martedì 25 ottobre 2011

ATTILA re delle crostate.

Quando realizzi che il caos in casa tua riflette quello che hai in testa, è troppo tardi. Hai già DEVASTATO la cucina scegliendo il periodo più sbagliato per preparare una crostata ricotta e cioccolato.Quando faccio delle cazzate, mia nonna e mia madre usano quest'espressione:"Mirà, il cervello non ti accompagna." Ovviamente hanno ragione, e non saprei spiegare meglio il concetto.

Ma torniamo alla crostata.
Hai una cena quella sera, hai promesso di portare il dolce, calcoli che hai tre ore di tregua tra l'uscita dall'ufficio e l'ingresso nel centro estetico dove ti hanno giurato che ritornerai donna e presentabile, adorabile connubio.
Questa serie di sfortunate coincidenze ti induce quindi a pensare che:

1)farai la splendida portando un dolce elaborato e non la solita ciambella;

2)la pasta frolla la farai TU, non oserai comprarla già pronta perchè altrimenti il tuo flaccido ego non riuscirà a gonfiarsi a sufficienza;

3)non importa se dovrai calcolare i tempi al millisecondo rischiando di arrivare tardi al centro di scuoiamento.

Trascuriamo l'uscita precipitosa dal lavoro, la corsa fino al supermercato per l'acquisto degli ingredienti e il quarto d'ora di catatonia davanti a Facebook. Routine.
Finalmente inizi la preparazione del magico dessert.
Prendi il pianale in legno che trovi nella credenza, sposti alla bell'e meglio l'iradiddio che c'è sul tavolo della cucina e unisci zucchero e farina. Forse già a questo punto dovresti capire che il pianale è troppo piccolo: l'embrione d'impasto straborda da ogni parte. E invece NO, chissenefrega, spingi e spingi anche da un coniglio può venir fuori un vitello. E' risaputo.
Prosegui imperterrita unendo i due tuorli d'uovo più un uovo intero a quella massa informe; quando hai le mani irrimediabilmente impiastricciate e collose, un lampo di genio ti informa che prima d'iniziare non hai tolto i tre anelli e il bracciale che indossi sempre. Giri allora la testa da una parte all'altra con aria ebete e incredula, probabilmente alla ricerca di una qualsiasi ancora di salvezza, poi ti rendi conto che l'unica soluzione è sfilarli dalle dita (il picco d'intelligenza l'hai già raggiunto con la decisione di utilizzare il pianale in legno. Tutto il resto è storia). Cominci ad avvertire un certo nervosismo, ma continui comunque a dar da mangiare al pavimento impastando la poltiglia giallastra come un'invasata, fino a ottenere un oggetto vagamente tondeggiante che avvolgi nella pellicola e infili nel frigorifero per la mezz'ora necessaria. Evvai, la pasta frolla è fatta. La preparazione del ripieno si rivela molto più semplice, anche perchè ormai quasi tutto quello che c'è da sporcare è già sporco. Alla fine, però, riesci a fare anche di meglio: dopo aver imburrato e infarinato la tortiera (ovviamente imbiancando abbondantemente il lavello,che da volgare campo di battaglia diventa campagna di Russia), ti adoperi per adagiare la frolla che si ribella prepotentemente rompendosi in più punti. Ok, illuminazione numero tre: questa tortiera è troppo grande. Ci sei arrivata, meglio tardi che mai. Replichi la reazione successiva alla scoperta degli anelli e fai ballonzolare la testa da una parte all'altra rendendoti simile a quei cani orrendi che andavano di moda tempo fa. Quelle porcherie che si mettevano sul cruscotto, insomma. Ti risvegli, riappallottoli la pasta frolla che è più stanca di te di tutti 'sti sbattimenti, recuperi un'altra tortiera sporcando anche TUTTE le ante del mobile della cucina, e a metà strada tra isteria e delirio riesci finalmente a completare l'opera e a infornarla.
Hai perso sette anni di vita (volendo essere ottimisti, eh), ne perderai almeno altri sette grazie alle pulizie che ti tocca fare. Scrosta l'impasto incollato al pavimento, al tavolo, al lavello, ai vestiti, all'anima. Elimina le ditate bianche e unte, spazza lava asciuga RESISTI NON MOLLARE DAI CHE CE LA FAI.

Inutile dire che il momento più rilassante della giornata l'hai passato dall'estetista (il che è tutto dire).

(La stramaledetta crostata è venuta buona, comunque). Diciamo che te lo doveva.

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