giovedì 31 ottobre 2013

Bilanci(at)o.

Ottobre è in dirittura d'arrivo, novembre è alle porte e sediovuole come dice mia nonna tra due mesi e un po' il 2013 finirà. E' tempo di stilare un breve bilancio dell'anno, operazione che potrebbe rivelarsi pericolosa considerando che decido in pieno possesso delle mie (ridotte) facoltà mentali di tralasciare i sessanta giorni che verranno.

Ritengo di potermelo permettere perché mi tocca prendere in considerazione anche gli ultimi mesi del 2012, discretamente merdosi, se vogliamo. Le prime parole chiave che mi vengono in mente sono: coliche renali. Ah, quale piacere. Iniziate in agosto, con un paio di puntate al pronto soccorso, medici e infermieri che mentre ti contorci dal dolore, prima ti chiedono perché gli antidolorifici non sei andata a comprarteli in autonomia - come se fosse la cosa più naturale del mondo andare in giro per farmacie di turno alle sei di mattina piegati in due - poi ti piazzano finalmente una sacrosanta flebo e alla fine ti chiedono con aria minacciosa "ne vuoi un'altra?" e davanti alla tua faccia perplessa aggiungono "ok come vuoi, se sei a posto così vai a casa". Non lo so, devo decidere io? Che sono, caramelle? Al che mimi un BOH risparmiandoti giusto il sonoro, alzando le sopracciglia e abbassando gli angoli della bocca, e te ne vai con un centinaio di chili in meno di fiducia nell'umanità. E va bene, succede.

A settembre torni al lavoro. "Lavoro", torni a farti schiavizzare per dieci ore al giorno alla modica cifra di duecentocinquantaeuro al mese, lo fai perché allo scadere dei classici sei mesi di stage la prospettiva è l'assunzione. Alé! E invece no, due giorni prima della fine ti comunicano che ci dispiace, sei brava bella e taaaanto intelligente, ma te la prendi nel culo perché non possiamo assumere. No, un mese fa non lo sapevamo, "dall'alto" non ci avevano dato ancora una risposta. Dall'alto. Intendiamo dal cielo? No perché se è così, sono duemila anni che qua tutti aspettano che succeda di nuovo qualcosa e non succede un cazzo, quindi avreste potuto dirmelo anche con un po' di anticipo. E va bene, succede.

E arriviamo così a fine ottobre. Ok, che faccio adesso? Facile, cerco un lavoro vero! Talmente facile che i mesi passano, i curricula pure, a centinaia. Fa il suo trionfale ingresso il 2013.
Qualcuno chiama, vai a colloquio, sorridi e mostri quanto sei potente, o meglio lo saresti se all'università avessi imparato a FARE qualcosa invece che far finta di saper fare qualcosa.
"Riceverà un feedback, positivo o negativo che sia, entro una settimana". Ah-a. Quello che ancora non abbiamo capito, è che per i selezionatori la parola feedback, peraltro liberamente rubata all'inglese - a provare che è più facile standardizzare tutto piuttosto che sforzarsi di personalizzare le conversazioni - è il jolly che viene sfoderato per concludere l'incontro. D'altra parte, forse sarebbe peggio se alla fine di un colloquio ti dicessero "senta dottoressa noi l'abbiamo chiamata prima di tutto per fare database, poi per capire se per caso possa esserci utile in qualche misura, e siccome non lo è se ne vada pure a fanculo". Sarebbe più onesto, ma meno politically correct, tanto per scippare un'altra espressione di quotidiana ipocrisia rubata agli anglofoni. E va beeeeeene, succede.


