martedì 28 febbraio 2012

Ecologia del dispiacere.

I periodi di merda capitano, non può filare sempre tutto liscio. Ogni tanto la fiancata alla macchina la fai. La macchina sei tu, in questo caso; tu o un tuo amico tua sorella tuo fratello la mamma il fidanzato il trombamico o chi sia sia di cui t'interessi tanto da sentire un po' di male anche se la fiancata la fa lui e teoricamente non condividete la carrozzeria.
A questo proposito, diciamolo, questa compartecipazione al dolore, la tanto esaltata empatia è un po' una fregatura per le ragioni di cui sopra, perché se le persone a cui tieni non sono in forma per niente (giusto per usare un eufemismo) ci pensi e ci ripensi e alla fine ti senti una mezza schifezza anche tu. E poi 'sta storia dell'empatia ti fotte soprattutto perché alle volte ti fa sentire davvero impotente, perché la verità è che non sei d'aiuto.

Prevedibili commenti: ma che dici, basta la presenza!

Basta la presenza è una cazzata, più o meno come l'espressione "basta il pensiero".
Allora adesso ditemi un attimo, quando aprite quel regalo orrendo che vi fa capire che la persona alla quale volete così bene non ha capito un cazzo di voi perché altrimenti non si sarebbe mai sognata neppure di pensare che avreste potuto apprezzare quella teiera del '800 che le spacchereste volentieri in testa, vi viene in mente che basti il pensiero? No, pensate a dove nascondere l'orrore, o in alternativa a come distruggerlo facendo pensare a un incidente.

Ed è così anche quando subite tracolli emotivo-sentimental-sociali. Non parliamo di stupidaggini (che poi tutto è relativo e ognuno ha la propria bilancia emozionale), parliamo di cose importanti, che lasciano il segno.
Certo, chiunque dovrà riconoscere che non sia da poco avere gli amici intorno e i pat-pat sulla spalla e il fazzoletto di carta che arriva proprio nel momento in cui si sta piangendo talmente tanto da rischiare d'inondare la stanza di moccolo, ed è importante anche che ci sia qualcuno a fare la voce grossa quando si ha voglia di abbandonarsi come un fuscello al vento del proprio destino di solitudine e morte...però la sostanza è che non basta.

La verità vera è che le persone non si possono riverniciare.
A parte che anche sulla verniciatura ci sarebbe da ridire, perché se la carrozzeria è ammaccata nascondi un po' il danno ma quello resta, non è che sparisca perché sei arrivato tu bel bello a darci un po' di colore sopra.

Tutto questo per dire che forse sarebbe più giusto se tutti avessero un tastino da qualche parte, un pulsante che amici parenti e volenterosi potessero usare all'occorrenza per accollarsi una piccola quantità di dispiacere che qualcuno d'importante sta provando, così, per alleggerirlo un tantino...una specie di donazione all'inverso in cui quello che si toglie all'altro può fargli solo bene e non disturba me che scelgo di prenderlo. E allora ci sarebbe una piccola parte di dolore per me, un'altra per lui, un'altra per lei, un'altra per chi s'offre -curiosa assonanza vero? Ma s(')offrirebbe solo un pochino, in fondo- e così fino a disperdere macrodolori in microdolori.

C'è chi se la meriterebbe proprio un'empatia di questa portata.

mercoledì 22 febbraio 2012

Omaggio apolitico a un partigiano incontrato per caso.

Una panchina nel sole
ritaglio di Sardegna
sono isola dentro l'isola,
perché al sole
la solitudine non guasta.

Posso guardare la vita proseguire
lasciarmi indietro un momento
ho il diritto di rimanere seduta
senza chiedermi
anche questa volta
cosa devo dimostrare adesso?

Arrivi poco dopo
vecchia nave stanca e solida e carica
tocchi le mie sponde
coi tuoi novant'anni di Storia
in cambio di un sorriso dai miei venticinque.

Tu che hai lottato sulle montagne
in ciabatte
m'hai detto
i piedi a rompere un ghiaccio
tutt'altro che metaforico.
La tua minaccia
aveva un nome e un cognome importanti
Guerra Mondiale.

