a penetrare il tuo fondoschiena. E l'ho detto in maniera elegante.

-Ridurre drasticamente il tempo trascorso al pc. Non è il caso di perdere la vista a causa di Facebook & affini. Perché diciamocelo, tu il computer lo usi per quello, più che altro. Quando non sai che fare, fai la doccia, leggi, scrivi, masturbati. Con l'autoerotismo non si diventa ciechi, con la tecnologia sì.


Ovviamente l'elenco potrebbe continuare all'infinito, pensi. Ma per il momento può bastare. Sai benissimo che entro cinque minuti riuscirai a perdere il foglio dove hai scritto i BPS, per rimediare andrai a comprare una costosa agenda dove riscriverli, dopodiché t'innervosirai per l'acquisto inutile e avrai l'umore rovinato per l'intera giornata, che passerai al pc chattando con improbabili amici che ti sciorineranno i loro dolori da giovani Werther dimenticandosi di salutarti quando avranno finito.

Mission accomplished.

domenica 4 settembre 2011

Il mondo dentro.

Ci sono pomeriggi uggiosi dentro giornate che vanno come treni a vapore.
Dentro quei pomeriggi uggiosi ci sono rumori che ti danno il senso delle cose. Il croc dell'uva buona di settembre sotto i denti, per esempio.
Dentro i rumori come quello ci sono ricordi che ti dicono che la noia non esiste. Correre tra i filari di viti, d'estati passate, tu la campagna e un amico. Correte tutt'e tre insieme, negli acini che maturano al sole.
Dentro i ricordi d'infanzia ritrovi la mamma, e anche un papà che non c'è più. La mamma è bella come sempre, e profuma meglio degli odori che ti danno il senso delle cose. Papà non ha profumo, ha il sapore della nostalgia e di un ricordo morso come una prugna matura.
Dentro mamma e papà c'è la risata di tua sorella bambina, di altalene mai vuote e di piccole donne crescono, scattanti come gazzelle che inseguono la vita oppure un filo d'erba, che è un po' la stessa cosa.
Dentro la risata di tua sorella bambina ci sei tu. Lei ride e tu che fai, ti tuffi dentro il suo riso contagioso.
Dentro di te c'era il pomeriggio uggioso.
Poi sono entrati i rumori che danno il senso delle cose, i ricordi che dicono che la noia non esiste, la mamma e il papà e la risata di tua sorella.
E c'è voluto poco perché riavessi il sole.

martedì 30 agosto 2011

Preludio d'autunno.

Scrivere coi piedi nell'oceano
dove se lo vuoi sei tutto, oppure niente.
Coi tuoi libri al sapore di sale,
la sabbia incastrata tra le pagine
a lasciarti un po' d'estate
e non a parole.

sabato 6 agosto 2011

Un luglio liscio come l'oGlio.

Manifesto dell'estate 2011: te e tua sorella sudate fradicie, valigie, borse e gatta obesa alla mano.
In viaggio da e per, che ok emozionantequantovuoi ma stressantequantobasta. Non c'hai più l'età. A venticinque anni, eh. Ebbé? Che se una è pensionata dentro, che ci vuoi fare.
E infatti succede che tua sorella mantiene il suo abituale splendore e la sua andatura elegante anche quando è carica come un mulo, mentre tu somigli a una deviazione stradale per lavori in corso. Storta, sporca. In pratica sei dissestata.
Una volta a destinazione (una qualunque, mettiamo la tua città d'origine) diventi l'esempio migliore del fallimento delle partenze intelligenti: regolarmente ti muovi per andare al mare a mezzogiorno, "tanto molti vanno a pranzo e la spiaggia si sgombera", eeeeeh certo.
Dopo un'oretta in versione Slow & Furious (in coda nel traffico selvaggio composto da: auto in doppia fila, bagnanti che decidono di pulirsi dalla sabbia i piedi, discutere, banchettare, litigare e diosolosacosaltro in mezzo alla strada mentre tu urli come una dannata), trascorri il resto della giornata alla conquista di un fazzoletto di spiaggia dove collocare il telo. Sì, perché anche se sai che verrà inevitabilmente ricoperto di sabbia grazie ai piccoli mostri che ci cammineranno sopra, la speranza è l'ultima a morire.
In acqua può succedere di meglio: pallonate, spintoni e schizzi ai quali non puoi reagire, perché a quanto pare si sta giocando la finale dei Mondiali di pallavolo e non ne eri al corrente. Sei tu quella sbagliata, credevi di andare a yoga e ti ritrovi nella sala di kick-boxe.
Alle quattro e un po', sei già stanca. Dici a tua sorella di ritirare i risultati delle decine di radiografie che hanno fatto al suo fondoschiena e riparti.
Sbrodoli sudore e t'incolli al sedile della macchina rimasta al sole per ore, quindi riprendi fino a casa la litania d'improperi iniziata circa quattro ore prima, quando ancora pensavi di essere in vacanza e non a un corso di sopravvivenza.

