lunedì 29 novembre 2010

Neve.

Cancelli l'impronta

del mio desiderio.

L'avevo lasciata lí

perché la vedessi

e vi appoggiassi dentro

la tua.







Era una possibilitá.

domenica 28 novembre 2010

Vita quotidiana.

Non ne posso piú di elucubrare su tutto.
Succede che siete per strada, per esempio, e vedete (voi e almeno altri trenta milioni di persone nel mondo nello stesso momento, quindi c'é poco da sentirsi speciali) un'immagine che vi colpisce "nel profondo", cosí si dice per amplificare il valore della cazzata che si sta per dire, giusto? Ecco.
Che poi si tratti di una foglia che cade da un albero (bella novitá, se sei a novembre), due innamorati abbracciati (e basta con sto romanticismo di quarta categoria, adesso vanno di moda i limoni in pubblico, vecchi! Aggiornatevi), un bambino che urla (e di solito vorresti sgozzare ma non sei sufficientemente coraggioso per farlo), un negozio chiuso o un topo di fogna che corre, poco importa.
Via col viaggio, nuovo film cult dopo "Via col vento".
E va a finire che ti ritrovi a scrivere mentre cammini, sí avete capito benissimo, MENTRE CAMMINI, per non perdere il succo del trip che ti stai facendo e il resto del mondo ti diagnostica una squilibrata di prim'ordine.
Prendiamo ieri.
Me ne tornavo bel bella verso casa, quando ho sentito una musica natalizia in lontananza. E tac! Come premio Nobel delle banalitá, a cosa ho pensato? Alla mia infanzia. Ragazzi, che fantasia. Ho pensato a quando la banda passava sotto casa, e tutti i musicisti erano vestiti da Babbi Natale, e io e mia sorella lanciavamo i soldi dal balcone (settimo piano, terrei a sottolineare). E non fate quelle facce, al Sud, da me, funzionava cosí. Ed era BELLO.
Invece no, tutta 'sta didascalia commovente l'ho costruita per poi sbattere il muso sulla neo-realtá che mi si é parata davanti: quattro senzatetto che cercavano di rimediare qualche spicciolo suonando un po'. Gente che non se lo puó permettere, il travestimento da Babbo Natale.
Quando la magia va a farsi fottere, perdonatemi la volgaritá.
Cercando, figlia ipocrita del mio tempo, di scacciare questi pensieri tristi da una mente giá debilitata, mi sono allora concentrata su altro.
Con effetti nefasti, ovviamente.
Mi sentivo particolarmente polemica, e ho iniziato a riflettere sull'espressione tanto usuale "vita quotidiana". Ma scusatemi tanto, che diamine di senso ha?! Esiste per caso una vita non quotidiana? Ci si ostina a usarlo, quest'accostamento, e spesso assume una connotazione di routine, noia, cose che si fanno sempre.
Bé, é un errore bell'e buono, secondo me.
Per quello che ne so io, la vita non é mai quotidiana, non ripete, come Paganini. E' per questo che la noia mi fa rabbia, é uno spreco di tempo auto-inflitto. Vabbé, mi sto perdendo come al solito nei meandri delle idiozie che scorrono in sovrimpressione sulla mia corteccia cerebrale.
Esistenzialismo da due soldi, lo definirei.
Quando, poi, il mio sentimentalismo sfrenato viene spento dalle demenziali scene alle quali assisto, in genere al bar, mi dico che devo essere proprio imbecille per lasciarmi ancora prendere dalle favolette che mi disegno in testa.
Stamattina stavo facendo colazione, e al tavolo accanto al mio era seduta la donna che credo sia il sogno dell'intera popolazione maschile del mio quartiere. Altissima, di colore, fisico da paura, capello fluente, sorriso perfetto e occhi di ebano, benvestita, gentile...e sposata. Dettagli, quando é sola.
Se ne stava tranquilla a bere il suo lattecaffé, e nessuno la disturbava, a parte qualche occhiata furtiva ogni tanto, cosí, per una breve scossa di piacere mattutino. Dopo poco lei si é alzata ed é andata al bancone a pagare.
APRITI CIELO (e inghiotti tutti i cascamorti, per favore).
Divertente, e anche un po' patetico, osservare il livello di rimbecillimento degli uomini quando hanno la possibilitá di scambiare due radiografie...scusate, due parole, con una bella signora. Le scuse per attaccare bottone diventano le piú svariate: dal digitale terrestre che io ce l'ho lei ce l'ha noi ce l'abbiamo ebbene ora che abbiamo fatto la conta che abbiamo concluso, al pizzetto del barista che "sí mio padre mi diceva che sembra una fila di formiche". Fammi un favore, taci, tu e quelli come te.
Anzi no, dimmi, piuttosto: come si fa a competere con una tale, lucida idiozia?
E qui, c'é chi dice STOP AL TELEVOTO, chi STOP ALLE TELEFONATE, chi, come me...
STOP AL DEGRADO.