Succede anche che mentre consegni la sintesi di quello che non hai imparato a fare pure all'oceano dentro una bottiglia di vetro e al piccione viaggiatore - che non si sa mai - trovi un lavoretto da baby-sitter, così, tanto per raggranellare qualcosina. Ora, premetto che i bambini, con i loro occhietti vispi, i sorrisi da orecchio a orecchio e i musi lunghi fino alle ginocchia, il moccio al naso - quando non è sulle mani dopo una faticosa esplorazione - e le loro lagne perenni, i bambini sono belli, NESSUNO DICE IL CONTRARIO. Il problema è che non sono opere d'arte. I bambini non stanno fermi, non li puoi ammirare e basta. Se così fosse, veramente, sarebbero la mia passione. Ma i bambini hanno la stramaledetta abitudine di parlare, muoversi, correre, rompere i coglioni e quindi mi dispiace, saranno belli ma NO GRAZIE. Preferisco altre bestie, tipo cani e gatti (non se la prendano gli amorevoli genitori di esaltati pargoletti, io mica me la prendo se qualcuno mi dice che preferisce le bionde sotto il metro e sessanta. Eddai).
Vabbè fatto sta che mi accollo a pagamento due perle sotto i dieci anni, e fin qui ok. Il problema fondamentale è che si accollano pure i sopramenzionati genitori, sconclusionati al punto da dimenticare di recuperare i propri figli, dimenticare di pagarmi, dimenticare a casa l'occorrente per lo sport dei bambini, dimenticare di chiamarmi con un minimo di anticipo per avere la mia disponibilità, probabilmente dimenticare anche di averli, dei figli (ogni tanto). In tutto questo, durante uno dei pomeriggi trascorsi in sua compagnia, il piccolo che ho in custodia decide di raccogliere da terra con non-chalance una merda di cane. Secca, ma sempre merda è.
E va bene, succeeeeeede.

A marzo ne hai le palle piene di cercare "il lavoro vero" e dopo aver cestinato anche l'idea di metterti in proprio - perché soldi non ce ne sono, finanziamenti neanche - cominci l'ennesimo tirocinio, dopo aver trascorso lunghi mesi in un vortice di negatività nel quale hai risucchiato senza pietà parenti amici e l'allora fidanzato. Come abbiano fatto a non lanciarti - per sbaglio, s'intende - dal balcone, metterti del veleno per topi nel caffè o perdere un coltello dentro il tuo stomaco, resta un mistero. Si vede che mi circondo di gente misericordiosa.
Che poi, a questo punto non è che la smetti di pestare i maroni a tutti come se fossero acini d'uva e cercassi disperatamente il profumo del mosto selvatico, continui a farlo per altri lunghissimi mesi quando ti rendi conto di essere bloccata dentro giorni disgustosamente uguali e trafitta, sì è questo il termine giusto, lasciatemi fare la melodrammatica, da una sensazione di mancanza di prospettive che manco un novantaseienne allettato.

Per farla breve - come avevo scritto al principio, ma si sa che la coerenza non è il mio forte - in un turbinio di umori pesanti e pseudo-crisi isteriche - spesso in concomitanza del ciclo, dico a mia discolpa, perché da un paio d'anni sono un ormone vagante in quei giorni - arriva l'estate, il caldo, il porcalaputtanaperchéinquestacittànonc'èilmare, e con essa le tanto agognate vacanze e la luce in fondo al tunnel. Apposta per accecarti.

Da qui in poi le cose non migliorano, anzi. D'altronde, come il saggio Murphy ha detto, "se qualcosa può andar male, lo farà". Non mi dilungo perché in un post precedente ho fatto già riferimento alle ferie non ferie - un po' come un reggiseno imbottito su un paio di tette inesistenti, che quando lo togli ti prende lo sconforto - due traslochi, la fine di una storia, le infinite diarree notturne del cane (quasi quasi meglio avere un bambino), la bici rubata, eccetera eccetera. O eccedere eccedere, come diceva mia sorella quando era piccola, che ci sta.

Tutte storie di ordinaria follia, chiaro. Niente di tragico, a pensarci adesso. E' solo che la vita la vivi a pezzetti, mentre ti capitano, e a volte non riesci a fare i conti con tutta la torta e dire "ma sì, a vederla ora non è un granché, ma è lo stesso tanto buona". E te la prendi, te la prendi tantissimo anche perché in fondo pensi, e probabilmente è vero, che in parte sia colpa tua se le cose non vanno come vorresti. Perdi il senso dell'umorismo, e quello è l'errore più grande.

Quando finalmente riesci a vedere tutto con un po' di lucidità, realizzi che di cose belle ce ne sono state, ce ne sono e ce ne saranno. Nel mio caso ho scoperto il Pilates, ho adottato una cagnolina, ho sentito vicine persone che mi hanno dato tantissimo, qualcuna l'ho pure persa ma i passi fatti insieme sono tutti qui con me e non li lascio, ne ho conosciute di nuove che hanno colto non so come il momento giusto per arrivare, ho chiesto scusa ed è stato bello farlo perché quando l'ho fatto avevo torto, certamente ho imparato qualcosa e può darsi che qualcosa l'abbia anche insegnata, fosse solo mostrando la maniera peggiore di reagire alle provocazioni della vita quotidiana.