lunedì 6 giugno 2011

Nevrosi Pre-Laurea

Il periodo pre-laurea è il momento migliore per vedere amplificati i difetti propri e degli altri sventurati laureandi. In questo caso laureandE, che è anche peggio, considerato che allo stress si aggiungono sindromi pre-durante-post mestruali.
Si inizia almeno tre mesi prima, ricercando informazioni riguardo a scadenze/oneri burocratici/frammentazioni di testicoli di ogni tipo, in maniera vaga e piuttosto rilassata.

"Ti ricordi quando dobbiamo consegnare il documento Tot per caso?"
"...No, magari ci guardo nei prossimi giorni."
"Sì vai tranquilla, era giusto così, non c'è fretta."

Una settimana dopo, già non si capisce più un cazzo.

"Ragazze, ma voi avete iniziato la relazione di stage? E' vero che bisogna consegnarla entro il cinque?"
"Oddio no! Il cinque?! Come faccio, devo ancora finire la tesi! Quanti caratteri sono per la relazione?"
"tra 75.000 e nonmiricordo quanto, un casino! Non ce la farò mai. Ma il libretto degli esami è ancora valido?"
"No dai, io avrò 18 esami registrati on line e 4 sul libretto! Dimmi di no!"
"Ma scusate, e il frontespizio quando si deve consegnare? Quando andate a farlo firmare?"
"Telefono alla segreteria?"
"No non serve, ho mandato una mail al prof."
"Quale prof. ? Vabbè per sicurezza telefona..."
"Io ho guardato sul sito della facoltà e dice che il tutto è da consegnare almeno un mese prima rispetto alla data della laurea che non sappiamo quando sarà, quindi la data di consegna reale NON ESISTE!"

E così ALL'INFINITO.

Fino a quando una qualunque delle schizzate non viene travolta da un attimo di lucidità, manda tutti a quel paese, si ritira nelle proprie stanze a fare una stima probabilistica della veridicità di ciascuna affermazione.

Risultato?
NIENTE CHE ABBIA UN SENSO.

Il giorno dopo la tiritera ricomincia, farcita da improperi sempre più arditi.

E' così che accedere al proprio account di Facebook diventa un incubo.
Consapevoli della nevrosi dilagante e allo stesso tempo bisognose, che dico, mendicanti preziosissime informazioni temporali, le nostre eroine indomite non rinunciano al social network.
Complice un sano masochismo e la necessità di convincersi di avere sotto controllo se non la propria vita, almeno la propria carriera universitaria, trascorrono le loro giornate combattendo all'ultimo sangue tra loro, per cercare di capire CHI sia la detentrice della verità.
Giungendo alla conclusione che NESSUNA DI LORO possa aspirare a questo ruolo. Ma neanche lontanamente.
A quel punto si verifica lo shift naturale e tanto atteso: LA SAGRA DEGLI INSULTI. Affettuosi, s'intende.

L'esame di realtà? A puttane.

Ah.
E la laurea, è laurea in...?

Bisogna proprio dirlo?

Dai.


...Psicologia.

Ah.

Ah...