mercoledì 24 novembre 2010

Esporsi allo sputtanamento.

Qualche giorno fa ho scritto, su Facebook, che non esiste grande differenza tra l'esporsi e lo sputtanarsi, in fondo.

Bene, é una cazzata.

Se recentemente mi sono esposta, adesso voglio sputtanarmi.



Lo faccio perché tanto c'é e ci sará sempre, nonostante i miei sforzi, il mio prendere le misure prima di agire, il pensare il ragionare il ponderare (orrore!), qualcuno per cui non saró mai ABBASTANZA:

-carina

-intelligente

-brillante

-simpatica

-sexy

-interessante

-affascinante

-sorridente

Oppure lo saró troppo, che non va bene lo stesso.



La veritá, comunque, é che ormai non me ne frega niente.

Io mi piaccio cosí come sono, con le mie imbranature esagerate, la mia insicurezza mascherata da sicurezza, il mio nascondermi dietro una buona proprietá di linguaggio e la mia sensazione di non essere mai nel posto giusto al momento giusto.

Quindi basta.

Tanto per cominciare, non ho una rotella che giri per il verso giusto, neanche per sbaglio.

E' come se dovessi gestire perennemente una gemella siamese con un carattere opposto a quello dell'altra.

Una si sente una gran paracula, un po' maschiaccio, sofisticata allo stesso tempo, un po' stronza, sarcastica, aggressiva e sicura del fatto suo e della sua indipendenza ostentata come cavallo di battaglia.

L'altra é una palla al piede, con tutto il rispetto.

Insicura, si sente piccola, indifesa, s'intristisce facilmente, passerebbe la vita a farsi coccolare. Esperta decennale in figure di merda, ne fa di continuo, lasciando alla sua gemella l'onere di rimediare, col risultato di mostrare al mondo una grave dissociazione mentale (non dimentichiamo che questi due personaggi sono riuniti in una persona sola, quindi che splendido effetto fará il passare dagli occhioni dolci alle risposte al fiele nel giro di un nanosecondo).

Una ragazza equilibrata, non so se mi spiego.



I rapporti interpersonali sono un gran casino, quasi piú di quelli intrapersonali accennati poc'anzi.



Intanto torno alla prima persona, altrimenti veramente non si capisce piú un beneamato.

Dunque, dicevo. Ho piú successo con le donne che con gli uomini. Le donne mi trovano entusiasmante a dir poco, mi elogiano spesso e volentieri, mi cercano, mi scelgono come punto di riferimento.

Le donne colgono il giusto dosaggio tra le due gemelle, e si prendono il buono di entrambe. Che vi assicuro, c'é, anche se magari non si vede subito.



Gli uomini...fondamentalmente mi mollano. Ammesso che si avvicinino, il che non é scontato.

Ultimamente un ragazzo mi ha detto, mentre aveva la fortuna di osservarmi in una fase in cui prevaleva senza dubbio la gemella stronza in versione amplificata: "Io proprio non riesco a immaginarlo un uomo per te. Dev'essere troppo cazzuto."

In effetti non guasterebbe, mio caro.