E mentre parli
mi domando perché
il tuo sforzo
sembra così indifferente al mondo
oggi.
Mi chiedo
per quale libertà hai combattuto
se ancora combatti
e se sia poi tanto diversa
da quella che immagino io.

Mi piacerebbe sapere
tutte queste cose

sono sul punto di dirtelo

poi

mi racconti dei tuoi nipotini
e ti vedo trasformarti in uno di loro;

mi dico in silenzio
per oggi le risposte mi bastano.

venerdì 10 febbraio 2012

Allerta Neve.

C'è l'allerta neve. Anzi no, mò non la chiamano più allerta neve, ma allerta "blizzard", nome esotico per dare un tocco cool alla BUFERA DI NEVE. Vento ghiaccio neve freddo polare. Un bordello. La Protezione Civile dopo le recenti accuse invita a rimanere a casa dalle 12 di oggi fino ad almeno le 17 di domani. E tu siccome sei un po' imbecille (oltre che una cagasotto) resti a casa per evitare di essere sferzata da gelide folate arricchite da corpi contundenti che potrebbero avere voglia di fracassarsi sulla tua faccia distruggendola definitivamente. Che poi vabbé, sarai anche esagerata ma tu e il freddo siete come il cavolo e la merenda, insieme non ci state a dire niente. Sei nata e cresciuta al Sud, in quel magico regno dove la temperatura non scende mai oltre gli otto gradi centigradi, e lì ci sono tanti altri problemi e su questo siamo d'accordo, però vuoi mettere? Resti a casa, dicevamo, e ti arroghi anche il diritto di fare la distaccata rispetto all'ondata di panico che ha coinvolto mass media e compagnia, e continui a ripeterti "sssciono proprio eccessscivi, tutto questo allarmissscmo per un po' d'inverno aaaatipico". Godi anche, nel pronunciare a te stessa la parola atipico, pensando che ti descrive proprio bene, e già a quel punto avresti dovuto capire che sei fuori strada come un suv impantanato. La verità vera è che non usciresti a fare un giro neanche se ti dicessero che al posto della statua del Nettuno, in centro c'è l'albero della cuccagna che sta aspettando solo te. Sì, resterai nel tuo piccolo bunker sopraelevato a leggere-scrivere-far di conto (no, questo mai)-conversare telematicamente con i tuoi amici-guardare fuori dalla finestra-rimuginare su eventi insignificanti. Tutte attività altamente edificanti. Alle 12 non succede un cazzo, comunque. Eh, non è che le nuvole c'avevano l'appuntamento, no? Arriverà, la tempesta arriverà. Alle 19.08 la situazione è identica a sette ore prima. Nel frattempo hai trascorso il tuo tempo concentrandoti, tra le altre cose, sui vari siti online dei giornali, che su Bologna scrivono prima "GLI ESPERTI DICONO: BUFERA IN RITARDO DI DUE ORE", poi "...DI TRE ORE", e alla fine optano per un più vago "BUFERA IN RITARDO". Ah, quindi possiamo aspettarcela anche per il 21 aprile? Almeno che si scusi, quando arriva. Pure alle bufere manca l'educazione, non ci posso credere. E in tutto questo non è che ti venga in mente di uscire, intanto, così magari prendi un po' d'aria e ossigeni 'sto cervello rimbambito...no, rimani a rotolarti sul divano col gatto, che lo fa mille volte meglio di te perché oziare senza scopo è la sua missione nella vita. Il risultato è che il tuo livello di nevrosi, già abbastanza alto prima dell'emergenza maltempo, adesso è ineguagliabile. Inizi a dedicarti ad attività che ti rammentano che ti stai pericolosamente avviando a essere l'anello di congiunzione all'indietro tra l'uomo e la scimmia: mangi una banana, ti gratti la testa, rimani lunghissimi minuti davanti al pc senza fare né pensare alcunché, e fermiamoci qui che è meglio. A un certo punto pensi che è ora di smetterla, quindi ti alzi, fai un giro attorno al tavolo, per un attimo pensi di poter uscire o invitare qualcuno, e infine ritorni esattamente nella posizione di partenza perché ti ricordi che l'ultimo match di rotolamento l'ha vinto il gatto e hai bisogno di una rivincita.