Non sarò mai esattamente quello che mi piacerebbe essere, un po' perché le mie idee restano chiare per molto poco, un po' perché quelli come me - e sono milioni, non presumo di essere speciale - mantengono sempre un sottofondo d'insoddisfazione.
Quello che so è ciò che di sicuro non voglio diventare, ed è da lì che riparto ogni volta.






domenica 27 ottobre 2013

S(coppia)te.

Va bene, non sono nel periodo più adatto per parlare d'amore. E va bene anche che in generale la mia tendenza al dissacrante superi facilmente il livello di guardia...però spiegatemelo una volta per tutte: perché mettersi insieme e ridicolizzarsi davanti al mondo spesso viaggiano sullo stesso treno?
Nel senso, è proprio necessario rincoglionirsi al punto da apprezzare una torta di compleanno con su stampata la foto di te e il tuo lui/lei impegnati in un bacio appassionato, magari in riva al mare al tramonto (tanto per ficcarci dentro quanti più clichés possibili)? E soprattutto mi spiegate dove lo trovano il coraggio per mettere una roba del genere su Facebook come immagine del profilo, come fanno ad andarne orgogliosi? E parenti e amici e conoscenti tutti pronti lì a sparare mi piace come pugni di riso dopo il matrimonio (piuttosto che usarli per accecare entrambi gli sposi)...io mi chiedo tutta 'sta gente...che problemi ha?

Mi sembra doveroso sollevare un quesito: dove si colloca il confine tra l'amore romantico e la trashata spinta? Perché per me un cuore di peluche con su scritto "ti amo" sarebbe un'arma perfetta per soffocare il partner e per qualcun altro invece è un regalo meraviglioso? E non parlo di quindicenni, che in quel caso ci starebbe pure, anche se io l'avrei tirato dietro volentieri anche a quell'età e credo che fosse palese visto che a nessuno è mai venuto in mente di portarmene uno. Qua mi riferisco a gente non dico in età pensionabile, ma a trent'anni figlio mio, dimmelo: cosa vuoi dimostrare? Che sei talmente poco fantasioso che il prossimo regalo sarà un grembiule da cucina? Guarda, se lei o lui non lo usa per strangolarti, è vero amore.

Io dico almeno abbi pietà, per te e per l'altro/a, non pubblicizzare la tua iniziativa.
Intanto non ce ne frega un cazzo che sei innamorato. Cioè buon per te, ma che io lo sappia o meno, sai com'è, non mi cambia la vita. Men che meno sapere QUANTO sei innamorato e QUANTO lo è l'altro. Il livello successivo del degrado inesorabile.
Perché oltre a doversi cuccare la foto che neanche uno a cui avessero strappato a morsi la corteccia cerebrale avrebbe pubblicato, il passo seguente è beccarsi i commenti dei diretti interessati e seguaci di varia natura. Uno sperpero di cuoricini fiorellini sorrisini al limite della legalità (e a questo proposito solleverei un'altra questione rilevante: RESTITUIAMO DIGNITA' A CUORICINI FIORELLINI E SORRISINI), accompagnati da un esubero di vocali finali e punti esclamativi da paranoia oppure, in alternativa, da momenti di solennità.

Un paio di esempi:

Tipologia 1

"Wow! Bellissimiiiiiiiiiiiiiii!!!!! <3 <3 <3 <3"

Tipologia 2

"Splendidi."
(vorrei far notare la solennità che il punto conferisce a una minchiata apocalittica, perché ricordiamo che oltre a essere ridicole rispetto allo scenario, questo genere di fotografie di solito è ancora meno intelligente sul piano delle espressioni facciali dei protagonisti).

Eh vabbé, e qui mi si potrebbe obiettare giustamente che potrei evitare se non proprio di vedere la foto, almeno di leggere quello che ci scrivono sotto, e il problema è che no, non si può combattere contro il gusto dell'orrido. Non ci sono altre spiegazioni se non la fascinazione che l'aberrazione umana mi provoca.