Eppure, quando nei paraggi c'é qualcuno che m'interessa, la gemella piattola&femminuccia domina, e succede che, in rapida sequenza, io sia in grado di:



-perdere la facoltá di deambulare, cadere dai tacchi (le rare volte che li indosso)

-dire la prima stronzata che mi passa per la testa dimostrando facoltá cognitive piuttosto ridotte

-immaginarmi brutta come una rana con l'acne e, in caso di complimento, rispondere con uno sconvolto:"ah sí?", diventando color arcobaleno e magari riuscendo anche a fare una smorfia orrenda, frutto marcio dell'incrocio tra un sorriso e un'espressione di disgusto

-iniziare a parlare come un'afasica, o in alternativa non capire un accidenti di quello che mi viene detto, e chiedere di ripetere sessantacinque volte al mio interlocutore

-sudare chediocelomanda

-atteggiarmi a fumatrice, quando in realtá fumo una sigaretta ogni tanto, col risultato che ogni volta mi gira la testa, e anche se non mi dispiace l'effetto, mi sento piú cretina di prima

-cedere il posto a Miss Hide, la gemella stronza, che in genere riprende il controllo mandando a fanculo se stessa, poi gli altri, ma sempre con innata classe, eh!



La situazione é drammatica, e non tanto perché spesso il mio atteggiamento manda in confusione, incuriosisce e allontana allo stesso tempo, quanto per il fatto che le persone che conosco fanno fatica a inquadrarmi. Sono un po' fuori dagli schemi, diciamo, e l'essere lunatica mette in crisi non solo gli altri, ma anche me stessa (una terza? No, per caritá), quella che vorrebbe categorizzarsi, mettersi in ordine e tranquillizzarsi.



Bé, sapete che vi dico?

Che mia nonna ha sempre avuto ragione (anche se é incazzata con me da due mesi e quindi dovrei fare un po' la sostenuta): lei dice



TUTTO A POSTO E NIENTE IN ORDINE.



E questo, sono io.

lunedì 8 novembre 2010

Cosa importa.

Non m'interessa averti
anche meno
che tu abbia bisogno di me.
Preferisco
la certezza insolente
di essere entrata in te
un giorno, per caso
e sapere che l'idea di me
semplice, spoglia
inaspettatamente possa affiorare
mentre vivi la tua vita
per conto tuo
da me distante.
Il pensiero della mia persona
ti sará accanto
qualche volta
discreto e superfluo.
Presente,
sopra
tutto.

sabato 6 novembre 2010

Dateci una lezione.

Ore 9:00.
Prima lezione della giornata.
Una classe di debosciati.

(Non é sempre stato cosí, comunque.
Il crollo della motivazione si é verificato in seguito a una serie di circostanze frustranti, che hanno fatto in modo che il Fronte Studentesco si coalizzasse per sabotare i soporiferi corsi.)

Il professore entra in aula con l'entusiasmo di un condannato alla forca, dice un fiacco "Buongiorno" e osserva i suoi spumeggianti studenti che, angosciati dalla prospettiva di una mattinata noiosa almeno quanto la messa cantata, entrano ed escono dalla classe fluttuando. Piú morti che vivi (zombies, praticamente), si aggirano tra la macchinetta del caffé, dalla quale sperano di ricevere una botta di energie che non arriverá mai, e i loro posti a sedere.

Poco dopo, la spiegazione ha inizio.
Se il prof. gridasse:"Al mio segnale, scatenate l'inferno!" probabilmente si creerebbe meno casino.

La prima fila, occupata da un paio di impavidi che la lezione l'ascoltano, o almeno ci provano, non si sa bene se per spirito di sacrificio o per reale interesse, viene ininterrottamente disturbata dalle seconda e terza fila, dove un gruppo di quattro/cinque squilibrate non trova di meglio da fare che lanciare improperi (a voce piuttosto udibile, tra l'altro) contro:

il sistema universitario
gli esimii professori, interessati unicamente al loro lauto stipendio
il corso di laurea che stanno frequentando
se stesse per aver fatto una scelta sbagliata
la crisi
i soldi
l'Italia
la politica
il futuro
il tirocinio non pagato
il lavoro che non c'é e forse non ci sará
fidanzati, genitori, cani gatti & affini
ecc ecc.