Ahahahahahhahaahahahahahahahahahahhahahahahahahahahaah

.

domenica 22 maggio 2011

Piacere, Paolino Paperino.

Non aspettavi altro che arrivasse quel fine settimana.
L'hai atteso per quindici giorni che ti sono sembrati lunghissimi e noiosissimi. Hai montato le tue aspettative giorno per giorno, le hai nutrite di immagini a colori perfettamente nitide.
Il primo week-end romantico.
Tu, lui, la Maremma Toscana, uno splendido agriturismo e cibo buono.

Finalmente arriva il fatidico venerdì.
Ti prepari, saluti la micia che hai affidato alle cure di una delle tue migliore amiche ed esci di casa.
Passi a fare colazione al solito bar, con il solito cappuccino e la solita brioche. Non rinunci mai al tuo rituale. In quel bar hai il tuo posto, l'angolo sul soppalco dal quale osservi tutto e tutti mentre sorseggi i tuoi attimi di cremoso piacere quotidiano.

Paghi e saluti, ti avvii verso la stazione, senza sapere cosa il nemico interiore ha in serbo per te. Il tuo delicatissimo intestino, infatti, ha deciso di guastarti la festa ancora prima che sia cominciata.
Crampi fastidiosi, parolacce silenziose.
Li ignori, stoica, e prosegui la tua avanzata verso il treno.

Un viaggio d'inferno.
Ai dolori di pancia si aggiungono un vicino che sembra abbia ingoiato tutto l'aglio della sua vita, e un bambino che gioca con la palla nel corridoio del vagone, gridando come un ossesso.

Scendi a Orvieto, lui è già là ad aspettarti. Abbracci baci e salamelecchi vari. Felicità.
Salite in macchina, l'agriturismo è in provincia di Grosseto, in un'oretta e mezzo dovreste esserci. Poveri illusi.
Riuscite a perdervi, il navigatore fa ostruzionismo, e vagate per delle ore su strade tutte curve che ti rivoltano lo stomaco come un fusillo.
Riuscite miracolosamente a trovare il posto, bellissimo e veramente ben nascosto. Il che non è male (soprattutto se sei un latitante).

Colline, gatti & pecorelle.
E un'invitante alcova, dove sfogate i più sordidi istinti, taciuti a lungo a causa della distanza che vi separava.

Nel frattempo la tua pancia continua a borbottare.

Il resto della giornata trascorre tranquillo. La quiete prima della tempesta.
La mattina successiva, alle sette, vieni svegliata dagli atroci dolori che ti costringono a sollevare il tuo soave deretano dal morbido talamo, per depositarlo sul freddo gabinetto.

I dettagli li risparmierò.

Due puntate dopo, tu e lui decidete comunque di andare alle terme con un'altra coppia di amici. In fondo il tuo corpo è ormai semi-vuoto, a parte il the al limone e la triste fetta di ciambella (rigorosamente al limone) che hai mangiato mentre osservavi lui ingozzarsi di ogni bendidio. Alla faccia della solidarietà (giustamente).

A ben pensarci, anche il momento della colazione ha assunto risvolti tragicomici. Avreste dovuto cenare lì, al "vostro" agriturismo, quella sera. A te è venuto in mente che avreste potuto chiedere se si potessero aggiungere due persone al vostro tavolo, così non avreste rinunciato alla compagnia dell'altra coppia.
Senti lui che esordisce con:"Mi perdoni...", per poi concludere, dopo la risposta della proprietaria dell'agriturismo, con numerosi:" Mi dispiace moltissimo, non sapevo, mi dispiace..."

"No guardi, la cena stasera non la facciamo più, perché è morta la mi nonna."
Bene.

