martedì 30 ottobre 2012

La poesia.

Mi piace la poesia perché è ermetica, in due parole ci metti un mondo e ognuno capisce il cazzo che gli pare, com'è giusto che sia.
Tanto diciamolo, la vita va così, e la poesia è molto più vera di un discorso. I discorsi vengono fraintesi quando non dovrebbero esserlo e anche quando tutto sembrerebbe spiegato per filo e per segno, il che dopo un'ora di parole e voce persa a raccontare, ti fa pensare "perché non scelgo mai il silenzio?".

Con la poesia è tutto decisamente aleatorio, quindi ogni interpretazione va bene e ogni interpretazione va accettata senza tante paranoie.

Forse gli uomini dovrebbero parlare alle donne in forma di poesia, del tipo

"il tuo silenzio non mi sfugge
la tua parola mi cattura
ma apprezzo il primo come un dono
mi lascia ad ammirare il tuo sguardo."

Ecco, una cagata del genere è un modo gentile per dire "quando non parli sto da dio" o "sono stufo di ascoltarti, piuttosto andrei a farmi recidere un testicolo", ma il messaggio che lei percepirà sarà "che dolce, mi ama quando gli parlo e mi ama quando non gli parlo, è DI SICURO l'uomo della mia vita".

Oppure

"Dolce amore
mani d'oro ho visto in te
in altre mai,
io bracciante povero
piacere non so dare
allora insegnami ad amare
come solo tu sai fare"


E lui intende "troppe rogne con 'ste coccole...e un po' più giù e un po' più su, datti da fare tu che facciamo prima". Lei capirà "sono l'unica delle persone con cui è stato che riesce a dargli tanto, sono DI SICURO la donna della sua vita".

Alle donne piace capire l'essenziale: il proprio punto di vista sul mondo. E allora semplifichiamoci tutti l'esistenza, una buona volta.
Prendiamo esempio da Franco Battiato, i tre quarti delle sue canzoni sono totalmente oscure e per questa ragione affascinanti. L'ipocrisia di affermare che l'importante siano la chiarezza e la trasparenza...ma per carità! Io dico che la chiave non è la chiarezza, ma la creatività.

Dì pure quello che vuoi, ma bada bene a farlo facendo in modo che nessuno se ne accorga.

E campa cent'anni, senza rotture di coglioni.





domenica 28 ottobre 2012

A horse with my name.

Tempo di merda.
Un ragazzo svenuto sul letto
respiro lento e regolare
e la pioggia e il freddo e il silenzio.

Va bene, va bene così.

Pace a buon mercato in un pomeriggio senza innesco
dentro una domenica qualunque,
banale preludio di lunedì incerto.

Eppure ha tutto il senso
del movimento

senza briglie
senza fantino
senza morso.

Proprio nessuno sa
nel preciso istante in cui si avvicina

se il cavallo salterà la staccionata
e riprenderà a galoppare.

mercoledì 24 ottobre 2012

Mercoledì di luna grossa.

Quando i pensieri vanno a mille

una testa sempre troppo lucida

e quello che cerchi da una vita
è perdere un po' il controllo
e smettere di scrivere bene
senza errori

ma qui c'è anche uno stramaledetto iphone a correggerti
il più delle volte scrivendo cazzate
che tu riesci comunque a mettere a posto.

Salire le scale sembra un'ardua impresa
ma lo fai e nel frattempo scrivi
come se le parole appartenessero a un altro

ti dai del tu
senza spiegazioni di sorta
come a un amico che conosci bene
e sai che non ti giudicherà

anche se sei onestamente a pezzi
e la cosa peggiore
è che non ti dispiace

cerchi un modo per uscire da te
ma non c'è verso
è quello che sei
nitida
come una notte di luna grossa.


(E mentre barcollo un po'
so benissimo come vanno piegati i pantaloni
per non stropicciarli,

e il mio dramma è tutto qui).



lunedì 22 ottobre 2012

The silent wave.

E' questione di temperamento
questa passione cocente per le parole

l'onda incalzante della discussione
non mi è dispiaciuta mai.

E c'è poco da ragionare
la violenza non c'entra
ho conosciuto onde aggressive
altre mi hanno sfiorato appena

carezze di schiuma
e
schiaffi di sale.

Nell'uno e nell'altro caso
è stato impossibile che non m'insegnassero qualcosa;

così ti spiego
l'unico motivo per cui continuerò a dirti quello che penso
anche quando a me non sarà concessa una corazza di scoglio:

succede così alla gente come me
so stare zitta solo di fronte al mare.

martedì 9 ottobre 2012

SetteOttobre2012

E un secondo dopo, sono sopra la città dove vive uno dei grandi amori della mia vita, mia sorella.

Sono sopra la sua casa la sua testa e sopra i suoi bellissimi occhi castani. Sono diretta chez moi, alla mia di casa e mentre l'aereo continua il decollo io mi chiedo come sia possibile che riesca a volare con un carico così pesante di malinconia.
Mi ritrovo gli occhi luccicosi e un po' me ne vergogno un po' ne sorrido, rassegnandomi al fatto che alcune cose non cambieranno mai, quella sensazione agrodolce di lasciare ogni volta a terra un pezzo grosso di me spunterà fuori a ogni saluto.

E tutto quello che c'è da sapere è che per quanto io e lei possiamo avere vite e città diverse, nazioni addirittura, restiamo complementari e mi basterà un attimo perché l'appartamento che non ho mai visto diventi casa e unicamente per il motivo che lì dentro ci mangia e ci dorme lei, poco importa che sia dietro l'angolo o dall'altra parte del mondo.

Ho smesso di pensare a cosa ci accomuna e cosa ci differenzia, siamo simili e diverse per un milione di ragioni o forse per nessuna, è mia sorella ed è la persona che immagino al mio fianco una trentina di volte al giorno. E dire che per anni le nostre separazioni sono durate il tempo di una mattinata; il resto delle giornate lo passavamo a litigarci giocattoli e capricci, ma in fondo è sempre stato bello anche litigare per chiedersi scusa a vicenda mezz'ora dopo, con lo sguardo basso per poi rialzarlo subito e rivedersi con occhi diversi, più sorelle di prima, ammesso che sia possibile.

Con questa consapevolezza ci salutiamo ogni volta, prendiamo un aereo e proseguiamo i nostri giorni così, semplicemente in posti diversi, lontani mai.
Mi congedo allora, dopo un piantino discreto contro il finestrino dell'aereo, dalla mia Marina, dal suo caffè buono, dalle riflessioni sulla crescita dell'edera sul muro del terrazzo, dalla ruga di espressione delle sue sopracciglia involontariamente un po' corrucciate e dal suo ciao con la mano sulla porta, e mi congedo anche dalla bella Garonne e dall'intera Bologna francese.

À bientôt Toulouse.