Poi ci sono quelli delle foto a letto, in penombra, con gli sguardi da post-sigaretta-post-coito. Mezza tetta fuori lei, che magari fissa l'obiettivo e non se ne accorge, lui che le rivolge occhi da cinghiale abbattuto, si accorge del mezzo incidente senologico e se ne fotte, forse perché tanto il capezzolo non si vede.
Vorrei soffermarmi ancora un po' sul buon gusto di questo tipo di prodotti social, ma ultimamente mi hanno dato della cinica e non vorrei dare troppe conferme a questo proposito.

Passerei dunque alla categoria dei gelosi, quelli per cui la presenza su Facebook dei loro amori è inaccettabile. Quelli convinti che TUTTI, nessuno escluso, abbiano uno scopo nella vita: portarsi a letto il cesso con cui stanno.
Ecco, questi individui hanno trovato un metodo, che a mio parere è inestimabilmente idiota, per limitare al minimo - dal loro punto di vista - le possibilità che il loro orsacchiotto vada a mettere le zampine dentro un'altra arnia (per dirla in maniera elegante). Nella pratica, li costringono a registrarsi ai social network con NOME+COGNOME + NOMEFIDANZATO/A + COGNOMEFIDANZATO/A.

Da brividi, da reflusso gastro-esofageo, da colite fulminante. Così potresti ritrovarti tra gli "amici" che so, un Andrea Rossi Paola Toschi, oppure un Rita Ascoli Giorgio Pezza. Neanche un trans brasiliano con residui problemi d'identità farebbe una cosa del genere. Che poi, tra l'altro, se ci vuoi scambiare due parole con questi deficienti, non sai mai con chi dei due ti ritrovi a farlo, perché l'altra perversione in voga è lo scambio delle password.

"Noi condividiamo TUTTO TUTTO". Anche il cervello è in comune, evidentemente. Uno in due.

Continuerei la rassegna con quelli che dopo tre giorni di storia aggiornano il loro social status sentimentale e sono tutt'a un tratto "fidanzati ufficialmente con". Bene oh, i colpi di fulmine esistono, chi sono io per affermare il contrario. Se dopo due mesi dal tuo fidanzamento ufficiale mi torni single, cancelli dalle amicizie il tuo promesso sposo (perché questo vuol dire in realtà "Fidanzato ufficialmente", anche se tu lo usi anche per i rapporti occasionali), ebbé ciccino, quello che ti posso dire è che ci piaci così eh, anzi se non sono matti non li vogliamo, però renditi conto che non puoi pretendere che ti pigliamo sul serio. Abbi pazienza. Ti accoppi e ti scoppi alla velocità di un Gran Premio, te ne rendi conto? Tra un po' ti servirà un album in stile Panini per mettere in ordine cronologico o boh, di affinità, tutte queste foto sbaciucchiose di "morosi/e" che hai collezionato.

Ultimi ma non per importanza, i serenanti moderni, quelli che in un'altra epoca forse ci avrebbero guadagnato in dignità sciorinando smancerie - magari accompagnate da buona musica - sotto la finestra dell'amata, che li avrebbe osservati dall'alto con occhi sognanti e promesse di amore eterno. Eterno sticazzi, poi, è un altro par di maniche. In ogni caso la scena avrebbe conservato l'essenza di privato romanticismo da immortalare in un quadro.

Ditemi oggi, che cavolo possiamo immortalare. Quel fesso che si piazza davanti al pc in pigiama - ammettiamo che abbia un proprio profilo Facebook e non condivida TUTTO TUTTO con la dolce metà - clicca sulla bacheca della metà in questione e le scrive un messaggino zuccheroso che al resto del mondo provoca la nausea? Che è, telemarketing amoroso? dai su. Che palle.

Mi sorge spontanea un'altra domanda: sono io la solita snob non in grado di apprezzare il romanticismo dei social network, o sono i social network che hanno cancellato il romanticismo?

Mi sento tanto Marzullo in questo momento, e questo non può che voler dire che al peggio non c'è mai fine.

martedì 22 ottobre 2013

Imperfetto quotidiano

Le cose girano strane, ultimamente.

Tre settimane fa il mio umore si riassumeva perfettamente nel breve passo che riporto fedelmente qui di seguito (riesumato da un mio scritto non pubblicato perchè incompiuto):

"Lo penso da settimane e adesso lo dico: 2013, MUORI.