Impiegate un'ora anche a trovare le terme, ormai avete l'abbonamento alle strade che non vi condurranno a destinazione.
Alla fine le trovate, e vi godete un paio d'ore in serenità.
Sole, puzza di uovo marcio (zolfo), acque calde, idromassaggio e chiacchiere.
Mentre fai la paperella, sguazzando allegramente, ti guardi casualmente le mani e ti viene un accidenti.
Il tuo bracciale e il tuo anello, entrambi cimeli importantissimi, hanno assunto un magnifico color bronzo.
Ti informano che sei una cretina, che lo zolfo reagisce in quel modo con l'argento, e che non c'è modo di tornare indietro. Non eri mai stata alle terme prima d'ora (e chissà se ci tornerai, a questo punto).
Fai un mezzo sorriso come per dire "vabbè, non è grave", mentre pensi "porcalaputtana".

Vi spalmate poi sui teli da mare, sull'erba, per prendere un po' di sole.
Inizi a stropicciarti gli occhi, ti danno fastidio. Nel mentre, parlotti con la ragazza che è lì con voi. Gli occhi iniziano a bruciare, sembrano tizzoni ardenti. E lacrimano come dannati. Fingi indifferenza, ma ti accorgi che tutta quella lacrimazione sta per farti colare il naso, e insomma non è il caso di fare una figuradimerda con la tua nuova amica. Sempre più in difficoltà, ti metti seduta e le dici "non so cosa stia succedendo, mi bruciano gli occhi, e avrei anche bisogno di un fazzoletto."
Lei si mostra subito pronta, raggiungiamo al bar gli xy della situazione e la diagnosi è la seguente: "Allergia".
Il tuo salvatore et compagno si precipita in macchina a prendere l'antistaminico.
Ti sciacqui gli occhi, soffi il naso e sorridi alla coppia di malcapitati che ha la sfiga di vederti in quelle condizioni. Cerchi di sdrammatizzare, "che strano, mai avuti problemi di allergie" e ne approfitti per sputtanarti completamente, confessando anche i tuoi problemi intestinali.
Loro ti guardano con il volto della commiserazione.

Con l'antistaminico, fine dei pianti.

Ora di pranzo. Prendete un panino, tu bresaola rucola e grana, per evitare sorprese. Tutto sembra tornato alla normalità, ridete e scherzate e pensi a quant'è bello sentirsi bene con le persone che hai accanto.
Lui lo guardi e ti guarda ed è tutto perfetto.

E senza sapere come né perché, te la stai di nuovo facendo addosso.
Ti sforzi di resistere al dolore, ma dopo poco ti rendi conto che non riesci più a seguire la conversazione.

"Sto malissimo, andiamo a casa?"

E via. Grandi corse per raggiungere l'agognato agriturismo, tra una risata e l'altra perché insomma, neanche Paperino riuscirebbe a fare di meglio.

In realtà, abbiamo trascurato la tua vita sessuale, florida il pomeriggio di venerdì e SOLO quello.
Avevi pensato a un week-end erotico-sentimentale della miglior specie, e invece ti becchi un'irritazione cutanea dovuta alla ceretta praticata in posti che neanche tu sapevi di avere, e ciao ciao.

Torniamo alla giornata di sabato.
La sera volete andare a cena, tutti e quattro. Ti sei un po' ripresa, anche se la fiacca ti accompagna come un'amica fedele.
Scegliete un ristorantino carino, mangiate, tu con moderazione, gli altri tre con smodata passione, antipasti e una fiorentina da oltre un kg.
Il conto più caro della storia. Ottanta euro a persona. Da rimanerci secchi. In quel momento capisci perché Kim Rossi Stuart sia seduto al tavolo di fronte al tuo. Poveretto.

Salassati a dovere, salutate i vostri amici e tornate all'agriturismo.
Pensi che la mattina dopo dovrete andare via, e nonostante tutto ti dispiace.

Ti dispiace perché il posto è bello, perché c'è tanto verde e perché si vedono bene le stelle.
Ti dispiace perché è con lui che sei andata lì, ed è lui che dovrai salutare per altre due settimane.
Ti dispiace perché è stato bello sedersi sull'erba e guardarlo mentre suonava la chitarra e cantava e se ne fregava che qualcuno potesse sentire che è stonato come una campana.

Ti dispiace perché dove c'è lui, è casa.
E andare via da casa non è mai facile.

martedì 10 maggio 2011

Il mio Regno per una Risata.

