lunedì 7 novembre 2011

LA TAGLIOLA

Un sorriso metallico scattò sul volto rugoso. Se gli avessero chiesto di descriverlo, avrebbe detto che gli ricordava la tagliola a denti stretti, la stessa che tante volte aveva visto chiudersi implacabile sulla zampa della volpe, o quel che era. Quell’aggeggio infernale, che aveva posizionato in punti strategici per vent’anni, lo strumento che lo faceva sentire forte e capace di decidere della vita o della morte di un essere vivente, adesso era lì, di fronte alla sua faccia, minaccioso come non mai, a fargli passare in rassegna gli occhi e i lamenti morenti degli animali che aveva ammazzato.
Aveva capito da un pezzo che non avrebbe mai più cacciato. Era diventato la preda, la cavia da esperimento in attesa di sevizie che dimostrino al mondo l’inutilità della vita quando non è la tua.
Il suo aguzzino non si accontentava di sorridergli a quel modo, lo torturava guardandolo con gli occhi di un passato che era stato abortito. E gli raccontava delle storie, mentre lui se ne stava legato sul gabinetto. In questo modo, gli aveva detto il suo carceriere, non dovrò prendermi la briga di pulire la tua merda.
Da quanto andava avanti così? Una settimana, un mese? Seymour non lo sapeva, e aveva smesso di chiederselo. Desiderava soltanto che la fine arrivasse presto, e che quei racconti cessassero.

“Ti ricordi, Seymour…eri solo un bambino. Tuo padre cercava d’insegnarti l’arte della caccia, e tu cosa facevi? Te ne stavi tutto il tempo a salvare quaglie e cerbiatti dalle sue trappole. Poi tentavi di distruggerle, e tuo padre non faceva che riempirti di botte. La senti questa canzone, Seymour? E’ la stessa che c’era in quei giorni, solo che la cantava tua madre. Era lei a consolarti, quando piangevi e non riuscivi a muoverti per giorni interi a causa del dolore del bastone di tuo padre. Era quello che voleva, immobilizzarti per impedirti di rovinargli la festa nel bosco. Gli piaceva ammazzare, a tuo padre. E anche a te piace farlo, vero? Cantala con me, Seymour, è una bella canzone, non trovi? Aveva una bella voce, tua madre.

Talk to me softly, there’s something in your eyes…Don’t hang your head in sorrow,
and please don’t cry…I know how you feel inside,
I’ve been there before…

E poi, Seymour? Cos’è successo poi?”

Lui gridava sempre, a quel punto, per farlo smettere. E la tagliola scattava. Quel maledetto ghigno.
Don’t cry dei Guns N’ Roses, sarebbe stato meglio morire, che ascoltarla ancora.
Rivedeva il volto pulito di sua madre, le sue mani morbide che sembravano poter lenire qualunque dolore, fuori e dentro di lui.
E pensare che l’aveva cancellata, quel giorno e per vent’anni.
Era un adolescente sbarbato, una volta, ma coraggioso. Non aveva mai smesso di distruggere le trappole di suo padre, si era abituato alle botte, alla puzza di vino quando lo picchiava, ai tentativi di sua madre di soffocare i gemiti di dolore quando la violentava. Seymour ci riusciva perché aveva uno scopo. In ogni uccello, volpe o cervo che salvava, ritrovava la gratitudine che vedeva negli occhi di sua madre, quando lo stringeva forte e gli faceva capire che riusciva ancora a vivere solo per merito suo. Quanto avrebbe voluto salvarla.
E quel giorno aveva corso a fiato perso tra gli alberi, non aveva badato ai rami che lo graffiavano, ai sassi che lo facevano inciampare. Aveva corso e basta, al primo grido.
Aveva da poco liberato un cinghiale, ci aveva impiegato un’ora buona, perché quello era grosso e spaventato e ferito e aggressivo.
Ce l’aveva fatta, alla fine. L’aveva guardato allontanarsi grugnendo, e aveva sorriso alla vita, che a volte sapeva essere così bella.
Poi l’aveva visto. Suo padre era rimasto a osservare tutta la scena. Gli aveva fatto cenno di sì col capo, sembrava incredibilmente tranquillo. Si era allontanato, col suo fucile.
Pochi minuti dopo, uno sparo. E l’urlo disperato di sua madre.

“L’hai ammazzata tu, Seymour, lo sai? Non avresti dovuto contraddire ancora tuo padre. Te lo ricordi, il seguito?
Sei riuscito ad abbracciarla un’ultima volta, mentre il sangue usciva e ti sporcava le mani. Per la prima volta hai cantato tu per lei, Seymour.

Give me a whisper,
and give me a sigh…Give me a kiss before you
tell me goodbye…Don’t you take it so hard now,
and please don’t take it so bad…I’ll still be thinkin’ of you
and the times we had, baby


E’ stata la sua unica richiesta, prima di crepare al posto di un cinghiale. E’ stata dura, eh? Eppure quale metodo più efficace, per insegnare a un figlio l’arte della caccia? Da quel giorno non hai fatto altro che uccidere qualunque cosa viva ti passasse davanti.”

