mercoledì 28 novembre 2012

Elogio della Lagna.

Mi sveglio sempre troppo presto. E ci credo, tra il letto di una scomodità disarmante, che quando riacquisti la propriocezione sembra che ti abbiano picchiato selvaggiamente, il gatto che durante la notte adora passeggiarti in testa, sullo stomaco, sdraiarsi in mezzo alle gambe, stampare il suo naso freddo e umido sul tuo, e un ragazzo che quando inizia a prepararsi per andare al lavoro fa più o meno lo stesso casino di un'officina meccanica in piena attività, le possibilità di continuare a dormire ammetteremo che non siano poi moltissime.
A meno che tu non sia morto, e fortunatamente non è ancora il mio caso.

La sostanza è che alle sette sono in piedi già da venti minuti e dopo un'ora sono alle prese con un'alterazione del pensiero immunitario: praticamente il mio cervello cerca di autodistruggersi avviluppandosi in un gomitolo di stronzate appositamente create per rovinarmi la giornata.

La medicina, in questi casi, è quasi sempre indisponibile.

Vorresti fare una passeggiata rigenerante e piove; vorresti un cappuccino caldo e ti arriva da ustione di terzo grado (che normalmente ti procuri alla lingua); vorresti fare due chiacchiere con un amico e sono tutti al lavoro/a dormire o scopare/lontani/disperati almeno quanto te quindi forse è meglio evitare; vorresti ricevere una chiamata che ti dia speranza sul tuo futuro lavorativo e ricevi invece il consiglio di partecipare ai concorsi per vincere un posto al Comune e scaldare la sedia per i prossimi centotrent'anni.
Grazie, agli istinti suicidi non sono ancora arrivata, ma ci penso su eh?
E siamo solo alle otto e mezzo.

Mandare cv, leggere, scrivere, informarsi, passeggiare, guardare un film, cazzeggiare su Facebook, spazzolare il gatto, pulire, cucinare, fare la spesa, andare in bagno e farsi un bidet sono tutte attività estremamente edificanti, ma di solito alle quattro di pomeriggio hanno inevitabilmente rotto il cazzo e tutte in egual misura.
Eh sì, lo so che c'è chi pagherebbe per farsi un paio di settimane così (appunto, al quindicesimo giorno posso assicurare che possono bastare).
So anche che c'è chi questo tipo di vita la fa da anni e non è contento né si lagna, e so benissimo che c'è anche chi sta molto peggio eccetera eccetera.

Per una volta, però, posso dire liberamente ed egoisticamente che io di fare la gara a chi sta peggio non ne ho mezza voglia, come dicono qua?
Ebbbbasta, non posso sentirmi in colpa ogni volta che mi capita di sentirmi triste, annoiata o quando mi succede di pensare di aver preso una fregatura colossale.

Voglio, anzi pretendo almeno una volta al mese il legittimo impedimento a interessarmi agli altri quando girano le palle a me.

Il che è molto diverso dall'essere indifferente ai destini altrui o più in generale al destino del mondo, semplicemente ogni tanto sarebbe meraviglioso che la gente ti dicesse solo che capisce il tuo stato d'animo piuttosto che ricordarti che come te ci sono altri milioni di persone - e nel gruppo naturalmente vengono inclusi anche gli inflazionatissimi quanto ignoratissimi (se non a parole) bambini africani, i disabili, i senzatetto e i malati - che stanno peggio, molto peggio.

"C'è chi il lavoro l'ha perso dopo vent'anni e adesso non ha una casa, e ti lamenti perché non hai un lavoro?"

Quindi secondo queste logiche brillanti non dovrei deprimermi a maggior ragione ma dovrei andarmene in giro felice e contenta perché l'intero pianeta è una merda. Paradossale, no?

A 'sto punto non lo so, tutto questo comprare indulgenze con un'ipocrisia spicciola, da talk show delle buone intenzioni anche quando è evidente che quando va bene la più grossa preoccupazione si ferma al perimetro del proprio orticello...boh, a me un po' ha seccato.
Propongo di indire il giorno della "lagna libera", del tipo che te ne vai per strada e ti lamenti inconsolabile col primo che t'ispira e che non sa e non saprà mai per quale motivo sei in quello stato, e quello deve limitarsi a pacche sulle spalle, religioso silenzio e dovrà anche darti un fazzoletto per impedirti di smoccolargli sulla manica.

Così, un atto di catarsi non inficiato da giudizi di valore, da un concetto di dolore più o meno giustificato.

Lavori troppo? Lagnati.
Lavori troppo poco? Lagnati.
Ti vedi brutto? Lagnati.
Ti hanno derubato? Lagnati.
Il tuo grande amore è partito? Lagnati.
Ti manca molto qualcuno? Lagnati.
Non sai fare altro che lagnarti? Lagnati.
Sei troppo fortunato per essere felice? Lagnati.

E così via all'infinito, una volta al mese. Il resto del tempo facciamoci tutti un favore: godiamocela 'sta vita.









venerdì 23 novembre 2012

Un giorno come gli altri.

Imposte chiuse
luce che filtra in piccoli raggi invadenti.

Sbatto palpebre soporose dal letto vicino
e pigramente osservo il pulviscolo ballare
poi arrivarmi addosso
senza mai toccarmi veramente,
illusorio amante di un giorno come gli altri.

Ed è subito in me
La metafora delle cose che s'improvvisano leggere
mentre inequivocabilmente penetrano,
nessun segno visibile

a parte l'improvvisa stridente epifania
di un'alba finita troppo presto
dentro un sole semplicemente
osceno.

mercoledì 14 novembre 2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile.

Una felpa comoda
un paio di scarpe senza tacchi

-così si riportano i piedi per terra-
(e non solo i talloni).

Per quanto tentiate di schiacciarle
due piccole ali continuano a spingere e bucarmi la pelle

(e il sogno diventa infezione
da cui non voglio curarmi).

Preferisco sanguinare a vita
che permettervi di medicarmi

con la vostra
presunta forzata
realtà.