Se arrivi
e non mi trovi

vieni a prendermi

sarò in giro
dentro la mia testa
in quei luoghi bui
che avevo dimenticato

e che arrivano a volte
al posto mio.

Quando li vedi
tienili forte con una mano
con l'altra non lasciare la mia

accompagniamoli fuori
e noi torniamo dentro

dopo
sai che c'è

fammi ridere
a più non posso.

lunedì 11 aprile 2011

Cardiochirurgia.

L'alto rischio
di un'operazione a cuore battente

il mio.

Osservo il chirurgo
farsi spazio nel mio sterno
trovarne l'antica patologia
rimettere a posto le cose

con delicatezza disarmante.

E poi
guardarlo mentre richiude la ferita
senza lasciare segni

a parte la voglia
smisurata
di continuare a viversi.

venerdì 1 aprile 2011

Dottore, che sintomi ha la felicità?

Tornare bambini
è cosa da niente.

Giochiamo insieme?

Lasciami cercare

dove l'hai nascosta
la felicità?

non me lo ricordo sai,
ma tu cercala lo stesso.


"Acqua"
"Acqua"


Fuoco.



E non si gioca più

o no,
è solo un gioco diverso.

Intanto

la mia felicità puoi tenerla tu

se vuoi

puoi nasconderla dietro un sorriso
cosí non la perderò di nuovo

e se mai dovessi dimenticare cos'è

forse ci sarai tu

e la memoria
chissà,
tornerà.

giovedì 17 marzo 2011

A luci spente

La musica aiuta a fissare il ricordo

quando il clic dell'interruttore
insegue la luce.

Ti sforzi ancora
di appendere quadri alle pareti

ma senza chiodi

e per quanto i paesaggi siano belli
ogni volta ci scrivi sopra:

dipingo storie
da lasciare a metá

è quello che so fare meglio.

(E capisci

di avere nostalgia

senza provarla)

sabato 26 febbraio 2011

Vita da Winter School

"Ma cos'é sta Winter School?"

"Una gita di due settimane all'inferno. Ci andró con alcuni miei compagni di corso, lí incontreremo altri studenti dalle universitá di Parigi, Barcellona, Valencia e Coimbra. E luminari della Psicologia del Lavoro ci allieteranno con seminari, lezioni, lavori di gruppo diurni e notturni. Alloggeremo tutti nello stesso hotel, in Spagna, a Gandía, ridente localitá BALNEARE in estate, desolante cittadina d'inverno. Piuttosto che andarci mi farei dare una martellata su un piede."

"Vabbé dai, esagerata! Sará una bella esperienza, ti divertirai! Perché sei cosí negativa?"

"Perché per un anno e mezzo ci hanno rincretinito di chiacchiere su questo benedetto Master. In realtá é stato tutto una delusione, non vedo perché la WS debba essere diversa."

Ho risposto in questo modo per (almeno) due mesi.
Poi é arrivato il giorno della partenza. E, nonostante tutto quello che leggerete, mi sono ricreduta.

19.02.2011-Sabato-
Con la morte nel cuore sento suonare la sveglia e mi alzo. Mi preparo velocemente, scendo a fare colazione al bar. Al ritorno vengo braccata da due testimoni di Geova che tentano di appiopparmi un sermone e qualche dépliant. No grazie. E comunque, che cazzo ci fanno in giro alle sette e mezzo di mattina?? Mistero della fede. Appunto.
Poco piú tardi chiamo il taxi che mi condurrá all'aereoporto. In macchina, Tiziano Ferro sbraita per venti minuti tutto il suo dolore.

Se il buongiorno si vede dal mattino...

-Domenica-
Sole su Valencia e cacca di uccello sulla mia testa, mentre spiego alla mia amica che la cittá mi ricorda la mia infanzia, per gli odori e la temperatura mite. Molto romantico.

Se il buongiorno si vede dal mattino...Puntata seconda.