Le uniche occasioni in cui si zittiscono, sia loro che le retrovie (altrimenti chiamate "il mercato del pesce" per la confusione che vi regna sovrana), é quando diversi studenti portano con sé il pc.

"Salvati dal wireless".
Sembra il titolo di una puntata idiota di qualche telefilm altrettanto idiota.
Ad ogni modo, col computer alla mano é tutt'altra storia.

L'orribile, inutile lezione diventa a dir poco esaltante.
La seconda fila chatta su Facebook con gli occupanti delle ultime file, un gruppo di anarchico-insurrezionalisti della peggior specie, e un'atmosfera da cospirazione si diffonde.
Le parole del prof. vengono volutamente travisate e assumono significati sessuali, le retrovie commissionano pacche non proprio delicate ma amichevoli agli unici FOLLI che si ostinano a concentrarsi sulla lavagna luminosa, e nel frattempo vengono pubblicati video assurdi sulle bacheche del social network. Senza contare le risatine, che si sprecano e sono consapevolmente poco discrete.
Tutti diventano complici di una sommossa SUBLIMATORIA.
Quel che accade é la manifestazione di una compensazione un po' crudele delle frustrazioni subite negli ultimi anni a causa di un insieme di Adulti ET Professionisti, il cui cavallo di battaglia é l'OTTIMIZZAZIONE (e se la qualitá va a puttane, chissenefrega).

Ecco, a cosa serve la Psicologia (ahahah).

Una Voce.


Mi sono chiesta spesso quale sia il meccanismo che regola l'entrata e l'uscita delle idee dalla mente.

Cosa succede quando un pensiero diventa fisso, si aggrappa ai tuoi neuroni e dirige le tue sinapsi, come un direttore d'orchestra che scelga di far suonare sempre la stessa sinfonia, senza sosta, ai suoi musicisti sempre piú confusi?

Questo non lo so, ma la melodia la conosco bene.

Una voce si é fatta spazio nella mia testa. Piú precisamente, é come se avesse subaffittato un enorme attico dentro il mio cervello, e vi si fosse installata portando con sé un contorno ricco, fatto di mobili, suppellettili e oggetti di ogni sorta.
Un'inquilina ingombrante, a momenti fastidiosa eppure adorabile.

Rinunciarvi non é possibile ormai, non rimane che cedervi, o resisterle.

E' una voce suadente, conosciuta per caso. Il suono che produce richiama immagini e desideri ben riconoscibili. Desideri che non desidero avere.Eppure son qua.
Parassiti delle certezze costruite negli ultimi tempi un po' per necessitá, un po' per convinzione.

Insomma, cazzate.
Cos'é, poi, una certezza?

...

Forse solo l'immagine di me, che ancora una volta scrivo di notte pensando a cosa (chi?) diventa ospite senza aver ricevuto l'invito.

(Buonanotte anche a te, mia bella Voce)

mercoledì 3 novembre 2010

Io, me e Cohen.


Cohen mi parla stasera

a voce bassa, insistente e calda

"avanti, avanti ancora,
fin dentro la tua immaginazione agonizzante".

Fossi in me
eviterei

ma in me
non sono mai

(veramente mi piace cosí)

E allora

navigazioni prolungate
dentro scenari irrealizzati irrealizzabili

realizzabili(?)

non lo sai
finché non ti capita

di aggredire un viso
quel viso

alla ricerca di un segnale

mentre diffondi

-ingombrante abat-jour emozionale-

un' inquietudine soffusa

unita a brevi compulsioni
piccoli riti di attesa


di cosa, poi

-giovane accattona d'illusioni-


cerchi un contatto
che dia ragione
all'agonia inutile
dei tuoi viaggi mentali.

Li hai forzati
e la logica anche stavolta


-tanto per cambiare-

l'hai allontanata

dove andremo a finire

No mia cara
dove andrai

io
se non ti spiace
stavolta me ne lavo le mani.