Anno non del cazzo, anno di tutto l'apparato riproduttore maschile e femminile insieme. Anno ERMAFRODITA.
E Ligabue che perso nel suo Alzheimer precoce dice che la vita quando è troppa è troppa, quando è poca e quando sembra che sia boh che cavolo diceva non me lo ricordo, fatto sta che Ligabue anche tu, VAFFANCULO. Tanto per rimanere in sintonia con le parole della tua canzone, quand'è troppo è troppo.

Altro che giochi senza frontiere, il 2013 è l'anno delle Olimpiadi dello Scontro Frontale, via spiaccichiamoci su qualunque cosa, ma di faccia eh, per benino. E ieri quella pazza fottuta della gatta che ha la brillante idea di farmi cadere lo specchio (fortunatamente imballato), che ci mancano altri sette anni di guai (mai stata superstiziosa, ma finchè l'anno ermafrodita non finisce non si sa mai).

Manco a farlo apposta proprio ORA si è illuminato il display del telefono e che cos'è, una notifica dell'applicazione meteo che recita pacatamente così: ALLARME! Sabato arriva il ciclone Penelope.
Meno male va, mi stavo già annoiando. Giusto sabato, mi raccomando, che devo NECESSARIAMENTE andare in giro per Bologna per una serie di incombenze pallose già di base, figuriamoci. E considerando che aspetto già il ciclo, il ciclone proprio non ci voleva a guastarmi ulteriormente la giornata.
Penè (con l'accento, che senza tocchiamo un tasto dolente), mettiamoci d'accordo: tu arrivi fai il tuo balletto sposti soffi sbuffi rompi quello che ti pare, però A ME MI devi lasciare in pace. Non mi aspirare il cane, non rompermi le finestre, non sdradicarmi alberi, sfogati in aperta campagna e basta, chè qua abbiamo già un sacco di cazzi per la testa.

Quando un ciclone preannunciato incontra una donna col ciclo, il ciclone è un ciclone morto."



Abbastanza eloquente, no?
E assurdamente, invece, adesso il mondo mi sembra un ricettacolo infinito di opportunità di libertà di risate e pienezza di vivere e fame sete ingordigia di vivere. Saranno capitati anche a voi, quei momenti in cui ti senti forte, giovane nella più vasta accezione del termine, quei giorni in cui ti senti e lo sei: Energia.

I motivi di questo tutto sommato veloce cambiamento (considerato che le condizioni di partenza del mio umore di merda erano dovute a: stage perenne non retribuito, estate di merda col culo su una macchina a fare su e giù per l'Italia - fin quando fa male fin quando ce n'è mi viene da dire tanto per ri-citare Ligabue -, due traslochi in due settimane, licenziamento amoroso dopo due anni di convivenza, bicicletta rubata dopo sette giorni di permanenza nella nuova location...quindi certamente situazioni non gravi da giustificare uno stato depressivo ultra-prolungato, ma neanche roba da farti sentire subito allegra come il carnevale di Viareggio)sono diversi, intrinseci ed estrinseci, intrinseci perchè se è vero che ho un carattere di merda, è vero anche che almeno io ce l'ho, un carattere. Estrinseci perchè una volta di più mi convinco che certe combinazioni di eventi, persone e luoghi siano talmente improbabili da risultare incontestabilmente perfette e soprattutto provvidenziali.
Non starò a dettagliare le mie più o meno entusiastiche affermazioni, ma per chi avesse il dubbio, STO BENE, NON sono maniacale, il mio buonumore non è affettato né sopra le righe, anzi tengo a sottolineare che non mi sento sola e d'altra parte la mia nuova situazione abitativa IMPEDISCE FORZATAMENTE di sentirsi soli.