Riassunto della prima settimana di WS:

Domenica pomeriggio ci siamo rassegnati al nostro triste destino: salire sull'autobus che ci avrebbe deportato a Gandía. Dopo una quarantina di minuti di strada e discutibili canzoni pop e neo-melodiche spagnole, finalmente siamo arrivati a destinazione. Hotel non male, camere doppie con bagno per la gioia del mio intestino, che alla privacy ci tiene non poco.

La prima sera é stata consacrata alla cena di benvenuto, rigorosamente inclusa nel "Social Program", agghiacciante etichetta assegnata a una serie di iniziative che dovrebbero facilitare la conoscenza e la condivisione multiculturale.

(Capitolo a parte sarebbe da riservare al cibo offertoci, di pessima qualitá. Tutto, dico tutto, galleggia in una brodaglia grassa, che nel corso dei giorni cambia colore ma non gusto. Il risultato é che durante pranzi e cene, piú che mangiare tendiamo soprattutto a parlare, socializzando alla faccia del Social Program. La colazione é riuscita a stupirci anche di piú: cornetti in vero cartone, brioche di gomma, caffé all'acqua e altre leccornie simili.
Non é finita qui: gli organizzatori sono evidentemente convinti che per lavorare duramente abbiamo bisogno di un gran numero di energie. Le nostre giornate si articolano allora in funzione del tempo che intercorre tra un pasto e l'altro. La sequenza é: colazione ore 8.00, merenda ore 11.00, pranzo ore 13.30, merenda ore 17.00, cena ore 21.00. Insomma, non si fa altro che mangiare. Peso previsto al rientro in Italia: 120 Kg, ammesso che riesca a contenermi.)

Da lunedí a venerdí abbiamo praticamente dimenticato di respirare. Non ce n'é stato il tempo.

Al momento, abbiamo all'attivo:

una decina di crisi isteriche, per motivi diversi (il menzionato cibo, la connessione wireless che funziona a petrolio, la difficoltá nell'addormentarsi perché il cervello continua a macinare dopo sedici ore di attivitá frenetica, la voglia di uccidere qualche membro del proprio gruppo di lavoro e cosí via)

qualche incubo (correlato di grida molto reali nel bel mezzo della notte)

diversi messaggi inviati in un italiano da far accapponare la pelle (succede, quando parli 12 ore al giorno in inglese)

pochissime ore di sonno (e innumerevoli e infruttuosi tentativi di mantenere alta l'attenzione)

overdose di discorsi a sfondo sessuale (dovuti alla mancanza di attivitá che lontanamente ricordino il sesso)

qualche bicchiere di vino pericolosamente mischiato alla stanchezza (con conseguente deriva del politically correct)

A questo si aggiunge l'arrivo al NOSTRO hotel di una comitiva di religiosi non bene identificati, carichi di adolescenti e neonati urlanti.
Cosa fanno? CANTANO e PREGANO. Oh Gesú.

Tanto per accostare il sacro e il profano, concludo con una chicca: oggi pomeriggio ero in bagno, in seduta, quando dal piano di sopra (suppongo) si sono levati alti i gemiti di una donna prossima all'orgasmo. L'orgasmo migliore della sua vita, a giudicare dall'ampiezza dei suoi urli.

Una bella differenza: io sul cesso e lei a letto (o insomma, ovunque stesse dando sfogo ai propri impulsi).
Eppure sempre di bisogni primari si tratta.

Che strana la vita, ho pensato.

mercoledì 16 febbraio 2011

Amarcord


Ci siamo noi
e poi
un mucchio di ricordi
intangibili.

domenica 6 febbraio 2011

Scadenze.

Quel tempo in stallo
di lei
sola e nuda
in bagno
i pensieri in una mano
a farsi stritolare dal silenzio.

Quel tempo in stallo
di lui
solo e nudo
dentro al letto
le domande di una notte
e di un sapore nuovo
"in realtá"
ritrovato.

Quel tempo dell'incontro
dei corpi a schiacciarsi

allontanare il giorno
e colmare le distanze

ripetiamolo ancora
il nostro mantra.