sabato 26 febbraio 2011

Vita da Winter School

"Ma cos'é sta Winter School?"

"Una gita di due settimane all'inferno. Ci andró con alcuni miei compagni di corso, lí incontreremo altri studenti dalle universitá di Parigi, Barcellona, Valencia e Coimbra. E luminari della Psicologia del Lavoro ci allieteranno con seminari, lezioni, lavori di gruppo diurni e notturni. Alloggeremo tutti nello stesso hotel, in Spagna, a Gandía, ridente localitá BALNEARE in estate, desolante cittadina d'inverno. Piuttosto che andarci mi farei dare una martellata su un piede."

"Vabbé dai, esagerata! Sará una bella esperienza, ti divertirai! Perché sei cosí negativa?"

"Perché per un anno e mezzo ci hanno rincretinito di chiacchiere su questo benedetto Master. In realtá é stato tutto una delusione, non vedo perché la WS debba essere diversa."

Ho risposto in questo modo per (almeno) due mesi.
Poi é arrivato il giorno della partenza. E, nonostante tutto quello che leggerete, mi sono ricreduta.

19.02.2011-Sabato-
Con la morte nel cuore sento suonare la sveglia e mi alzo. Mi preparo velocemente, scendo a fare colazione al bar. Al ritorno vengo braccata da due testimoni di Geova che tentano di appiopparmi un sermone e qualche dépliant. No grazie. E comunque, che cazzo ci fanno in giro alle sette e mezzo di mattina?? Mistero della fede. Appunto.
Poco piú tardi chiamo il taxi che mi condurrá all'aereoporto. In macchina, Tiziano Ferro sbraita per venti minuti tutto il suo dolore.

Se il buongiorno si vede dal mattino...

-Domenica-
Sole su Valencia e cacca di uccello sulla mia testa, mentre spiego alla mia amica che la cittá mi ricorda la mia infanzia, per gli odori e la temperatura mite. Molto romantico.

Se il buongiorno si vede dal mattino...Puntata seconda.


Riassunto della prima settimana di WS:

Domenica pomeriggio ci siamo rassegnati al nostro triste destino: salire sull'autobus che ci avrebbe deportato a Gandía. Dopo una quarantina di minuti di strada e discutibili canzoni pop e neo-melodiche spagnole, finalmente siamo arrivati a destinazione. Hotel non male, camere doppie con bagno per la gioia del mio intestino, che alla privacy ci tiene non poco.

La prima sera é stata consacrata alla cena di benvenuto, rigorosamente inclusa nel "Social Program", agghiacciante etichetta assegnata a una serie di iniziative che dovrebbero facilitare la conoscenza e la condivisione multiculturale.

(Capitolo a parte sarebbe da riservare al cibo offertoci, di pessima qualitá. Tutto, dico tutto, galleggia in una brodaglia grassa, che nel corso dei giorni cambia colore ma non gusto. Il risultato é che durante pranzi e cene, piú che mangiare tendiamo soprattutto a parlare, socializzando alla faccia del Social Program. La colazione é riuscita a stupirci anche di piú: cornetti in vero cartone, brioche di gomma, caffé all'acqua e altre leccornie simili.
Non é finita qui: gli organizzatori sono evidentemente convinti che per lavorare duramente abbiamo bisogno di un gran numero di energie. Le nostre giornate si articolano allora in funzione del tempo che intercorre tra un pasto e l'altro. La sequenza é: colazione ore 8.00, merenda ore 11.00, pranzo ore 13.30, merenda ore 17.00, cena ore 21.00. Insomma, non si fa altro che mangiare. Peso previsto al rientro in Italia: 120 Kg, ammesso che riesca a contenermi.)

Da lunedí a venerdí abbiamo praticamente dimenticato di respirare. Non ce n'é stato il tempo.

Al momento, abbiamo all'attivo:

una decina di crisi isteriche, per motivi diversi (il menzionato cibo, la connessione wireless che funziona a petrolio, la difficoltá nell'addormentarsi perché il cervello continua a macinare dopo sedici ore di attivitá frenetica, la voglia di uccidere qualche membro del proprio gruppo di lavoro e cosí via)

qualche incubo (correlato di grida molto reali nel bel mezzo della notte)

diversi messaggi inviati in un italiano da far accapponare la pelle (succede, quando parli 12 ore al giorno in inglese)

pochissime ore di sonno (e innumerevoli e infruttuosi tentativi di mantenere alta l'attenzione)

overdose di discorsi a sfondo sessuale (dovuti alla mancanza di attivitá che lontanamente ricordino il sesso)

qualche bicchiere di vino pericolosamente mischiato alla stanchezza (con conseguente deriva del politically correct)

A questo si aggiunge l'arrivo al NOSTRO hotel di una comitiva di religiosi non bene identificati, carichi di adolescenti e neonati urlanti.
Cosa fanno? CANTANO e PREGANO. Oh Gesú.

Tanto per accostare il sacro e il profano, concludo con una chicca: oggi pomeriggio ero in bagno, in seduta, quando dal piano di sopra (suppongo) si sono levati alti i gemiti di una donna prossima all'orgasmo. L'orgasmo migliore della sua vita, a giudicare dall'ampiezza dei suoi urli.

Una bella differenza: io sul cesso e lei a letto (o insomma, ovunque stesse dando sfogo ai propri impulsi).
Eppure sempre di bisogni primari si tratta.

Che strana la vita, ho pensato.

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