Per capirci, passare da uno dei quartieri più "in" della città alla prima periferia è stato come passare da una catacomba etrusca al mercato del pesce. Al piano di sopra il maneggio: scalpitano furiosamente cavalli adulti e puledri, e il rumore degli zoccoli si alterna ai nitriti di mamma o papà cavallo che sgridano i piccoli. 'Nsomma, una famiglia di esaltati, che poi quando li incontri giù al portone sono tutti carini e coccolosi come i pinguini di Madagascar e allora non ce la fai a dire "quand'è che la finiamo di correre e rovesciare giocattoli mobili e suppellettili a tutte le ore del giorno e della notte"?. Sorridi, come una cretina. "Buongiorno! Buonasera!", ciao per i puledrini senza coda; massì galoppate pure sopra la mia testa, tanto grazieadio NON SIETE FIGLI MIEI e un soffitto meraviglioso CI SEPARERA'SEMPRE.
La mia camera da letto, poi, confina con il salotto o quel che è, il luogo adibito alla meditazione del mio vicino boh, indiano forse, che la mattina alle SEI e il pomeriggio alle quattro e per l'ora successiva se la suona e se la canta alla grande con questi sutra conditi da ululati che va bene tutto, la multicultura, la tolleranza, l'accettazione il rispetto delle abitudini altrui però CAZZO, è proprio necessario che urli? Sembra che sia ai piedi del mio letto, dentro casa, vicino al gatto. Eh.
E il gorilla, ne vogliamo parlare? Aaaah, lui è proprio la quintessenza della degenerazione condominiale. Un tizio napoletano (non me ne vogliano i napoletani, che sottolineo mi piacciono e neanche poco, un cicinino meno quando si lasciano andare a comportamenti da zoo come in questo caso - eh sì so anche che avrebbe potuto trattarsi di un tarantino abruzzese milanese giapponese quello che vogliamo, quindi non iniziamo con i pipponi soliti su nord e sud) che così, di punto in bianco, senza alcuna apparente ragione, esce sul balcone del suo appartamento e grida come il leone nella savana. ROAR! UAAAAAARGH! Cose così, forse per enfatizzare e ricordare a tutti la sua posizione di maschio Alfa. Amico, questo è un palazzo, dove le hai viste le giraffe, le antilopi, gli elefanti, gli gnu? Allora me lo spieghi che stracazzo fai? Mah.

Un manicomio, praticamente. E se dovessi avere bisogno che so, dello zucchero, mica ti devi disturbare a uscire da casa bussare e farti aprire, chiedere...no, con lo spessore di questi muri basta alzare la voce di un'ottava, come se stessi parlando a qualcuno che è nel bagno e tu fossi in cucina:"Gina! Ho finito la carta igienica! Non è che te ne avanza un po'?", e così per tutto, tanto sentono, posso assicurare.

Questa condizione ha un che di molto affascinante dal punto di vista antropofilo e potrebbe essere la base per uno studio pilota sullo stile di vita delle famiglie che aspirano a un ritorno alla natura, agli istinti primordiali...la vera magia è che questo marasma di accenti e linguaggi coloriti, rumori, profumi di cucinato per le scale, come anticipavo s'incastra perfettamente all'interno di un periodo in cui tutto è in fase di stravolgimento di abitudini e di pensieri che avevano messo radici soffocanti dentro il terreno della voglia di fare, delle idee e io senza idee nuove non ci so stare.

E per questo scrivo e ringrazio, e scrivo per non dimenticare come mi sento, scrivo per quando il soggiorno in mongolfiera finirà - perchè lo so, che finirà, come è normale e fisiologico che sia - e lo scrivo perchè il mio ORA sconclusionato, da teatro, imprevedibile la fine e incerto il percorso è proprio come deve essere, è esattamente lì che ho incastonato i miei desideri ed è in questo imperfetto quotidiano che voglio lasciarli.

giovedì 10 ottobre 2013

La burocrazia dell'amore
ha fatto il suo corso.
Il lento avvicendarsi
di quelle che chiami
-con grossa presunzione-
'Fasi naturali del rapporto',

zittisce ogni palpito d'istinto
lo vedi andare a rifugiarsi altrove
lontano dagli occhi morti
dell'abitudine
fuori dalle mappe di strade che già sai

alla ricerca della libertà ammiccante
di un letto sconosciuto
fosse anche il tuo
in veste nuova.

Prendi in giro i tuoi demoni
giocando al martirio di un piacere appena raccolto
meravigliosamente effimero
finalmente incapace di sicurezze
-che poi non esistono mai-

Travolto dal potere
di un semplice 'che sarà'
dimentichi i tuoi dispiaceri,

e a chi ha ancora
il coraggio di dire
che in fondo sia peggio
dell'ecatombe di sorrisi
quando tutto diventa amaramente immobile
-trascorso quel breve momento di lieta indeterminazione-

a quelli voglio dire

Vivere senza stancarsi
è un compito impossibile

ma val la pena di provarci
una volta di troppo.