Seymour piangeva, per la prima volta dopo vent’anni. Tutto il passato che non gli era stato concesso di vivere gli si riversava addosso, gorgogliando come un tubo di scarico intasato.
Dopo la morte di sua madre, aveva perso lo scopo. Ne aveva trovato un altro, per puro spirito di sopravvivenza. Era diventato il cacciatore migliore del paese. Spietato, gelido. Nessuna donna si era mai avvicinata a lui. Poco importava. Lui non amava, non ne aveva bisogno.
Viveva all’aperto, i suoi amici erano un coltello, un fucile e una tagliola, la stessa da cui aveva liberato il cinghiale.

“Tuo padre, Seymour, ricordi, è morto pochi anni dopo. Hai trovato il suo cadavere nella vostra casa, forse un infarto. L’hai dato in pasto alle bestie del bosco. Crudele, il piccolo Seymour. E pensare che sembravi un agnellino, tanti anni fa. Si cambia in fretta.
E di me che ne dici, ti sembro cambiato da allora?”

Seymour era sicuro di non aver mai visto il suo torturatore prima che lo sequestrasse. Gli ripeteva ogni giorno che non sapeva chi fosse, che non avrebbe mai potuto dargli la risposta che voleva, perché il ricordo non c’era, nella sua mente. Non era mai esistito.
E alla fine crollava, esausto, si addormentava e sognava continuamente sua madre. Sua madre e il suo calore, sua madre che gli chiedeva perdono, per cosa poi, sua madre che cantava, sua madre che moriva.
Si svegliava di soprassalto, quando l’uomo che lo teneva prigioniero lo schiaffeggiava col suo sorriso di tagliola arrugginita.
Cosa vuoi da me, gli gridava, perché non mi uccidi e basta, chi sei.
Poi aveva capito.
Un particolare, insignificante e fondamentale, l’aveva catapultato a quell’attimo lontanissimo. Quella voglia viola, sul collo del suo aguzzino, era la stessa che aveva attirato la sua attenzione tanti anni prima, quando aveva spiato sua madre e quell’uomo sconosciuto tenersi allacciati come se non ci fosse stato un domani.
E un domani non c’era stato.

“Tua madre era innamorata di me. Io di lei, Seymour. L’amavo più di ogni altra cosa al mondo. Non era facile stare con lei, sai? Riuscivamo a vederci solo quando tuo padre andava a caccia nella riserva di Shaw. Rimaneva fuori tutto il giorno, quel porco, e lei finalmente non era terrorizzata all’idea che tornasse da un momento all’altro. Le chiedevo ogni volta di fuggire via con me, di lasciarsi tutto alle spalle. Meritava una vita, tua madre.
Aveva troppa paura, e non ti avrebbe mai lasciato. Le dicevo che saresti venuto con noi, che ti avrei protetto come figlio mio. Non sono mai riuscito a convincerla, sai Seymour? Temeva che tuo padre avrebbe setacciato palmo a palmo ogni luogo conosciuto e non avremmo mai avuto pace. Un giorno fece un errore, l’unico della sua breve vita. Mi disse che se non avesse avuto un figlio, avrebbe tentato la fuga, ma il senso di responsabilità nei tuoi confronti le impediva di fare una mossa tanto azzardata, non voleva che ti succedesse qualcosa di peggio di quello che stavate vivendo. E’ stato un inferno, Seymour.
Una volta ti teneva in braccio, avrai avuto poco più di un anno, e la sentii cantare per la prima volta quella canzone.
Capii che amava te più di quanto avrebbe mai amato me. L’avrei accettato, Seymour, se lei non fosse morta a causa tua.
Da quando è successo, non ho fatto altro che sognare di ucciderti. Ti ho odiato e negli anni l’odio non si è spento. Mi hai rovinato.
Sfortunatamente, però, sei sempre stato troppo abile col fucile e col coltello, e non mi sono mai arrischiato ad avvicinarmi, fino a quando la tagliola non ti ha tradito, scattando al momento sbagliato e mozzandoti le dita della mano destra. Ho capito che era finalmente arrivato il momento, Seymour.
Adesso pagherai. Per me, per lei, per noi e anche per il bambino che eri e che hai ucciso insieme a tua madre.”

I denti della vecchia tagliola affondarono lentamente nel collo di Seymour. Il sangue iniziò a bagnargli le spalle. Guardò il suo carnefice ancora una volta, e realizzò che anche lui, il vecchio Devis Slinger, stava piangendo.
Chiuse gli occhi per respingere le lacrime amare, mentre sentiva rinascere nel petto il ragazzino di un tempo.
In sottofondo, la colonna sonora delle loro vite rubate.

But you’ll be alright now sugar,
you’ll feel better tomorrow…Come the morning light now baby,
and don’t you cry tonight.

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